Massa e consumismo ai tempi del Paradiso delle Signore

Se pronunciamo la parola paradiso ci viene in mente un giardino rigoglioso, percorso da piccoli fiumi chiari e rallegrato da uccelli canterini su rami fioriti. Oppure ci sovviene un’immagine più personale, uno scenario ideale in cui la nostra personale felicità può realizzarsi completamente. Isole tropicali, tavole imbandite, abbracci di persone care ma lontane. Sono paradisi diversi, ma hanno una cosa in comune: accendono il desiderio perché recano in sé una beatitudine fuori dall’ordinario. 

La parola paradiso deriva dal greco paràdeisos, che a sua volta ha origine dal termine iranico pairidaēza: giardino recintato riservato al re. Prima di entrare a far parte del lessico religioso dunque, il termine indicava un luogo bello e esclusivo, accessibile solo a pochi eletti. Nel 1883 anche Emile Zola scrive di un paradiso profano, ma al posto di un parco inaccessibile ai più pone un complesso di ferro e vetro in cui la beatitudine viene distribuita a tutti sotto forma di abiti e lustrini. Si tratta di un paradiso inedito e degenerato che realizza lo spasmodico desiderio di accumulazione del consumatore moderno.

Mouret e il suo grande magazzino

Au Bonheur des Dames (in italiano Al Paradiso delle Signore) è l’undicesimo libro del ciclo zoliano dei Rougon-Macquart. Siamo nella Francia di fine Ottocento, il consumismo entra a pieno titolo nella mentalità di una società che si sta massificando. In questo fenomeno Zola riscontra uno dei più efficienti mezzi di controllo mai escogitati, e crea Octave Mouret, il burattinaio perfetto. Il grande magazzino che Mouret ha costruito dal nulla è una gigantesca estensione della sua mania di grandezza. Le vetrine, la disposizione dei reparti, le uniformi dei commessi… Tutto è studiato ad arte per attrarre donne parigine di diversa età e classe sociale, e sedurle con l’idea che nell’abbondanza di merci si nasconda la potenziale realizzazione di ogni desiderio. 

Un paradiso per signore, appunto, ma anche un paradiso per Mouret, la cui vita non esce mai dall’orbita del grande bazar. Non lo sente solo come un mezzo per guadagnare, ma come il fine stesso della sua esistenza. Perfino le sue vicende amorose — da quella con la ricca moglie defunta alla liaison con la facoltosa madame Desforges — sono finalizzate a accrescere il prestigio e il perimetro del suo Bonheur. Mouret «ostentava davanti alle donne un’aria estasiata, si mostrava affascinato e seducente lasciandosi trascinare da nuovi amori; e le sue avventure erano come una pubblicità per il negozio, quasi avvolgesse in una sola carezza l’intero sesso femminile per meglio stordirlo e tenerlo in suo potere».

Un paradiso affollato

Una pubblicità particolarmente efficace, dato che ogni giorno una massa di sole donne si accalcano nei reparti del grande magazzino e li razziano. «Lungo le gallerie del pianterreno […] si procedeva a fatica; al reparto guanti bisognava scavalcare una barricata di scatole ammucchiate intorno al banco […]; alle lane Liénard sonnecchiava sopra un mare di stoffe da cui emergevano pile di pezze molto crollate che parevano avanzi di case travolte da un fiume in piena […]. Di sopra i reparti dell’ammezzato avevano subito la stessa devastazione». 

Devastazione, una parola molto lontana dal concetto di paradiso ma che spiega molto bene quello che succede ogni giorno all’interno del Paradiso delle signore. Il paradiso cristiano — come il pairidaēza del re — non potrà mai essere devastato perché non è di libero accesso, accoglie solo anime pure o purificate. Il grande magazzino invece è disposto a accogliere una moltitudine indiscriminata di donne accecate da un malsano desiderio di accumulazione. Ciò, da luogo di beatitudine, lo trasforma in una giungla dove la gente combatte per accaparrarsi borsette e cappotti come se fossero oggetti di prima necessità.  

La febbre del guadagno

Una vera e propria lotta per la sopravvivenza è anche quella tra i commessi del Bonheur. Uomini e donne che, inaspriti dalla prospettiva di laute provvigioni e dalla continua minaccia di licenziamento, non si fanno scrupoli a farsi lo sgambetto a vicenda. Si tratta di una guerra senza quartiere fatta di piccole lotte intestine. Si pensi alla rivalità immotivata tra le commesse del reparto confezioni e le commesse del reparto lingerie, o a quelle che contrappongono il perfido Hautin ai colleghi Robineau e Favier.

«Hautin e Favier sfogliavano i bollettari e calcolavano le loro provvigioni, ancora affannati per la lotta. […]. Avevano gli occhi accesi dalla passione per il guadagno e intorno a loro, in tutto il negozio, i commessi tiravano le somme, assaliti dalla stessa febbre, nella brutale allegria delle sere che seguono una carneficina». Una carneficina che si consuma per un guadagno fine a se stesso, poiché nella maggior parte dei casi viene sperperato nel giro di un fine settimana. 

Denise e il riscatto di Mouret

Non c’è posto per gli angeli al Paradiso delle Signore. L’unica anima pura che per caso finisce tra gli ingranaggi della sua logica feroce rischia di rimanerne stritolata. È l’anima di Denise, candida orfana che viene dalla campagna e che lavora al solo scopo di mantenere i due fratelli. Entra nel grande magazzino in punta di piedi, ma la sua fragilità viene annusata dalle colleghe del reparto confezioni e diventa oggetto delle loro angherie.

I continui soprusi la fanno soffrire, ma la sensibilità si rivelerà la carta vincente che le permetterà di entrare nel cuore del signor Mouret. Grazie al suo cuore buono l’uomo più cinico di Parigi rimetterà in discussione le sue priorità. Sperimenterà un amore finalmente disinteressato e rinuncerà al rapporto vantaggioso con madame Desforges. Tutto perché non potrà più fare a meno di Denise, unico pezzo di autentico paradiso in un monumentale eden fatto di apparenze. 

Fonte foto: pinterest.it

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