La malvagia satira dei francesi ci parla di loro

Gli antichi latini rivendicavano con orgoglio il monopolio della satira (“Satura tota nostra est” affermava Quintiliano per dire che si tratta di un modello stilistico autonomo svincolato da quelli greci), utilizzata per irridere i potenti e alleggerire le dinamiche del potere.

Coerentemente, dopo secoli e secoli, il mitico Pasquino divenne, dal ‘500 in poi, la figura caratteristica di Roma, a cui è dedicata la statuetta nei pressi di Piazza Navona ai cui piedi o al collo venivano appesi durante la notte i “fogli” contenenti satire in versi destinati a beffarsi in forma anonima, per evitare pene a quel tempo severissime, di personaggi pubblici importanti.

A tutt’oggi non mancano artisti dello spettacolo italiano che, con satira spesso ficcante e talora offensiva, ci divertono con irresistibili “pezzi” su fatti di cronaca e su celebrities politiche, le quali hanno poi imparato a tollerare i toni scherzosi di una Luciana Littizzetto (solo per citarne una) per rafforzare la loro visibilità e volgere in termini positivi la critica mascherata dallo scherzo.

Ma nessun personaggio italiano farebbe mai satira su una tragedia collettiva o su una grave difficoltà naturale o economica in cui incorre un’altra nazione; la gente italica porta sempre con sé una fortissima carica di umanità e un patrimonio di vita emotiva che consente di condividere sempre ogni passione, bella o brutta che sia.

Si parla quindi di qualità interiori nobili che evidentemente mancano del tutto a questi francesi, notoriamente asettici per carattere (mai visto neanche uno ridere di gusto), connotati da laicismo spietato (anche se – a onor del vero – qualche volta ci fa pure comodo per difendere diritti peculiari) e fonti di durezza comportamentale in ogni dove.

E’ come se i francesi, di fatto, abbiano una struttura personale che impedisce loro di percepire quella che si chiama semplicemente “compassione”, che rappresenta la forma più elevata di scambio umano di sensazioni interiori.

Quando andiamo in giro per Parigi abbiamo sempre infatti la sensazione di vivere sul set di un film in bianco e nero, non riusciamo a vedere colori neanche quando c’è il sole perché, in realtà, la Francia è spenta come lo sembrano i suoi abitanti; forse a noi italiani piace tanto proprio perché ci dá un senso di sana letargia rispetto alla straordinaria ma faticosa vitalità dei meravigliosi colori italiani, così facendoci riposare testa, cuore e pancia.

Anche sulle rivoluzioni, i francesi, sono però diventati un po’ fiacchi; bruciano, sfasciano tutto e invadono con cortei in continuazione, ma stavolta monsieur Macron sta ancora lì; evidentemente questi francesi non riescono a migliorare neanche nei difetti.

A chi, come noi, ha studiato il francese alle scuole medie, poi (come si usa ancora nelle sezioni A delle scuole pubbliche), è quasi normale andare a trovarli lassù (forse adesso un po’ meno) anche se, a parte le gite parigine, come dice Teresa Mannino “ Ma a cosa serve stò francese? Giusto per vedere il “Tempo delle mele” in lingua originale?”

Fortuna che abbiamo Gigi Proietti ed Enrico Brignano sempre pronti a trasformare questi supponenti vicini del nord in comici buffoncelli e a farci ridere su di loro con qualche gag di alto pregio, sfruttando una lingua che- diciamolo – è completamente passata di moda.

Ma nessun comico italiano ha mai scherzato sulla strage di Charlie Hebdo, che invece ha poi preso in giro dopo un po’ i morti italiani del terremoto del Centro Italia trasformandoli in ripieno di lasagne fatte con i mattoni della case crollate.

Anni fa ci capitó tra le mani un libriccino intitolato “Come sopravvivere ai francesi”, sottotitolo “”Il racconto di un’italiano che ce l’ha fatta” che poi è lo stesso autore Francesco Zardo, ove si celebrava il mito della reciproca invidia tra due popoli “cugini” per essere (forse) reciproci mitizzatori dei vari pregi degli uni verso gli altri e viceversa.

Già, l’invidia.

Forse proprio quella che, secondo Coldiretti, ha voluto colpire il Made in Italy agroalimentare con un falso spot perché abbiamo raggiunto il valore record di 5 miliardi di esportazioni in Francia (che dopo la Germania è il secondo valore di sbocco).

Quel del video francese contro di noi che celebrava la  “pizza al coronavirus” è stato un fatto molto grave per violazione di un principio di lealtà sanitaria verso tutti, visto che a Creil, nell’Oise a 79 chilometri da Parigi c’è una zona rossa più vasta di quella della nostra lombarda Codogno; i francesi, a differenza di noi italiani, pur di salvare la loro economia, se ne stanno zitti col rischio di contagiare tutti coloro che vanno lì senza sapere gli elevati rischi di contagio.

Scuse respinte, quindi.

Piuttosto, cari francesi, imparate  a incartare il pane che arriva a casa con l’odore delle vostre ascelle e a farci trovare i bidet nei bagni, se proprio vogliamo dirla tutta su chi deve dare lezioni sull’igiene preventiva antivirus.

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