Mi chiamo Diabolich e sono un assassino

Senza titolo1E’ il 28 febbraio del 1958 quando la polizia arriva in un retrobottega in via Fontanesi a Torino. Era giunta una telefonata al giornale La Stampa Sera, che diceva “HO UCCISO UNA PERSONA A VIA DEL PO”.

La Polizia scopre nell’appartamento il corpo di un ragazzo identificato come Marco Gilberti di 27 anni, operaio alla Fiat. Il corpo era coperto da un cappotto ed il viso avvolto in un lenzuolo. Nella stanza segni di lotta, tanto sangue ma soprattutto un biglietto scritto dell’assassino “RIUSCIRETE MAI A TROVARE L’ASSASSINO?”

Il Gilberti era in pigiama, questo fece pensare alla polizia che avesse familiarità con il suo assalitore, che lo aveva assalito colpendolo molte volte con un arma da taglio.

La vittima, secondo i vicini, era un ragazzo molto riservato, era stato per circa sei anni nell’esercito, nelle zone del nord est poi si era congedato ed era stato assunto alla Fiat.

Il 26 febbraio, sempre alla Stampa era arrivata una lettera che su cui c’era scritto:

«Sono venuto di lontano per VIA di compiere il mio delitto da non conFONfondersi con uno qualsiasi. Ho studiato la cosa perfetTA. In modo da non lasciare traccia. NEanche di un ago. Con il delitto è cessato inSIeme l’odio per lui. Questa sera parto ore 20»  . Il biglietto è firmato “Diabolich”

Ricostruendo le lettere scritta in maiuscolo si arriva ad un indirizzo Via dei Fontanesi 20. Il luogo dove effettivamente verrà ritrovato il cadavere.

In una successiva lettera, arrivata alla stampa con un linguaggio criptico, il killer, sempre con la firma Diabolich, spiegò anche il movente del delitto: «Un tempo eravamo molto amici e portavamo la divisa comune, poi lui mi tradì come un cane. Adesso stava bene e la mia vendetta lo ha raggiunto. Spero che scopriate il cadavere prima che diventi marcio». I due erano compagni d’armi? Questa fu convinzione degli inquirenti, che infatti puntarono un commilitone di cui trovarono una foto con dedica nel portafoglio del morto.

Il sospettato venne arrestato e passò circa cinque mesi in carcere, accusato soprattutto di essere l’autore delle lettere inviate alla stampa ed alla polizia, sotto lo pseudonimo di Diabolich. L’accusa sostenne che la sua grafia era “compatibile” con quella del probabile assassino. v.Fontanesi-20--Diabolich-Modifica

Si parlò con il linguaggio del tempo di “anomalia degli affetti” un “ambiente di relazioni particolari”, e quindi il movente doveva essere cercato in possibile rapporto omosessuale. Il tutto, basandosi, su semplici dicerie raccolte da non meglio specificate fonti.

Solo una perizia grafica fatta da un luminare del tempo, il Prof. Bino Benini, riuscì a scagionare, A.C. dimostrando come la grafia delle lettere non poteva essere quella dell’imputato. In un primo tempo venne assolto per insufficienza di prove, poi dopo un ricorso fu assolto per non aver commesso il fatto. Con l’assoluzione di A.C. il caso è finito nel dimenticatoio.

Ma chi era Diabolich? Il nome sembrava preso da un romanzo di Bill Skyline “Uccidevano in silenzio” il cui protagonista però, si faceva chiamare Diabolic senza la H.

Un amante dei gialli? Un soggetto molto razionale, di cultura, strategico, a cui però piace sfidare la Polizia, ma che alla fine scompare nel nulla. Un giallista che lascia il suo lavoro a metà.

Considerando che la vittima aveva svolto il militare nelle zone del Nord Est forse l’aggiunta dell’H poteva indicare qualcuno originario, da quelle aree, dove molti nomi finiscono proprio con il “ch”. Nessuno degli investigatori di allora sembra averci pensato.

La vera identità di Diabolich è rimasta sconosciuta, sorpassato in fama dal futuro fumetto Diabolik .

di Gianfranco Marullo

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