25 luglio, 80 anni fa cadeva il fascismo

25 luglio

25 luglio 1943, alle ore 22:45, la radio interruppe le trasmissioni per diffondere il seguente comunicato: «Sua Maestà il Re e Imperatore ha accettato le dimissioni dalla carica di Capo del Governo, Primo ministro, Segretario di Stato di Sua Eccellenza il Cavaliere Benito Mussolini, ed ha nominato Capo del Governo, Primo ministro, Segretario di Stato, sua Eccellenza il Cavaliere, Maresciallo d’Italia, Pietro Badoglio». La voce si diffuse immediatamente e gli italiani scesero in piazza invocando la fine della guerra e la libertà. Soprattutto il popolo di Roma si riversò per le strade. Immagini del duce e fasci littori furono distrutti.

Già da tempo la “luna di miele” degli italiani con il fascismo – se mai c’era stata – era finita. Gli italiani non avevano mai condiviso il Patto d’Acciaio con la Germania nazista. A parte le adunate dei fedelissimi del regime, il paese era contrario all’entrata in guerra. I soldati erano andati al fronte più per disciplina che per reale convincimento. Ora il fascismo era caduto. Ma che cosa era realmente successo?

25 luglio, fu colpo di Stato

Il 25 luglio di 80 anni fa il fascismo cadde per un colpo di Stato. Anzi, i colpi di Stato furono due. Uno nacque dall’azione dei vertici delle Forze Armate. Questa iniziativa partì dal Capo di Stato Maggiore generale Vittorio Ambrosio. Collaborarono con lui i generali Giuseppe Castellano e Giacomo Carboni. Fu il generale Ambrosio a sensibilizzare il re a destituire Mussolini. Il filo diretto tra i generali e il sovrano era costituito dal Ministro della Real Casa Pietro d’Acquarone.

Inizialmente, tuttavia, Ambrosio tentò di convincere Mussolini a uscire dall’alleanza con la Germania per trattare una pace separata. Gli anglo-americani, infatti, erano appena sbarcati, il 10 luglio, sulle coste siciliane. Il duce avrebbe dovuto comunicare a Hitler l’uscita dell’Italia dalla guerra nel vertice di Feltre del 19 luglio 1943. Rivelatosi infruttuoso tale incontro, i generali premettero definitivamente sul re. Il giorno 20, tramite il ministro Aquarone, il re fece sapere ai generali che avrebbe proceduto alla sostituzione del Capo del Governo. In realtà il re ruppe gli indugi solo dopo la conclusione del “secondo colpo di Stato”. Cioè l’approvazione da parte del Gran Consiglio del fascismo dell’ordine del giorno Grandi. Grazie al quale si rimetteva nelle sue mani il Comando supremo delle Forze Armate.

La riunione del Gran Consiglio

Dino Grandi era il più “filobritannico” dei componenti del Gran Consiglio del fascismo. Già Ministro degli esteri (1928-1932), era stato ambasciatore a Londra tra il 1932 e il 1939. Trovò sponda nel più antitedesco dei gerarchi: Galeazzo Ciano, addirittura genero del duce. Da tempo ritenevano che l’unica via d’uscita per evitare la disfatta militare sarebbe stata la deposizione del Capo del Governo. Il piano era di riunire dopo anni il Gran Consiglio del fascismo per far approvare l’ordine del giorno di cui abbiamo già detto. Grandi ebbe un’udienza privata con il re il 4 giugno e gli espose le sue intenzioni.

Con il passar dei giorni il tentativo Grandi stava diventando il segreto di Pulcinella. Più raccoglieva aderenti tra i “granconsiglieri” e più la voce si spargeva. Quando il Gran Consiglio si riunì, il duce già sapeva tutto. Avrebbe potuto far arrestare tutti ma non lo fece. Avrebbe potuto rifiutare di firmare la convocazione dell’assemblea ma non lo fece. Acconsentì addirittura che l’OdG Grandi fosse discusso prima di un altro a lui favorevole. Perché? Probabilmente per la sua presunzione di poter riuscire a rimettere in piedi la situazione con il suo carisma. Ma non vi riuscì. L’Ordine del giorno fu approvato con 19 voti a favore, 7 contrari e un astenuto alle 2:30 del 25 luglio.

25 luglio, come avvenne l’arresto di Mussolini

Subito dopo la riunione, Mussolini parlò al telefono con la sua amante Claretta, dicendole: «È finito tutto». Lo sappiamo perché la telefonata fu registrata. In mattinata chiese un colloquio al re. Questi glielo accordò per le ore 17.00. Mussolini vi si recò credendo di poterlo convincere che durante la notte si fosse soltanto giocato. In realtà già alle ore 9.30 dello stesso 25 luglio il re aveva convocato il Maresciallo Badoglio e gli aveva conferito l’incarico di Capo del Governo. Badoglio si era dimesso nel 1940 da comandante generale delle Forze Armate perché contrario all’attacco alla Grecia. Per quasi tre anni, dunque, stava sulla sponda del fiume in attesa di veder passare il cadavere del suo nemico.

Mussolini si presentò nella residenza reale estiva di Villa Savoia, oggi Villa Ada. Il re si chiuse con lui in una stanza ma non si è mai saputo con certezza cosa si siano detti. Alcuni seguaci delle teorie del complotto riferiscono di un paio di uomini nascosti dietro ai divani, pronti a intervenire. Sicuramente qualcuno origliò alla porta ma riuscì a comprendere poco. La voce del re, soprattutto, era molto bassa. Comunque fece conoscere all’ormai ex duce le sue decisioni.

Nel frattempo si concretizzò il piano per l’arresto di Mussolini, elaborato dai generali Castellano e Carboni, con l’assenso del Ministro della Real Casa. Appena Mussolini uscì dall’edificio incontrò alcuni carabinieri che lo introdussero in un’auto ambulanza. Il cittadino Mussolini fu portato alla Caserma Podgora in Trastevere, poi in quella di Via Legnano. Il giorno 26, il nuovo Capo del Governo Badoglio pronunciò alla radio le parole: «La guerra continua».

Foto di Vane Monte da Pixabay

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