Omicidio Melania Rea: Salvatore Parolisi presto fuori per buona condotta?

Nelle ultime settimane si è tornati a parlare, sui quotidiani ed in varie trasmissioni televisive, di Salvatore Parolisi. La sua foto è comparsa nuovamente sulla prima pagina dei giornali di cronaca nera accompagnata da titoli e didascalie che hanno suscitato indignazione e polemiche.
Parolisi, condannato a 20 anni di reclusione per l’omicidio di sua moglie Melania Rea, assassinata brutalmente nell’aprile del 2011, ha trascorso gli ultimi 9 anni in carcere, ma secondo alcune indiscrezioni potrebbe beneficiare dei permessi premio ed uscire a breve.

L’ex caporal maggiore dell’esercito si è sempre professato innocente. Secondo il suo racconto quel pomeriggio del 18 aprile 2011 era andato con sua moglie e sua figlia di 18 mesi a Colle San Marco per trascorrere insieme qualche ora all’aria aperta. Dopo un po’ Melania si era allontanata per cercare un bagno mentre lui era rimasto con la figlia, che giocava sull’altalena, a godersi quel pomeriggio di svago.

Trascorsi venti minuti, vedendo che Melania ancora non tornava nè rispondeva al cellulare, Salvatore aveva iniziato a preoccuparsi ed aveva deciso di andare in un bar lì vicino a cercarla.
Nel locale, però, nessuno l’aveva vista ed anche la proprietaria non ricordava nessuna donna che corrispondesse alla descrizione di Melania, ma era rimasta molto impressionata da quanto quell’uomo fosse agitato, molto più di quanto lo sarebbe stato qualsiasi marito la cui moglie si è allontanata da appena mezz’ora.

In realtà Parolisi era più che agitato, era letteralmente nel panico e stava male al punto da riuscire a malapena a parlare. Aveva chiesto alla titolare del bar di chiamare il 112 perché voleva denunciare la scomparsa della moglie, ma durante quella telefonata la sua non era la voce sicura di un caporal maggiore, ma quella di un bambino piagnucolante che ha perso la mamma.

Salvatore avrebbe poi spiegato agli inquirenti che la sua reazione, per molti esagerata, era dovuta semplicemente alla preoccupazione che fosse accaduto qualcosa di brutto a sua moglie.
Le ricerche di Melania Rea erano iniziate subito, ma senza alcun risultato fino a quando, tre giorni dopo, era arrivata la telefonata anonima di un uomo che diceva di aver trovato il corpo senza vita di una donna mentre faceva una passeggiata nei boschi di Ripe di Civitella a più di 10 chilometri di distanza da Colle San Marco.

Il cadavere era proprio quello di Melania Rea, uccisa con 35 coltellate e lasciata lì per terra per giorni, tra le foglie e il terriccio. La donna aveva i pantaloni abbassati ed arrotolati sulle cosce, dei segni sul corpo a forma di svastica ed una siringa piantata nel petto. Vicino al cadavere un laccio emostatico.

Ad un primo sguardo sembrava un’aggressione da parte di tossicodipendenti, ma la scena pareva artefatta ed infatti poco dopo le indagini avevano confermato che si trattava di staging ossia dell’alterazione della scena del crimine da parte dell’assassino al fine di sviare le indagini.
Sul luogo veniva trovato il DNA di Salvatore Parolisi e malgrado lui avesse sempre negato qualunque tipo di problema nel rapporto con la moglie, gli inquirenti avevano scoperto che Salvatore aveva da tempo un’amante, un’allieva della scuola militare, alla quale aveva promesso di lasciare Melania per stare con lei.

Melania sapeva che il marito già in passato l’aveva tradita e forse era a conoscenza anche della sua attuale relazione con la giovane allieva.
Molto probabilmente quel pomeriggio di aprile marito e moglie avevano discusso proprio per questo, la lite era degenerata e Parolisi aveva perso il controllo al punto da arrivare ad uccidere la sua “amata” Melania.

Nel luglio 2011 Salvatore Parolisi veniva arrestato per l’omicidio della moglie e condannato in primo grado alla pena dell’ergastolo, condanna ridotta in appello a 30 anni di reclusione. Nel successivo ricorso per Cassazione, però, malgrado la brutalità dell’omicidio, i giudici avevano escluso l’aggravante della crudeltà con l’ulteriore diminuzione della pena, a seguito di un nuovo processo d’appello, da 30 a 20 anni di carcere.

Oggi Parolisi, che ha scontato quasi metà della sua condanna, si trova presso il carcere di Bollate dove studia giurisprudenza e si è avvicinato alla fede. É un detenuto modello ed avrebbe diritto a chiedere di usufruire dei benefici previsti dalla legge in base ai quali potrebbe uscire con dei permessi premio per svolgere attività lavorativa al di fuori della casa circondariale.

I familiari della vittima sono rimasti molto scossi da questa notizia perchè per loro significherebbe uccidere Melania una seconda volta ed hanno fatto sapere di essere preoccupati al pensiero di “ritrovarselo sulla porta di casa” perchè, dopo la condanna, Parolisi ha perso la patria potestà su sua figlia Vittoria affidata ai nonni materni. Da allora si è interrotto ogni contatto tra padre e figlia, ma i parenti di Melania temono che Salvatore, una volta uscito, possa cercare di vedere la figlia. Per loro la pena che gli è stata inflitta non è stata esemplare e concedere anche i permessi premio vorrebbe dire dimenticare la vera vittima dell’atroce delitto commesso da Parolisi che ha privato una bambina di entrambi i genitori e non si è mai pentito per quello che ha fatto.

La notizia, che ha suscitato molto clamore, è stata però in parte smentita dagli avvocati di Salvatore Parolisi che, pur ammettendo di aver discusso con lui della possibilità di richiedere i benefici di legge in futuro, hanno dichiarato che nessuna richiesta è stata per ora presentata ufficialmente dall’ex militare.

Sia l’opinione pubblica che la famiglia Rea si augurano che l’assassino di Melania sconti il resto della sua condanna in carcere.

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