Il paradosso seicentesco delle orfane

Sin dall’antichità, ma ancor più nel XVII e XVIII secolo, l’istruzione musicale delle donne appartenenti ai ceti sociali più alti è un dato di fatto consolidato, che però non sfocia mai in una vera e propria carriera artistica. Infatti una giovane di buona famiglia intrattiene “il salotto domestico”, suonando il cembalo o il liuto, ma senza sfoggiare il suo virtuosismo o la sua creatività in pubblico. Tuttavia, in quest’epoca, anche un’altra categoria di donne ha accesso all’educazione musicale: le orfane; esse non dovendo sottostare all’onore familiare, riescono ad accedere agli ambiti professionali, impensabili per le eredi delle nobili casate.

L’Ospedale della Pietà

Gli istituti di accoglienza delle trovatelle sono numerosi, soprattutto a Napoli e a Venezia. Quattro sono gli ospedali-conservatori attivi a Venezia: l’Ospedale della Pietà, l’Ospedale di San Lazzaro dei Mendicanti, l’Ospedale degli Incurabili e l’Ospedaletto. Fra questi il più prestigioso è sicuramente il primo, fondato nel 1346, situato di fronte l’Isola di San Giorgio Maggiore e nel 1738 ospita un migliaio di ragazze. In dialetto veneziano esse sono chiamate “putte”, indossano una veste rossa come uniforme e vivono segregate, senza nessun contatto esterno all’infuori dei loro insegnanti. Di conseguenza, quando cantano durante le funzioni religiose, dalle quattro del pomeriggio fino alle sei, sono collocate nel matroneo, nascoste da fitte grate, e i fedeli hanno il piacere di sentire la loro voce angelica e la musica celestiale dei loro strumenti, senza poterle mai vedere.
Le ospealere, altro appellativo delle fanciulle, sono infatti raffinatissime cantanti e ricercate concertiste, attive anche nella sfera compositiva. Esse si esibiscono, quasi sempre, con una formazione di diciotto cantanti, dieci musiciste d’arco, due organiste e due soliste, fatta eccezione per le occasioni più solenni, in cui l’organico viene ampliato.

Dal 1703 il grande Antonio Vivaldi, soprannominato il “prete rosso”, insegna all’Ospedale della Pietà per diciassette anni, scrivendo proprio per queste musiciste molte delle sue opere. Grazie alle sue meticolose annotazioni sulle partiture a ciascuna destinate, oggi conosciamo i loro nomi, non seguiti dai cognomi ma dallo strumento suonato da ognuna. La prima composizione che Vivaldi crea per l’Ospedale è la Sonata RV779 per oboe, violino, organo e basso continuo scritta tra il 1704 e il 1709; successivamente nel 1711 prende vita L’estro armonico, una raccolta di dodici concerti, e nel 1716 il grandioso oratorio Juditha triumphans.
La risonanza di questo fenomeno femminile si propaga in tutta Europa, attirando a Venezia eminenti personalità del momento, come lo scrittore tedesco Johann Wolfgang von Goethe e il filosofo francese Jean-Jacques Rousseau. Si racconta che quest’ultimo, dopo aver constatato l’estrema bravura delle esecutrici, chiede di poterne conoscere di persona alcune, ma rimane molto sorpreso dal loro aspetto fisico: Caterina è guercia, Bettina, sfigurata dal vaiolo e via dicendo, nessuna è priva di qualche grave imperfezione; eppure la loro grazia trionfa, oscurando i loro difetti.

La musica: una passione per la vita

Forse proprio la grande maestria la ragione per cui, quasi tutte le virtuose, una volta raggiunta la maggiore età, abbracciano la vita monastica, rimanendo nell’istituto e rinunciando al matrimonio.
Lampante esempio è la migliore allieva di Vivaldi, la più nota tra le figlie della Pietà, conosciuta come Anna Maria del Violin, definita “primo violino d’Italia”. Nata intorno al 1695, Vivaldi a lei dedica venticinque concerti, tecnicamente molto complessi, a venticinque anni riceve un violino del celebre liutaio Matteo Sellas, a riprova del suo alto professionismo, e ricopre il ruolo massimo di maestro di coro. La sua lunga vita, trascorsa interamente all’interno dell’Ospedale, termina a novantasei anni, omaggiata da riconoscimenti internazionali e soprattutto dal suo maestro, che evidenzia, in lettere maiuscole, le iniziali del suo nome nei concerti per viola “d’AMore” per lei composti.

Foto di Ri Butov da Pixabay

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