Propaganda. Termine, storia e usi recenti

propaganda

Termine e significato

Propaganda significa comunicare un’informazione. Più nello specifico, significa comunicare un’informazione che deve influenzare il fruitore. Andando ad analizzare quest’ultimo aspetto, si comprende che l’influenza è tale perché l’informazione espressa va a colpire la parte emotiva della persona a cui è rivolta. Infatti la propaganda non fa riferimento necessariamente a una nozione razionale, logica, inquadrata in un contesto o in un’argomentazione, piuttosto a un messaggio breve, semplice che possa appunto propagandarsi facilmente fra più individui. Il fine è quindi quello di influenzare quante più persone possibili inducendole a compiere azioni di vario tipo. È quest’ultimo caso che rende una specifica comunicazione una forma di propaganda. Da una parte vi sono uno o più comunicatori che pianificano, organizzano e diffondono una narrazione per i loro personali scopi e dall’altra vi è una persona, un gruppo, o un’intera società che rispondono e reagiscono a quei messaggi.

Nella storia

La propaganda è strettamente legata alla politica fin dall’antichità. I governanti dovevano dare ai governati messaggi semplici ed essenziali che potessero spingerli a sostenerli. Famosi sono i cartelli elettorali di epoca romana a Pompei che sono giunti fino a noi per l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.: “Vota Giulio Pobilio perché dà il pane buono”. In questa frase abbiamo individuato il bisogno emotivo della gente (il pane buono) e il suo ottenimento in cambio del supporto politico (vota Giulio Pobilio).

Ma non è una comunicazione solo spinta verso la società che veniva governata, in quanto la propaganda veniva utilizzata anche in opposizione a nemici interni, per demonizzare quelli esterni o per lasciare una propria versione rispetto a errori compiuti dal governante. Nel 1274 a.C., in Siria, si tenne la battaglia di Quadeš fra egizi e ittiti: in diverse le fonti a nostra disposizione entrambi gli schieramenti si indicano come vittoriosi, tuttavia analisi storiche approfondite suggeriscono che la battaglia fu vinta dagli ittiti e che quindi il faraone Ramses II potrebbe aver diffuso una propria versione col fine di mantenere forte la propria immagine in patria.

È soprattutto nel XX secolo che la propaganda assume caratteri totalizzanti nella comunicazione politica e pubblica. In questo secolo si accentuano al massimo le tendenze sorte già nel 1800: la nascita e la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa (cinema, giornali e radio), un acceso nazionalismo, l’individuazione e demonizzazione di un nemico esterno, la chiamata alle armi per la prima e per la seconda guerra mondiale. La propaganda in questi contesti doveva tenere alto il morale dell’opinione pubblica, sollecitare la società a essere unità attorno al governo e contro il nemico, esercitare ostilità verso qualsiasi cosa fosse “l’altro”, enfatizzare ogni vittoria e ogni sconfitta dell’avversario. Il tutto sempre mantenendo un messaggio scarno e diretto: slogan di poche parole, magari rafforzate da un immagine d’impatto e che colpiscono l’immaginazione e la percezione ancora prima della ragione e dell’analisi.

Russia, Ucraina

Alcuni analisti recitano come un mantra una frase attribuita a Eschilo che dice “In guerra la verità è la prima vittima”. Essi sottolineano come i vari uffici comunicativi dei paesi coinvolti lavorano per far passare solo la narrazione che gioca a loro vantaggio e che non è necessariamente vera. Tuttavia l’informazione del mondo contemporaneo non si avvale solo delle comunicazione perpetuate dalle segreterie dei governi politici e quindi grazie a reti di giornalisti e analisti indipendenti è effettivamente possibile approfondire le notizie che arrivano ogni giorno ai fruitori internazionali, molte volte riuscendone a decretare la veridicità o no. Ciò per indicare come la propaganda mandi continuamente dei messaggi i quali però non sono scevri da qualsiasi controllo esterno. Uno slogan semplice e diretto può essere forte (soprattutto perché inficia l’emotività) ma non è incontestabile, a meno che il fruitore ultimo non sia già totalmente convinto della veridicità dell’informazione in quanto egli si fida totalmente della fonte di provenienza. In questa circostanza la propaganda ha svolto due azioni: la prima è stata quella di coinvolgere emotivamente il fruitore, la seconda è stata quella di continuare a caricarlo di informazioni che supportano la propria visione del mondo. Ciò è piuttosto evidente nella guerra a cui stiamo assistendo: alcune posizioni individuali si sono chiuse attorno ad argomenti a favore di una o dell’altra parte le quali non vengono mai messe in dubbio. In sintesi, non ci si domanda mai dove inizi il messaggio semplice (e spesso non verificato) e dove inizi l’analisi razionale di un contesto molto complesso a cui una risposta semplice non può dare soluzioni.

