Cina: ancora milioni di cani e gatti scuoiati nelle fabbriche-tabù

CaniCinaOgni anno in Cina vengono uccisi 10 milioni di cani e 4 milioni di gatti.

Non è un mistero che nella superpotenza orientale si consumi carne di animali domestici, tra cui quella dei nostri più fedeli animali a quattro zampe, ma in questi ultimi anni, grazie soprattutto alle campagne di sensibilizzazione portate avanti dagli animalisti di tutto il mondo, qualche magro risultato è stato ottenuto, non solo dal punto di vista divulgativo, ma anche pratico, che ha portato alla chiusura di alcune fabbriche detentive.

Queste abbondano un po’ ovunque: si va dagli allevamenti di cani a Jining, nella provincia di Shandong, dove gli animali vengono rinchiusi in minuscole stie metalliche con bordi taglienti e arrugginiti, al mercato “ I tre uccelli” di Dali (nel distretto di Nanhai, Foshan) in provincia di Canton, dove cani e gatti vengono scaraventati a terra dall’alto dei camion, ancora in gabbia, fino alle fabbriche di Jaixing, dove i cuccioli sono venduti ed immolati per 200 yuan ( 25 euro).

Le povere bestie (soprattutto i gatti) sono destinate al macello, per soddisfare il palato dei cinesi.

Solitamente vengono catturate per strada e uccise nei ristoranti con un colpo alla testa, dopo di che sono immerse in acqua bollente e servite come prelibatezza per il famoso piatto “Dragon, Tiger e Phoenix,” che, secondo la tradizione, “aiuta a rafforzare il corpo.”

I gatti sono altresì venduti come alimento per cani, procioni e altri animali non domestici.

Gli animali destinati all’industria vengono invece scuoiati ancora vivi per produrre borse, pellicce, giocattoli e capi d’abbigliamento, inclusi tappeti, per i quali servono fino a 9 animali.

Nel secondo caso, l’agonia degli animali è interminabile e la morte sopraggiunge dopo una lunga sofferenza.

In alcuni filmati, si vede chiaramente la sofferenza dei cani, dai cui occhi scendono copiose lacrime di dolore e particolarmente raccapriccianti sono le scene in cui gli animali vengono presi a martellate in testa e coltellate nella gola per poi essere scuoiati vivi.

Dopo le segnalazioni di Animal Equality, associazione animalista che ha svolto accurate indagini sul territorio cinese, il mercato di Dali e quello di Nanhai – Foshan (Guangdong), sono stati chiusi dalle autorità locali in collaborazione con il Centro Volontari di Guangzhou.

Provenienza degli animali

La maggior parte di essi, (la polizia ne ha sequestrati 600) vengono rapiti o sottratti per strada, per essere poi destinati al commercio illegale, che viola ovviamente qualsiasi norma di bio sicurezza, quale l’assenza di vaccinazioni e il certificazione di origine dei cani.

Proprio l’assenza di requisiti igienici ha potuto portare alla chiusura di alcuni centri di “detenzione”, dal momento che il commercio e l’uccisione di cani a scopo alimentare non è esplicitamente vietato in Cina.

Il rispetto delle leggi in materia di sicurezza e la relativa tassazione degli spacci che risultano non conformi (praticamente tutti) rappresentano dunque l’unica leva che può garantire la salvezza delle bestioline.

Falsi certificati

Secondo le indagini condotte dagli animalisti, la maggior parte dei rivenditori possiede un unico certificato, generalmente falso, per ogni carico ricevuto, anziché averne uno per ogni cane, questo perché si tratta appunto di animali sottratti illecitamente dei quali non si può certificare la provenienza.

Per rintracciare la provenienza degli animali bisognerebbe fare un costosissimo esame del Dna, ma basta un falsa etichettatura per bypassare tranquillamente le dogane, tanto da consentire il loro ingresso in Europa e in tutto l’occidente.

Obiettivi degli animalisti

Oltre ovviamente alla chiusura delle industrie-tabù, gli animalisti vorrebbero che si esercitasse una pressione a livello internazionale per spingere il Governo nazionale a porre fine a questo scempio e dichiarare illegale il commercio delle carni e delle pelli di cani e gatti.

di Simona Mazza

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