Cristiani in Medio Oriente, una religione perseguitata

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Cristiani perseguitati. Un tiratore scelto delle Forze di difesa israeliane ha ucciso domenica a sangue freddo due donne cristiane inermi a Gaza. Le due donne sono state uccise mentre si dirigevano verso i gabinetti del convento delle suore. Una mentre cercava di portare l’altra in salvo. Non era stato dato nessun avvertimento, nessuna notifica.

Il fatto è accaduto nelle adiacenze della parrocchia della Sacra Famiglia. Nella chiesa sono tuttora rifugiate dall’inizio della guerra la maggior parte delle famiglie cristiane. Il fatto era noto sin dall’inizio delle operazioni. Ma, a quanto pare, nessun miliziano di Hamas vi si nascondeva né vi aveva collocato depositi di armi. Secondo il comunicato stampa del patriarcato latino di Gerusalemme gli israeliani dell’IDF hanno sparato indiscriminatamente anche all’interno della chiesa. Altre sette persone sono state colpite e ferite mentre cercavano di proteggere gli altri. Già in precedenza i bombardamenti aerei sull’edificio avevano causato 26 morti.

Il tentativo di entrambe le religioni di allontanare i cristiani dai luoghi santi è evidente

L’attacco delle Forze israeliane è coerente con i comportamenti persecutori dei gruppi militanti ortodossi di ambo le parti in Israele e in Palestina. I leader della Chiesa parlano di un tentativo sistematico di allontanare la comunità cristiana da Gerusalemme e da altre aree della Terra Santa. Tra questi il Patriarca di Gerusalemme dei latini, Cardinale Pierbattista Pizzaballa. In Israele ci sono circa 130.000 cristiani arabi autoctoni, mentre in Palestina sono inferiori a 50.000 unità. Mentre il numero di cristiani in Israele è percentualmente stabile, in Palestina il declino è lento ma continuo.

Ciò che accade in Terra Santa non è un fatto isolato. In tutto il Medio Oriente i cristiani sono costretti alla fuga per evitare violenze e uccisioni. Sono gli eredi delle prime comunità cristiane della storia. Sopravvissuti a duemila anni di alterne vicende, oggi stanno subendo un’ondata di persecuzioni tale da mettere in rischio la loro stessa esistenza. Proprio in coincidenza degli interventi bellici nell’area da parte delle nazioni democratiche occidentali.

In Siria i Cristiani si sono ridotti a un terzo dopo la guerra civile

Questo peggioramento è particolarmente marcato in Siria. Nel giro di un decennio, il numero di cristiani è crollato da 1,5 milioni ai circa 500.000 attuali. Pur nell’apparente stabilizzazione della situazione, esistono ancora gruppi Daesh che controllano illegalmente parte del Paese. Attaccano le forze di sicurezza internazionali e terrorizzano i villaggi isolati nel deserto. In particolare quelli abitati da cristiani.

In Siria i cristiani non erano minacciati o discriminanti fino a prima della guerra civile. Il governo siriano di Assad aveva sempre visto in modo positivo la loro presenza. Ma già dall’inizio della guerra, i pastori delle Chiese avevano avvertito che la “primavera araba” si sarebbe trasformata in disastro. L’islamismo radicale, in parte alimentato dall’ISIS ma in parte facente parte della cosiddetta “opposizione democratica”, ha preso di mira i cristiani.

Stesso film già visto in Iraq

Lo scenario siriano è un film già visto in Iraq. Nel 2003 c’erano oltre 1.300.000 cristiani; oggi ne sono rimasti meno di 300.000. Il teatro è anche qui quello di una crisi innescata dall’Occidente che poi ha prodotto l’apparizione di Daesh. Le case dei cristiani sono state sistematicamente distrutte. Chiese e cimiteri profanati. Immagini e libri sacri ridotti in cenere.

La Piana di Ninive si svuotò della presenza cristiana in una sola notte. Per i 150.000 cristiani che vi abitavano l’unica scelta fu di rifugiarsi nel Kurdistan iracheno. Solo 30.000 di essi sono sinora rientrati. Tutti questi eventi drammatici non hanno trovato adeguato spazio nei mass media spesso in tutt’altre faccende affaccendati.

Nagorno-Karabakh, atto finale di una guerra passata in secondo piano

Così come è passato sotto silenzio il dramma del Nagorno-Karabakh. L’area di etnia armena e religione cristiana assegnata dall’ex URSS all’Azerbaigian islamico. Trent’anni fa il NK si proclamò autonomo per riunirsi di fatto alla madre patria Armenia. Nel “grande gioco” internazionale, l’Azerbaigian, filo-turco, è uno dei terminal dei rifornimenti gas-petroliferi europei. L’Armenia era una specie di “protettorato” russo. Poi è scoppiata la guerra russo-ucraina.

Approfittando, quindi, del momento di debolezza russo, il 19 settembre scorso, l’Azerbaigian ha attaccato l’area sotto il controllo armeno. L’offensiva si è conclusa nel giro di 24 ore con la capitolazione della repubblica separatista. Sono così iniziate anche qui le vessazioni a sfondo etnico-religioso nel silenzio assordante dell’opinione pubblica occidentale. Per circa 120 mila cristiani è così iniziato un esodo di massa verso l’Armenia.

Foto di Alexa da Pixabay

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