«Quando lo Nostro Signore Gesù Cristo parlava umanamente con noi, infra l’altre sue parole, ne disse che dell’abondanza del cuore parla la sua lingua». Inizia così quella raccolta di novelle anonima, composta nell’ultimo ventennio del XIII secolo e pubblicata nel Cinquecento nota come Novellino: con una lode sull’importanza della parola come mezzo per esprimere la ricchezza del cuore. L’autore (o gli autori) della raccolta ricorrono addirittura all’autorità di Cristo e dei Vangeli per sottolinearne il valore. Il riferimento a un passo del Vangelo di Luca è immediato: «L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla della pienezza del cuore».
Il pubblico del Novellino
Il riferimento all’ «abondanza del cuore» non può non ricordare la nobiltà d’animo che caratterizza la poetica stilnovista. In fondo, le coordinate spazio-temporali del Novellino sono le stesse dello Stil Novo. Anche la raccolta è stata scritta a Firenze alla fine del Duecento. Inoltre il pubblico a cui si rivolge è sempre quello degli strati colti della società comunale, dove si collocano i «cuori gentili e nobili». Ma se gli stilnovisti si rivolgono alla cerchia ristretta dei “fedeli d’amore”, il Novellino si rivolge a un pubblico più ampio con lo scopo dichiarato di dilettarlo: «ralegrare il corpo e sovenire e sostentare […] con più onestade e cortesia che si puote».
Un secondo scopo emerge indirettamente nel testo introduttivo quando l’autore afferma: «E acciò che li nobili e gentili sono nel parlare e ne l’opere quasi com’uno specchio appo i minori, acciò che il loro parlare è più gradito, però ch’esce di più delicato stromento, facciamo qui memoria d’alquanti fiori di parlare, di belle cortesie e di belli risposi e di belle valentie, di belli donari e di belli amori, secondo che lo tempo passato hanno fatto già molti». Praticamente si sta dicendo che coloro che hanno la cultura e la sensibilità necessarie per assimilare i valori cortesi (e dunque feudali) proposti dal Novellino non devono limitarsi a essere lettori, ma devono anche fare da mediatori. Attraverso l’esempio, questi “lettori di primo grado” devono trasmettere i modelli di comportamento feudali — prima esclusivo appannaggio dei nobili — a tutti gli strati della borghesia comunale.
Fonti varie elaborate in modo originale
Come scrive Siro Amedeo Chimenez alla voce “Novellino” dell’Enciclopedia Treccani, per questo duplice intento ricreativo e didattico «l’autore coglie i suoi “fiori” [esempi scelti] dalle più svariate opere che si leggessero ai suoi tempi, e dalle redazioni correnti piuttosto che dagli originali (dalla Bibbia ai favolelli, da S. Gregorio a Petronio Arbitro, da Valerio Massimo alle vite dei Ss. Padri o dei trovatori provenzali, ai romanzi di cavalleria, alla Disciplina clericalis, ecc.)». Prosegue poi dicendo che oltre alle numerose fonti scritte ci sono anche moti, miti e leggende popolari della tradizione orale tutti i tempi e luoghi. Si pensi alla novella costruita sul mito classico di Narciso o ai racconti che narrano la figura di Saladino.
Tutto questo materiale viene rielaborato e uniformato dallo stile originale dell’autore, contraddistinto da toni piuttosto elevati. L’eleganza dello stile è atta a contrassegnare un’operazione letteraria ambiziosa: si tratta infatti della prima codificazione dei temi novellistici della letteratura italiana. Ciò fa del Novellino il capostipite di un genere letterario che avrà grande fortuna in tutta Europa, e che in Italia raggiungerà l’apice con una raccolta cardine della nostra tradizione letteraria: il Decameron di Giovanni Boccaccio.
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