La guerra ha dimostrato anche come la propaganda si debba muovere su più fronti: cosa trasmettere dentro i propri confini, cosa far arrivare fuori e cosa non deve traspirare (né all’interno, né all’esterno). Come già detto, il controllo che un ente può avere sulle informazioni però non riesce a essere totale poiché vi sono diversi organi (interni, esterni, indipendenti, di spionaggio, corrotti) che aiutano ad aggiungere elementi a una narrazione affinché essa perda di efficacia o non possa più essere riassunta in poche parole che abbiano un effettivo peso sull’opinione pubblica.

Italia ed elezioni

La regola comunicativa è semplice: massimizzare i meriti passati, far leva sui valori comuni del proprio elettorato, demonizzare il nemico, proporre grandi promesse per un prospero futuro. Partendo da questi principi la propaganda è, come sempre, inviare un messaggio semplice e diretto che tocchi l’emotività più che la razionalità. Come accennato in precedenza, non è necessario sviluppare un’argomentazione, infatti non si deve nemmeno costituire un dibattito, è quindi possibile costruirsi una credibilità con slogan e monologhi brevi che semplificano e offrono soluzioni semplici a problemi complessi. La propaganda si pone come un sillogismo lineare del “per ottenere B bisogna fare A”, senza disporre analisi di costi, tempi, mezzi, risorse. La formula più facile è identificare il bisogno del gruppo di riferimento e promettergli di rispondere a quel bisogno. Si noti come in campagna elettorale la propaganda si stringa con la promessa: la soluzione facile proposta alla gente verrà esaudita in futuro. Sarà poi parte della comunicazione politica il far percepire: “stiamo lavorando per mantenere le promesse fatte”.

Proprio come ai tempi degli antichi romani la campagna elettorale del nostro tempo prosegue con frasi corte, soluzioni semplici, leva sui valori comuni, evitando spesso dibattiti, o approfondimenti capaci di costituire una particolarizzazione dei partiti e una particolarizzazione della proposta politica: generalizzando la comunicazione i partiti cercano di intercettare quanti più elettori possibili.

In poche parole, è facile votare Giulio Polibio quando offre il “pane buono alla gente” colpendo direttamente la pancia del popolo ma senza dire come troverà la farina e le uova, quanto costerà, se sarà di qualità, se per alimentare i forni bisognerà togliere la legna ai vasai e così via.

Media e mezzi

Se la propaganda è tanto efficace e centrale nella vita pubblica contemporanea è dovuto soprattutto all’evoluzione dei mezzi di informazione e alla democrazia come sistema politico. Anticamente o in alcuni contesti, infatti, un regnante non doveva necessariamente mandare messaggi ai propri sottoposti, non doveva esortarli a sostenerlo. Ciò è invece centrale in una vita politica pubblica che coinvolga un cospicuo numero di cittadini. Convincerli a dare il loro supporto è quindi necessario per arrivare a posizioni di potere. I media, dalla stampa, ai giornali, alla radio e quindi la tv, sono i mezzi con la quale un messaggio si può diffondere in una larga parte della popolazione in meno tempo possibile. Infine i Social Media si sono rivelati i mezzi perfetti per qualsiasi propaganda: testi di poche righe, la possibilità di includere immagini e video di alto impatto emotivo, la comunicazione diretta fra il politico/influencer e il fruitore ultimo senza nessun tipo di mediazione secondaria. Inoltre con i Social Media si ha un feedback immediato da parte dell’utente il ché sottolinea l’evidenza di una comunicazione efficace: messaggio, risposta, ma senza un dialogo, ciò spinge il messaggio e non la risposta la quale, col suo solo esistere, ha dimostrato l’intenzione all’agire contro o a favore di una data comunicazione.

