B come Brassicaceae

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Con l’arrivo dei primi freddi sono tornate protagoniste in cucina le Brassicaceae, dette anche Crucifere dall’aspetto dei loro fiori: la numerosissima famiglia botanica (circa 3000 specie e più di 200 verietà) che comprende tutte le varietà di broccolo, cavolo, rapa, rafano e verza, oltre agl’insospettabili senape, rucola, crescione e colza.

Una famiglia che, a partire da 64 milioni di anni fa, si è diffusa ad ogni latitudine e su tutti e cinque continenti: il cavolo delle Kerguelen, ricco di acido ascorbico e quindi ricercatissimo per combattere lo scorbuto, prospera addirittura nella fascia pre-antartica.

Una famiglia dalle molte virtù salutari: antiossidanti, antinfiammatorie, antitumorali, ricca di sali, fibre, vitamine e con qualche controindicazione.

«Medico dei poveri» veniva chiamato anticamente il cavolo, celebrato anche da Ippocrate.

Sin dall’epoca romana si usava, inoltre, consumare i broccoli crudi prima dei pasti perché si riteneva che prevenissero l’ubriacatura, ma è un rimedio non scientificamente dimostrato.

Simili ma non parenti

Le cosiddette rape rosse ed il sedano rapa non sono Brassicaceae anche se le prime somigliano alle rape bianche ed il secondo ne richiama il nome. La rapa rossa, o barbabietola, è della famiglia delle Chenopodiaceae che comprende la bieta, gli spinaci e gli agretti (o barba di frate) mentre il sedano rapa appartiene alle Apiaceae o Umbelliferae che comprendono sedano, prezzemolo e ginseng.

Le Brassicaceae in cucina

La loro diffusione, la facilità di coltivazione in ogni clima e le loro virtù ne hanno decretato il successo nelle cucine popolari di tutte le culture: «mangiacrauti» (i cavoli cappucci fermentati) era l’insulto rivolto ai mitteleuropei, mentre le rape intagliate erano originariamente protagoniste, al posto delle zucche americane, della festa di Halloween e il Coleslaw, l’insalata di cavolo cappuccio, carote e cipollotto, è uno dei piatti nordamericani più diffusi.

Nella cucina italiana non c’è che l’imbarazzo della scelta: dalla cassoeula milanese ai broccoli siciliani arriminati passando per la ribollita toscana, la minestra romana di broccoli e arzilla, la zuppa velletrana di cavoletti e baccalà, la minestra maritata ed i torzelli napoletani e le orecchiette con le cime di rapa pugliesi.

Non c’è libro di cucina, antichissimo o contemporaneo, che non ne fornisca un numero considerevole di ricette: da Apicio ai giorni nostri passando ovviamente per Pellegrino Artusi e pare che persino Romolo, il fondatore di Roma, ne fosse ghiotto, almeno a dar retta a Marziale.

Negli anni del boom sembravano passate di moda: il loro odore pungente ed impregnante, conferito dai glucosinolati, sapeva di povertà.

Ora grazie alle loro virtù sono tornate in auge e per combatterne il cattivo odore basta una fetta di pane raffermo impregnata d’aceto bianco o una tazzina da caffè ripiena a metà dello stesso aceto posizionate sul coperchio della pentola.

Sempre che non si voglia, per ragioni di gusto, lessare le verdure con un cucchiao d’aceto. Nella cottura a vapore l’aceto può essere messo direttamente nell’acqua con la quale si creerà il vapore con il vantaggio di liberare la vaporiera dal calcare.

Quel frattale del broccolo romanesco

Il broccolo romanesco, famoso per le sue cimette, è un frattale: la sua forma globale si ripete infatti su scale diverse ed ogni singola cima ha la forma di un piccolo broccolo.

Inoltre il numero di cimette che compongono il broccolo romanesco è sempre un numero di Fibonacci: rappresenta quindi, nel suo insieme, una successione di Fibonacci o sequenza aurea.

La stessa che si ritrova nel Partenone, nel tempio delle Cariatidi, nella Venere di Milo, nella Monna Lisa e nell’uomo vitruviano.

Controindicazioni

Per trovare un difetto alle Brassicaceae dobbiamo fare ricorso alle parole di Pellegrino Artusi: «I cavoli tutti, sieno bianchi, neri, gialli o verdi, sono figliuoli o figliastri di Eolo dio dei venti».

Per evitarlo o quantomeno contenerlo la cucina popolare ha utilizzato innanzitutto gli abbinamenti con alimenti che determinano l’effetto opposto: le mele, le carni ed i formaggi, creando piatti equilibrati, saporiti e ricchi di nutrienti. Gustoso, ma con effetti moltiplicatori, è viceversa l’abbinamento con le patate.

Un altro accorgimento è di limitarne la bollitura facendole poi stufare con aglio e olio extravergine d’oliva. Utile allo scopo anche mettere nell’acqua di cottura zenzero fresco o semi di finocchio o di finocchietto: ne guadagnerà anche il sapore.

Simbolo di stagionalità

Nelle Brassicaceae la stagionalità si manifesta in tutta la sua sapienza: se ne giovano la salute, per affrontare i rigori invernali, e la tasca visto che in piena stagione hanno un prezzo relativamente contenuto e la maggior parte degli scarti può essere riciclata in cucina o nell’orto.

Le controindicazioni? Basta non abusarne e si possono servire anche in una cena formale senza creare spiacevoli inconvenienti ai nostri ospiti.

Foto di Pashi da Pixabay

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