Uno degli elementi più importanti che costituisce la storia umana è l’informazione. Ottenere un’informazione, appuntare l’informazione, trasmettere l’informazione agli altri sono atti costitutivi di tutti i meccanismi sociali (non per niente l’inizio della Storia dell’umanità e fatta coincidere con la nascita della scrittura). Nelle battaglie e nelle guerre la gestione delle informazioni è centrale e può fare la differenza a molti livelli: carpire i punti deboli del nemico, diffondere propaganda interna, proteggersi dalla disinformazione ostile, sapere per primi se si sta guadagnando terreno e consenso. Nell’antichità un esercito partiva per la guerra mentre in patria le famiglie e le istituzioni dovevano aspettare settimane, mesi o anni prima di ottenere un responso in merito alle sorti dei soldati e di un’effettiva vittoria o sconfitta i cui i prodromi sarebbero giunti presto.
Nel mondo contemporaneo invece grazie all’internet, alla telefonia mobile, alle telecamere e all’economicità generale di questi beni e servizi, le informazioni si acquisiscono, si annotano e si trasmettono in maniera quasi immediata costituendo tutta una serie di cambiamenti nel modo in cui si gestisce e si analizza un conflitto. L’invasione russa dell’Ucraina ha evidenziato a larga parte dell’opinione pubblica alcuni di questi elementi facendo emergere ulteriori spunti su come il cambiamento tecnologico stia avendo impatto sul nostro contemporaneo e stia mettendo in difficoltà ora l’una, ora l’altra parte.
Visione immediata e la fine dell’effetto sorpresa
Prima del 24 febbraio 2022, servizi segreti inglesi e americani avevano inviato segnalazioni al governo ucraino su una probabile invasione da parte dei russi. A questo livello le informazioni sono riservate; l’uomo medio non vi ha accesso e ne siamo a conoscenza perché vengono fatte trapelare sulla stampa nazionale da informatori terzi. Quando le truppe russe passarono il confine ucraino, invece, il mondo fu subito a conoscenza dell’avvenimento grazie a due elementi: la presenza di telecamere ovunque e la possibilità di usare internet per diffondere le immagini in tempo reale. Questi due fattori non sono scontati, l’immagine è un elemento potente in grado di avere un forte impatto sugli individui: leggere che un treno ha deragliato o vederne le foto fa molta differenza per l’essere umano. Internet, invece, sostiene la comunicazione interna e dall’interno all’esterno. La comunicazione, quindi la condivisione di informazioni, diviene essenziale per organizzarsi a livello sociale. Per questo motivo non abbiamo larga conoscenza o interesse dei molti conflitti che avvengono in questo momento nel mondo: non ci sono immagini che li testimoniano e/o non c’è a disposizione una connessione internet in grado di diffonderle. Per questo colpi di stato e golpe intervengono simultaneamente, arrestando il governo esistente, prendendo il controllo di stampa e televisione, bloccando la connessione internet sul suolo nazionale. Così è accaduto nel 2021 in Myanmar, o nel 2023 in Niger.
I droni
L’acquisizione di immagini al giorno d’oggi è alla portata di quasi tutti in gran parte del mondo, in particolare grazie agli smartphone. Ma in questa guerra è diventato evidente l’uso di uno strumento destinato a cambiare il mondo negli anni a venire: il drone.
All’inizio del conflitto si parlava di droni riferendosi soprattutto ai velivoli usati dagli ucraini; i Bayraktar TB2, fabbricati dai turchi. Questi mezzi erano in grado di colpire con estrema precisione le colonne di carri diretti verso la capitale. Durante l’inverno dell’anno scorso si parlò invece dei droni usati dai russi: gli Shahed 136, di fabbricazione iraniana. Mezzi piccoli, economici, kamikaze, lanciati in grande quantità verso i territori ucraini col fine di danneggiare soprattutto le infrastrutture energetiche così da lasciare la popolazione ucraina al freddo e senza elettricità. Parimenti, questa tecnica è stata in parte copiata dagli ucraini che hanno inviato droni nel territorio russo puntando a hub logistici, punti di stoccaggio munizioni e carburante, o centri di potere. Tutti i mezzi sopracitati fanno riferimento a un uso militare con droni appositamente costruiti per la guerra; ma in realtà a essersi scoperti estremamente utili sono i droni “commerciali”, quelli che chiunque può comprare su internet a un prezzo contenuto. Questi velivoli, facilmente pilotabili e relativamente economici, hanno bisogno solo di elettricità per funzionare, hanno ampia autonomia, e possono fare riprese in tempo reale dall’alto senza essere visti. Il largo uso di droni vedetta da parte di entrambi gli schieramenti hanno messo un freno a qualsiasi effetto sorpresa di un contingente militare. Gli operatori tengono sotto controllo tutta la linea del fronte riuscendo a sapere subito dove il nemico stia avanzando e dove si sta ritirando, comunicando prontamente queste informazioni ai comandi che agiranno di conseguenza.
