Noi marciamo per la Terra

Per secoli abbiamo torturato la natura, allo scopo di conoscere i suoi segreti, costringendola a dirci ciò di cui avevamo bisogno, così come suggeriva il filosofo inglese Francis Bacon nel lontano 1600. La sua arguzia, che di certo non avrebbe potuto prevedere risultati tanto nefasti, e l’applicazione di un metodo scientifico per raggiungere una conoscenza della realtà oggettiva, hanno toccato l’apice nella nostra epoca.

Siamo in lotta con la natura, se vinciamo è la fine

La natura ci ha lasciati entrare in casa sua, ci ha svelato molti dei suoi misteri, noi ne abbiamo sfacciatamente approfittato; nel farlo, tuttavia, abbiamo anche aperto cassetti di imprevedibilità e reazioni sublimi.
Sublime, dal latino sub-limen, ciò che è al limite. Ci siamo spinti troppo oltre, abbiamo sfiorato il limite, siamo sotto la soglia più alta, e non possiamo più indugiare. La natura sta piangendo da tempo, noi non abbiamo saputo ascoltare: lei non può parlare, ma in qualche modo deve farsi sentire e tutelarsi. Così, ciò che di meraviglioso dona gratuitamente nel quotidiano, rischia di diventare terribilmente pericoloso per l’uomo stesso, come ci ha già dato prova di esistere.

“Ci avete rotto i polmoni”

Così siamo scesi in piazza. Venerdì 15 marzo 2019 migliaia di giovani in varie parti del mondo hanno scioperato per il clima; piazze e strade colorate per portare su scala globale “il venerdì per il futuro”. Quello che probabilmente verrà ricordato come la più grande marcia solidale contro il riscaldamento globale, rappresenta un tangibile antidoto all’indifferenza e all’individualismo proprio dell’homo economicus; una marcia che chiede ai governi di attuare misure politiche più serie ed immediate, di intervenire realmente, per fermare la febbre del pianeta.

Confini planetari

L’ultima conferenza ONU sul cambiamento climatico (Cop 24) ha lasciato un diffuso malcontento per la mancanza di un impegno concreto nell’intraprendere azioni efficaci contro i cambiamenti climatici. Ormai è tempo di agire e di unirsi per il bene comune: non abbiamo bisogno di altri trattati né di altri report sullo stato di salute della nostra Terra; è innegabile che l’abbiamo resa malata. E nel bene comune non c’è spazio per fini utilitaristici del singolo, non c’è tempo per la speranza, non c’è tempo per altra carta: se vogliamo fare qualcosa di utile per noi stessi, possiamo farlo solo pensando di essere utili per il pianeta, in quanto suoi ospiti. Ci siamo sviluppati nella natura, siamo cresciuti per mezzo di essa, dobbiamo continuare a farlo rispettandone limiti e confini. La nostra corsa energivora deve essere fermata.

Una tragedia per l’uomo, causata dall’uomo

Nonostante allusioni a complotti e il rifiuto di assumerci responsabilità, il cambiamento climatico è, secondo il 97% degli scienziati, influenzato dalle attività dell’uomo. In circa 200 anni, la temperatura media globale è aumentata di 1,2 gradi; si ritiene tuttavia che la soglia massima di sicurezza con effetti ancora gestibili e con margine di intervento, seppur ingenti, sia di 1,5 gradi. Negli ultimi vent’anni le perdite economiche causate dai disastri climatici sono aumentate del 151%. Continuando con l’attuale ritmo di crescita, ci restano solo 20 anni prima di oltrepassare il punto di non ritorno. E c’è un altro dato allarmante, che dovrebbe suscitare una profonda riflessione anche e soprattutto per quei governi concentrati nella costruzione di politiche migratorie più stringenti: entro il 2050 i cambiamenti climatici potrebbero costringere a migrare circa 140 milioni di persone.

Il re dei ghiacciai a rischio, e non solo

L’orso polare denutrito e smunto è ormai l’immagine simbolo del riscaldamento globale, ma lo scioglimento dei ghiacciai, che potrebbero in buona parte scomparire entro il 2050, è una minaccia che arriva a bussare alle porte di tutti, in ogni angolo del pianeta. A causa dell’innalzamento del livello dei mari (19 cm dal 1900 ad oggi), le isole del Pacifico stanno a poco a poco scomparendo, considerando che già alcune di esse sono già state completamente sommerse dall’acqua; entro il 2100 si prevede che anche una parte dell’Italia, grande quanto la Liguria, possa subire lo stesso esito.

Il cambiamento climatico non interessa solo i paesi in via di sviluppo, tutti siamo vulnerabili. Si stima che i fattori di rischio ambientale siano già stati causa in tutta Europa della morte di 1,4 milioni di persone: le temperature estremamente alte, infatti, contribuiscono direttamente alle morti per malattie cardiovascolari e respiratorie, specie nella popolazione anziana. Il riscaldamento globale è una minaccia per l’intero pianeta, una sfida globale che solo globalmente può essere affrontata.

Nessuno è troppo piccolo per fare la differenza

Un appello partito dalla Svezia, da una ragazza poco più che sedicenne.
In seguito ad un’estate svedese particolarmente calda, con numerosi ed estesi incendi nel paese, Greta Thunberg, il 20 agosto del 2018 decise di iniziare uno sciopero scolastico “per salvare il pianeta”. Invece di andare a scuola, Greta decise di presentarsi tutti i giorni davanti al Parlamento svedese fino al 9 settembre seguente, giorno delle elezioni politiche, chiedendo al governo di occuparsi più seriamente del cambiamento climatico. Un appello diventato virale nel giro di  pochi mesi, in grado di coinvolgere attivisti oltremare ed oltreoceano, trasformandosi in uno sciopero mondiale, un corteo di studenti di ogni ordine e grado, nonché di bambini in grembiule, genitori e professori, anziani.

Una coreografia per il Pianeta

Grazie Greta, dunque. Grazie a tutti quei nomi forse poco conosciuti che da tempo si impegnano nella salvaguardia del clima, tra cui volti ormai noti in seguito al tragico evento dell’Ethiopian Airlines, “quelli dell’Italia buona”. Ancora grazie a coloro i quali nel proprio piccolo contribuiscono a far crescere questo oceano di solidarietà in lotta per la sopravvivenza del pianeta e, con essa, del genere umano. Perché nessuno è troppo piccolo per fare la differenza.

Forse il futuro oggi ha finalmente iniziato a farsi presente, assumendo la forma di un’inarrestabile ola, una tifoseria mondiale a sostegno del Pianeta. Una ola che deve continuare ad essere alimentata anche e soprattutto nei prossimi giorni, mesi ed anni.

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