27 Gennaio. Perché la giornata del ricordo è parziale?

giornata della memoria

Oggi, 27 gennaio, si commemora la settantesima “Giornata della memoria” in cui i sovie­tici libe­ra­rono nel 1945 il campo di ster­mi­nio di Ausch­witz durante la seconda guerra mondiale.

Primo Levi, sopravvissuto al campi di Auschwitz li descrive così “Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quattro uomini armati, non armati contro di noi, quattro messaggeri di pace, dai visi rozzi e puerili sotto i pesanti caschi di pelo…” e poi continua “la vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono…”

Dal quel non troppo lontano 27 gennaio, tre sono le parole più usate in questo giorno, ovvero Olocausto, Shoah (in ebraico distruzione) e appunto Giorno della memoria, peccato che come quasi tutte le ricorrenze, la forza del messaggio si riduca ad un cerimoniale di ipocrita rimembranza e che il giorno dopo si tramuti in “giorno della dimenticanza” o forse del “ricordo parziale”.

Quando si parla di deportati, si dimentica infatti di elencare i “triangoli rosa”, ovvero gli omosessuali sottoposti a torture indicibili, (scomunicati dal Vaticano) e i “triangoli rossi”, ovvero i dissidenti politici, bollati come “oppositori dei regimi”, così come vengono estromessi dal ricordo i partigiani che in Europa hanno cercato di resistere contro gli invasori e contro i governi collaborazionisti.

La parzialità continua nel ricordo dei nomi di chi è morto e nella dimenticanza dei campi di concentramento “minori”. Allora utile fornire qualche notizia.

I primi campi di concentramento spuntarono in Germania con l’ascesa al potere di Hitler. Nel 1933 erano almeno una cinquantina, quasi tutti istituiti dalle SA (le squadre d’assalto paramilitari della prima ora), organizzate e guidate dal comandante Ernst Rohm per punire i dissidenti. Poco dopo, Hitler mise i campi sotto controllo delle SS (le squadre di protezione, un’organizzazione paramilitare d’élite del Partito Nazista tedesco), i quali li gestirono con estrema spietatezza. Essi affidarono il servizio di guardia alle “Teste di Morto” i più fanatici nazisti, chiamati così perchè indossavano una casacca nera con l’insegna di un teschio.

I campi più tristemente noti erano quelli di Dachau presso Monaco, Buchenwald nel Meclemmburgo (destinato solo alle donne), presso Linz (Austria). Essi erano finalizzati a creare un clima di terrore come previsto nell’articolo 11” sarà impiccato come agitatore, chiunque faccia della politica, tenga discorsi, comizi ecc”

Durante il regime di Hitler vi furono così oltre 32 mila esecuzioni di cittadini dei Reich, condannati per opposizione al nazismo o per defezione alla guerra. Cifra irrilevante se paragonata a quella dei cittadini uccisi per motivi politici e razziali. Basti pensare che 500 mila prigionieri dei campi di concentramento non fecero mai ritorno.

Secondo l’ANED (associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti) i deportati italiani furono invece 44.000: di cui 8000 ebrei; 12.000 operai delle fabbriche torinesi, di Sesto San Giovanni e delle vetrerie di Empoli, arrestati in seguito agli scioperi del 1944, 2750 erano solo donne. Ritornarono solo 4000 eppure i 12.000 operai vengono puntualmente dimenticati.

Non si parla neppure dei 16 mila prigionieri sovietici inviati al campo di Auschwitz. Di essi, solo 96 furono trovati vivi il giorno della liberazione del campo. Anche loro andrebbero ricordati. Quale fu inoltre il prezzo della vittoria dell’armata rossa, che a Berlino issò la bandiera dell’URSS sul Reichstag?

Oltre 20 milioni di morti, la metà dei quali civili e prigionieri di guerra uccisi e torturati dai nazisti e almeno 40 milioni di feriti e mutilati, per non aggiungere le vittime “bianche” coloro i quali sono morti o si sono ammalati fino a morire per il trauma della guerra.

Le città distrutte dai tedeschi furono 1710, oltre 70.000 i paesi e i villaggi rasi al suolo, 32 mila imprese industriali, 98 mila Kolchoz (aziende collettive) e 1876 Sovchoz (aziende agricole statali). Saltarono in aria 65 mila km di linee ferroviarie, 16 mila locomotive e 428 mila vagoni. Leningrado fu assediata per 900 giorni e i morti per fame furono 632.258, mentre i morti, esclusi i militari, furono 16.747, mentre i feriti 33.782.

Soprattutto bisognerebbe ricordare che Gran Bretagna e Usa rimandarono l’apertura del secondo fronte nell’Europa occidentale privilegiando la conquista di altre posizioni strategiche e lasciando che l’URSS da sola sostenesse lo scontro diretto con le truppe naziste. La Wehrmacht (forze armate tedesche) schierarono contro i russi 179 divisioni, 16 divisioni ungheresi e altri 3 milioni di uomini, mentre contro gli inglesi e americani si schierarono 107 divisioni.

Allora cosa ricordiamo?

Attualmente ben poco.

Una legge pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.177 del 31 luglio 2000 parla della “Istituzione del “Giorno della Memoria” in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”.

Art. 1.recita :La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare laShoah(sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

Art. 2.In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.

Insomma, anche la legge si limita a ricordare solo una parte della verità e dire il vero, anche ai nostri giorni, seppure in maniera diversa, siamo protagonisti di episodi analoghi a quelli del passato recente: l’antisemitismo e il raz­zi­smo sono quanto mai attuali , così come il ruolo dell’antigiudaismo cri­stiano, la per­se­cu­zione di rom e sinti, per non parlare della negazione dei basilari diritti agli omo­ses­suali.

Siamo come allora e sarà forse questa vergogna latente che ci impone di ritualizzare la storia, scorporandola dal presente.

di Simona Mazza

1 risposta

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.