“Gioventù bruciata” come aiutare i ragazzi difficili 

gioventù bruciata

Quello della “Gioventù bruciata” è un tema sempre attuale. I giovani credono di avere il mondo in pugno, ma spesso le loro certezze si frantumano, spingendoli in un baratro di sofferenza che coinvolge anche le famiglie e, di riflesso la società. Possiamo aiutarli attraverso la meditazione? 

Gioventù bruciata: un modello ciclico

Nel 1955 Nicholas Ray girava il film cult “Gioventù bruciata” interpretato da James Dean e Natalie Wood. 

Il racconto rappresentava impeccabilmente le ossessioni di un’intera generazione, la ribellione, la voglia di riscatto data dalla naturale indole sognatrice dei giovani, ma anche lo scontro con l’amara realtà. 

Tutte dinamiche che si ritrovano in ogni epoca e in ogni luogo. 

Senza un adeguato supporto sociale e familiare, la ribellione, che in fondo è un “atto d’amore”, un “fuoco sacro”, può produrre risultati catastrofici. 

Aiutare i ragazzi a canalizzare le loro energie in maniera costruttiva non è semplice. La meditazione, la psicologia, lo sport o altre discipline possono essere utili? Carlo Lesma, coach di meditazione e formatore ci fornisce la sua chiave di lettura.

Di chi è la colpa? 

La prima domanda che ci viene in mente quando i nostri figli inciampano è “di chi è la colpa?”. Il cinema, le serie tv, la musica, propongono sempre più spesso modelli di riferimento “rovesciati”, in cui il malavitoso è assunto al rango dell’eroe e chi opera onestamente è l’eterno “sfigato”. Facile cadere nella tentazione del soldo facile, del successo, nella trappola di un’Ego scisso dall’Uno, che punta solo a valori esterni, superficiali. 

Dare la colpa agli altri è sicuramente una cosa che ci viene facile ma non porta da nessuna parte, a meno che non riteniamo i giovani delle “teste omologate”. In questo caso anche la loro presunta ribellione si adatterebbe a un sistema incardinato in un binario ben preciso, rivolto al male e al “tutto e subito”.

Effettivamente, per come sono presentati, i modelli di riferimento giovanili (fonte di business per l’industria cinematografica, televisiva e musicale) potrebbero influenzare negativamente una personalità che si sta formando. Che fare? 

«Meglio indirizzare i ragazzi verso modelli di successo collegati all’altruismo, alla realizzazione che arriva dopo una sana lotta. Basti pensare alle biografie di Steve Jobs, Elon Musk, Armani, che hanno creato degli imperi partendo dal nulla, che hanno fatto della loro vita un capolavoro. Dobbiamo insegnare ai giovani che non è il più forte a vincere ma chi si adatta, chi sa “essere acqua” come diceva Bruce Lee, cioè chi sa essere flessibile al sistema, senza per questo perdere di vista i propri obiettivi. Chi non rinuncia alla lotta ma la indirizza verso il bene collettivo»– spiega Carlo Lesma.

Ovviamente “fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”.

I giovani che vivono in certi contesti familiari e suburbani, in cui l’alternativa è “il tutto o il niente”, un  riscatto immediato attraverso l’illecito o scenari di permanente miseria totale, difficilmente faranno una scelta orientata a un bene di cui non si intravede l’ombra.

Anche la percezione di essere abbandonati dalle Istituzioni è forte.

Come far capire loro che esistono altre possibilità al di là del loro quartiere?

«Anche in questo caso, la risposta precedente può essere utile» prosegue Carlo Lesma. 

“Gioventù bruciata”: Il ruolo della famiglia

A livello concreto, cosa può fare una famiglia per aiutare la sua “gioventù bruciata”?

Il nostro coach afferma «la famiglia può trasmettere tutti i valori di bene possibili e immaginabili, ma non può impedire ai giovani di fare le loro esperienze. A volte i ragazzi devono sbattere il muso contro il muro per comprendere che la loro vita si trova di fronte a un bivio.

Gettare il seme è comunque una prassi utile. Così come è utile mantenere una stato fermo ma docile ed equilibrato, distaccato ma al contempo presente. Trasmettere amore, dare consigli, ma lasciare che siano loro a prendere le bastonate. Sacrificarsi, darsi, offrisi, senza far pesare niente e in certi casi, farsi da parte e attendere con fede gli eventi.

Essere persino resilienti, anche se non è facile mantenere l’equanimità in certe situazioni. Occorre tuttavia ricordare che le cose accadono per un fine non per uno scopo. Che il risveglio talora avviene attraverso il dolore, dopo un viaggio nel mondo sommerso, nel buio, nella disperazione. Molte biografie dei Santi ci mostrano il miracolo di un cambiamento radicale avvenuto proprio dopo una vita spesa all’insegna del male. Un esempio su tutti la vita di San Francesco».

La meditazione può aiutare la nostra “Gioventù bruciata”?

«Sì e no» sostiene Carlo Lesma. «Non si può forzare una persona a fare meditazione. Bisognerebbe adottare questa tecnica fin dalla prima infanzia quale metodo “educativo”, un po’ come avviene in Oriente, dove è una prassi diffusa. In questo caso metabolizzi inconsciamente certi processi mentali. Parlare di meditazione a una “gioventù bruciata” che non ha un adeguato background è insensato. 

Un coach di meditazione può semmai partire alla larga, parlando innanzitutto un linguaggio che sia comprensibile al giovane “problematico”. Farsi acqua come dicevamo prima, comunicare sintonizzandosi alla sua frequenza e poi indirizzarlo verso scelte sagge. Far capire che la vita non è un film».

Tu cosa faresti se fossi genitore?

«Inizierei con un bel “reset”. Consiglierei loro di lavorare sul “digiuno tecnologico”.

Tenere lontani i giovani dai social, dalla tv, seppure per breve tempo, può deprogrammare i loro pensieri. 

Anche l’idea di un viaggio in un Paese distante, all’insegna della spiritualità o dell’avventura, può accendere la miccia del cambiamento. Far vedere insomma che ci sono modelli differenti di pensiero, strategie alternative di successo, non fondate solo sul possesso.

Anche perché, ciò che possediamo finisce spesso per possederci.

Bisogna tenere presente che l’abbondanza (che ci spetta per diritto di nascita), non coincide con il superfluo, ma è in primo luogo “darsi”, offrirsi, lasciar fluire qualcosa di transitorio a benefico di tutti.

Una volta che si riesce ad accendere la miccia della consapevolezza, si può poi lavorare sugli obiettivi a medio e lungo termine. Si può mettere la “gioventù bruciata” davanti al bivio della scelta, ponendo qualche semplice domanda “come ti vedi da qui a dieci anni? Pensi di essere il padrone del mondo a costo di non dormire la notte oppure pensi sia più giusto operare in maniera diversa?” “Quali sono i tuoi valori?» chiosa il coach.

Conclusioni 

Non è sicuramente facile essere figli e nemmeno essere genitori ai nostri giorni. 

Non è facile nemmeno dipanare la matassa di una situazione problematica, né effettuare la scelta giusta. Di certo, qualsiasi dramma ci accade dovremmo evitare di cadere nella trappola del vittimismo. Questa è l’unica cosa che ci rende perennemente perdenti.

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