Curve chiuse e comportamenti discriminatori

sudvuotaAleggia un fantasma sulle squadre di calcio: la chiusura delle curve per una norma, che ha inserito tra i comportamenti antisportivi, che penalizzano sia i soggetti che le società di calcio  la “responsabilità per comportamenti discriminatori”.  

Oggi è stata colpita la Roma, poco tempo fa la Juventus, l’Inter e altre società di calcio sono “diffidate.

Una norma inserita nell’art 11 del Nuovo Codice di Giustizia  Sportiva che cita:  “Costituisce comportamento discriminatorio, sanzionabile quale illecito disciplinare, ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporti offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine territoriale o etnica, ovvero configuri propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori. “

Letto cosi sembra una cosa estremamente interessante, giusta e educativa perché sanziona un eventuale comportamento contrario alle leggi dello sport.

Il problema si pone se un tale comportamento sia messo in atto non da un tesserato, ma da soggetti che come spettatori assistono all’evento. E si perché le società diventano immediatamente responsabili del comportamento di terzi, i tifosi, senza che in molti casi possano intervenire direttamente.

Fino a quando si parla di atteggiamento razzista nei confronti di un giocatore, oppure dell’esposizione di simbologie che possano configurare un reato anche di tipo penale: es. esposizione di svastiche, inneggiamenti a cupi periodi storici, (la fantasia di certi soggetti è molto bassa) o insulti manifestamente razzisti si è assolutamente  d’accordo.

Resta da capire cosa si debba intendere per comportamento discriminatorio.

Secondo il vocabolario della lingua italiana alla parola discriminare si legge: “Distinguere una cosa o una persona da un’altra; emarginare penalizzare”.

Quindi il termine nella sua accezione, un comportamento teso all’emarginazione o una penalizzazione di qualcuno o di qualcosa.

Un atteggiamento discriminatorio, significa sostanzialmente avere un atteggiamento continuato nel tempo, teso a far si che un soggetto sia considerato diverso dagli altri, che non possa vere le stesse opportunità che hanno altri es. lavorative, abitative ecc.

Un esempio classico,  è quello della discriminazione in base al sesso, dove certe professioni, anche il solo poter andare a scuola, è vietato alle donne, oppure non dare le stesse opportunità lavorative a gruppi che hanno culture e lingue religioni differenti, minoritarie, rispetto alla maggioranza delle popolazione.

Deduciamo quindi che un atteggiamento discriminatorio si possa configurare solo in questa maniera ma soprattutto perdurare nel tempo.

Ma questo può avvenire all’interno di uno stadio per la durata al massimo di tre ore?

Un coro per quanto volgare, stupido e insulso può rappresentarsi come una discriminazione territoriale?

Obiettivamente ci sembra proprio di no.

Dire “roma ladrona” è una discriminazione territoriale? “avete solo la nebbia” o “puzzate di pesce”, “meglio un morto in casa che un …..alla porta” si configurano come discriminazione territoriale?.

O sono semplicemente insulti, che lasciano il tempo che trovano, a cui poi si può rispondere per le rime? Con altri anch’essi considerati discriminatori?

Ma poi su quali basi si valuta se un atteggiamento è più discriminante di un altro, e quindi sanzionabile? .

Un ultimo punto. Se un gruppo inneggia o ha atteggiamenti territorialmente discriminatori, cosa c’entrano gli altri che in quel giorno non c’erano? Oppure erano presenti ma non “discriminavano”?.

Come si può vietare l’accesso ad una manifestazione pubblica ad assistere ad uno spettacolo, solo perché qualcuno, non identificato, ha avuto un comportamento “territorialmente discriminante” di cui non è chiaro neanche il significato?

Nelle more di qualche disquisizione giuridica si troveranno sicuramente le motivazioni ma a noi, gente comune, ci sembra veramente una cosa senza senso.

di Gianfranco Marullo 

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