Sommersi da informazione e disinformazione
In questa concezione, dove chiunque può ricevere costantemente migliaia di foto e video provenienti dal fronte, si assiste a una sovra-informazione in cui si innestano effetti di propaganda e disinformazione. Con immagini e video si possono applicare tecniche di editing banali ma efficaci: inquadrare lo stesso carro-armato distrutto da prospettive diverse si trasforma in “distrutti dieci carri armati nemici”, il video di un edificio qualsiasi che esplode può facilmente essere presentato come una base militare o come una scuola; video di soldati in un campo possono diventare la conquista di chilometri di terreno. La decisione di trasmettere tali disinformazioni è di natura più politica che militare: non incide sulle forze presenti sul campo quanto invece sull’opinione pubblica che valuta la situazione cercando di capire le possibilità di vittoria o di sconfitta. In questo senso pesano sicuramente le simpatie politiche pregresse di ogni individuo e il cherry-piking che si esegue, spesso involontariamente, nel ricercare le notizie che più ci soddisfano. Infatti, in un turbinio di notizie e analisi continue su un fenomeno talmente vasto, complesso e strutturato, è facile andare a raccogliere quelle che avallano il nostro pensiero in merito, al di là di quanto ci sia di vero o falso dietro. Anche per questo davanti a una così grande mole di informazioni in molti preferiscono ignorare qualsiasi resoconto, analisi, documentazione.
Ogni cosa è collegata
Nello studio di eventi storici passati la nostra attenzione è focalizzata sugli eventi decisivi, quasi lineari e ovvi, che hanno caratterizzato certi passaggi (la distruzione di Cartagine, l’incoronazione di Napoleone, lo sbarco in Normandia). A meno che non siate specialisti ciò che manca sono i dettagli. Nel conflitto a cui stiamo assistendo abbiamo a disposizione qualsiasi dettaglio che può aggiungere un tassello alla comprensione totale sulla vicenda e che risponde al modo in cui nel mondo contemporaneo tutto sia collegato e di come il conflitto pesi su ogni posizione. In questo momento possiamo visionare le decisioni prese dal parlamento ucraino in merito alle nuovi leggi, possiamo leggere i quotidiani locali di Vladivostock in merito all’incontro del presidente russo e quello della Corea del Nord, possiamo constatare gli effetti della debolezza russa nell’avere una voce sul conflitto tra Armenia e Azerbaigian, valutiamo il ruolo di India, ascoltiamo i pensieri dei nostri politici e giornalisti di riferimento dai loro canali social, analizziamo la materia delle pallottole prodotte per i fucili VSSM, calcoliamo il valore degli edifici sequestrati agli oligarchi, ci interessiamo al funzionamento del sistema bancario internazionale e alla compravendita di gas, uranio, diamanti, appuntiamo il funzionamento dei sistemi logistici. Se ognuno di questi singoli elementi può incidere direttamente o indirettamente sul conflitto forse lo vogliamo sapere ma, come detto prima, si aggiunge a una sequela di sovra-informazioni che non è possibile gestire in maniera organica e poi trasmettere in maniera efficace e semplice a un grande pubblico.
Sapere tanto o ignorare tutto?
Avere una conoscenza completa è difficile poiché gli elementi da valutare sono tantissimi e articolati nel tempo e nello spazio. L’approccio accademico è quello di focalizzare la propria attenzione su elementi quanto più circoscritti e analizzare solo quelli e il loro intorno. L’approccio giornalistico è dare le notizie al quotidiano, senza necessariamente riportare retrospettive o analisi tecniche degli eventi, dando più adito a modelli emotivi vicini a simpatia e antipatia. Un approccio macro cerca di delineare la situazione in una continuità storico temporale, cercando a volte di prevedere il futuro. Mantenere una visione equilibrata sul conflitto deve essere la norma, soppesando le notizie e cercando di inserirle nel contesto a cui rispondono evitando ciò che sembra semplicemente assurdo o esagerato proposto da voci propagandistiche. Esistono diversi enti e siti che si occupano di debunking per arginare le comunicazioni palesemente schierate e non oneste intellettualmente, queste non contribuiscono a dare una giusta conoscenza delle vicende ma solo ad aggiungere fumo e torbido per coloro che hanno già una propria idea in merito e non intendono metterla in dubbio per evolverla. Ognuno di noi dovrebbe porsi questo problema, valido per varie questioni che affrontiamo nella vita di ogni giorno, sociali o personali: voglio sapere tanto o ignorare tutto?
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