Marketing 2.0

Il marketing del nostro tempo prende (e da) lezioni dalla propaganda. Il marketing è quella comunicazione che spinge una persona ad agire comprando un bene o un servizio. Le regole sono le stesse della propaganda: puntare alla pancia e non alla testa delle persone, convincere che la scelta sia la migliore e le altre le peggiori, quindi spronare all’agire. La differenza è che il supporto non è dato a un’entità pubblica col fine di amministrare bensì a un’entità privata con un fine commerciale.

Un esempio di propaganda

I videogiochi incitano alla violenza

Questa frase è propaganda: messaggio semplice e diretto, individua un problema e il colpevole, tocca l’emotività, la soluzione offerta non è esplicita ma chiara: vietarli.

Si noti che non c’è necessariamente un intento partitico però c’è comunque una chiamata all’agire sociale. Partiamo analizzando l’uso delle parole:
1. i videogiochi. Quindi non tutti i giochi, non i video, non i giocattoli (neanche quelli a forma di pistola o i soldatini);
2. incitano. Termine che solitamente viene usato allegato in contesti passionali: i tifosi incitano la squadra, il leader incita la folla, il personal trainer incita a spingere più forte;
3. alla violenza. Si noti: non la violenza ma alla, il che presuppone che chiunque videogiocatore sia suscettibile a diventare violento. Inoltre il termine “violenza” si connette con le nostre esperienze pregresse (vissute, o viste in un film, o lette in un libro) che questa parola lega a sé: dei bulli a scuola che maltrattano qualcuno, un gangster aggressivo visto in un film, dei pirati che rapinano un vascello letto in un libro, ecc…

Come abbiamo visto alcuni individui si posizioneranno senza nessun dubbio a favore o contro tale posizione. Ma basta davvero andare solo un poco più a fondo per mettere in difficoltà la narrazione propagandata: tutti i videogiochi? Uno strategico militare, uno spara-tutto in prima persona, un gestionale calcistico e uno di simulazione di pesca, tutti loro esortano il fruitore a essere violento? Ovviamente è difficile da ritenere. Infatti, gran parte del peso emotivo è favorito da un’altra componente: l’ignoranza. In alcuni casi gli individui credono a un messaggio perché non conoscono per niente il quadro generale di riferimento e si baseranno solo sulle loro esperienze pregresse influenzate magari dagli estremi delle notizie. Un videogiocatore spesso è un esperto del campo video ludico e una frase come quella citata gli sembrerà ridicola, mentre un individuo esterno che raramente si interfacci con dispositivi di intrattenimento potrebbe essere attratto dal messaggio: problema e sua causa, la violenza è colpa dei videogiochi. Questa forma di propaganda potrebbe essere però dannosa per la società. Perché, nel caso proposto, non approfondendo un tema la soluzione potrebbe non essere tanto ovvia (vietare i videogiochi per porre fine alla violenza) e si esclude dallo scenario qualsiasi altro sintomo che segnali la serietà della questione (la violenza è causata dall’ambiente, dalla psiche, dagli strumenti, dalla motivazione, ecc…).

Interessante notare che tale frase potrebbe anche essere vera ma non abbiamo elementi definitivi per saperlo a livello scientifico. Provare statisticamente che tutte le persone violente hanno giocato durante la loro vita a videogiochi non è un causa-effetto perché nel contempo bisognerebbe dimostrare come mai tutte le altre persone che giocano non lo siano. Avere un quadro psicologico di un individuo violento e connetterne una parte alla fruizione di giochi di guerra va bene, ma senza escludere tutto il suo vissuto emotivo segnato dalla famiglia in cui è cresciuto, da coloro che ha conosciuto durante l’adolescenza, dal credo religioso e politico, dalle aspirazioni personali, e così via.

Con un approfondimento si può disinnescare qualsiasi forma di propaganda: questo cibo vi fa dimagrire, gli immigrati rubano il lavoro, il film horror che ha terrorizzato l’America, Giulio Pobilio dà il pane buono.

Foto di GraphicMama-team da Pixabay

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