Il grande Mistero di Dio che diventa uomo, in tutto simile a noi tranne che nel peccato

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Venite adoremus Dominum”, è il ritornello che in questo periodo natalizio risuona nelle corali di tutte le chiese. Ed anche in questa seconda domenica dopo il Natale la liturgia ci invita a sostare silenziosamente per adorare il grande Mistero di un Dio che diventa uomo, facendosi in tutto simile a noi, tranne che nel peccato. Abbiamo lasciato alle nostre spalle giornate molto intense e tantissimi di noi le hanno trascorse al calore degli affetti familiari, tra regali ed auguri, abbracci e baci. Queste sono tutte manifestazioni indirette dell’Amore che, povero ed umile, giace in una mangiatoia. In realtà, è il Bambino Gesù il vero dono per ciascuno di noi; il piccolo Gesù è la Via che tanti di noi cercano; è la Verità che tanti non riescono più a salvaguardare e a difendere; è la Vita, degna di essere vissuta e di essere donata per amore. Quest’oggi, come nel giorno del Natale, la liturgia ci ripropone nel Vangelo il Prologo di S. Giovanni. Approfittiamo di questo riproponimento per scrutare ciò che il testo vuole comunicarci e come attuare il suo messaggio nella nostra vita. Si tratta di un testo molto profondo e che, nello stesso tempo, ci offre una valida sintesi di tutta la nostra fede. Il Prologo si apre partendo dall’alto: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio” (Gv 1,1); immediatamente viene presentata al lettore una novità umanamente inconcepibile: “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14a); cioè, un Dio che assume sembianze umane e che viene a vivere in mezzo a noi. Quest’immagine, che sa di umano e divino insieme, non è affatto un’utopia, non è una dimensione che si sgancia dalla realtà, ma è un’esperienza vissuta! E a testimoniarcela è Giovanni, un testimone oculare della vicenda di Gesù, dall’inizio alla fine. Ciò che l’apostolo intende comunicarci non è una dottrina ma una testimonianza che sgorga da ciò che realmente egli ha vissuto; e Giovanni, nei tre anni di vita trascorsi con il Maestro sperimentò l’amore, tanto da meritarsi il titolo di “discepolo che Gesù amava”; infatti nel Prologo al suo Vangelo attesta: “Noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14b). Inoltre lo vide pendere da una croce e apparire risorto dai morti; anche lui, insieme agli altri discepoli, infine, ricevette lo Spirito Santo. Da questa esperienza, custodita gelosamente nel suo cuore, Giovanni ricavò una grande certezza: Gesù è la Sapienza di Dio che si è incarnata ed è la sua eterna Parola fattasi uomo mortale. Gesù Cristo è la pienezza del mistero di un Dio che parla agli uomini come ad amici. Egli è l’immagine viva del Padre che si china sui propri figli per sanarli. Come Giovanni, anche gli altri discepoli hanno sperimentato l’amore di Gesù. Vivendo con Lui ed ascoltando i suoi insegnamenti, assistendo ai miracoli e udendo la sua autorevole voce, costoro hanno riconosciuto in Lui il compimento più alto di tutte le Scritture. A proposito, Ugo di San Vittore si esprime così: “Tutta la divina Scrittura costituisce un unico libro e quest’unico libro è Cristo, parla di Cristo e trova in Cristo il suo compimento” (De arca Noe, 2, 8). Tutti abbiamo bisogno di trovare un senso alla nostra vita. C’è bisogno di discernimento e di ricerca, ma ciò non basta! E non basterebbe nemmeno lo studio di infiniti libri, neanche quello delle sacre Scritture. Quel Bambino indifeso che giace nella mangiatoia è il senso per la nostra vita! Egli ci comunica la vera identità del nostro Dio, che è bontà e fedeltà anche nel momento più arduo della sofferenza. “Dio, nessuno lo ha mai visto, conclude il Prologo di Giovanni: il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui che lo ha rivelato” (Gv 1,18). Sappiamo tutti che la prima creatura a contemplare “il Verbo che si fece carne” fu proprio Maria; un’umile ancella di un paesino anonimo della Galilea è diventata così la “sede della Sapienza”. Seguiamo S. Giovanni per accogliere anche noi la Divina Sapienza e per sperimentare l’Amore che non conosce infedeltà. Sia questo l’augurio che, all’inizio di questo nuovo anno, formulo per ciascuno di noi. Quel Bambino deposto nella mangiatoria porta con sé la sapienza e il consiglio di Dio. Quell’essere bambino rivela a tutti gli uomini di buona volontà che proprio in quella debolezza si manifesta la pienezza della regalità e la forza di Dio. Certo! È un paradosso, ma questa è la logica di Dio, distante mille miglia dalla nostra! Con la nascita di Gesù infatti, si pone fine all’infinita distanza tra Dio e l’uomo, introdotta dal peccato. Il Prologo di S. Giovanni ci dice che Dio non si è chinato solo verso il basso, ma è anche “disceso”, cioè, ha effettuato il suo ingresso nel mondo per diventare uno di noi e rendere l’uomo simile a Lui. Carissimi, nella notte di Natale abbiamo contemplato un mistero semplice e, allo stesso tempo, nascosto! Il Dio-Bambino diventa mistero nascosto quando nell’oggi storico non riconosciamo le tante mangiatoie della nostra vita nelle quali Cristo chiede di nascere ancora. Continuiamo ad offuscare il Natale del Signore quando il troppo benessere rifiuta ciò che ci viene offerto, per avere, ad ogni costo, ciò che si desidera. Chiediamo, allora, l’intervento di Maria; Lei, che veneriamo come aiuto dei cristiani, ci aiuti a far luce sui numerosi coni d’ombra che attanagliano la nostra vita, per poter accogliere ancora, come già ha fatto Lei, Colui che dirada ogni dubbio sulle nostre infinite incertezze. Ci venga incontro l’Ausilio dei cristiani e ci conduca per mano a Gesù suo Figlio, ieri, oggi, sempre.

Fra Frisina

Foto:  soteros.it

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