La nascita del presepe tra storia e leggenda, fede religiosa e conflitti di potere

La tradizione del presepe è molto diffusa nei paesi di fede cristiana e non solo. In ogni presepe immancabili sono il bue e l’asinello ma, a rigor del vero, nessun Vangelo parla dei due animali. Il loro impiego dal vivo fu un’idea di Francesco d’Assisi allorché, la notte di Natale dell’anno 1223, celebrò la messa a Greccio, piccolo paese in provincia di Rieti. Durante la messa apparve un bambino in carne ed ossa che Francesco prese in braccio. Con quella messa Francesco d’Assisi  diede inizio alla tradizione dei presepi. Questo, in estrema sintesi, dice la leggenda riportata dai cronisti del Santo. Intorno alla fine del secolo Giotto rappresentò l’episodio nella Basilica di Assisi in una delle 28 scene del ciclo di affreschi dedicati al Santo. Diversamente dalla leggenda, Giotto ambientò la scena in un presbiterio. 

Secondo il prof. Renzo Infante, docente all’Università di Foggia di Storia del Cristianesimo e Filologia ed esegesi neo-testamentaria, il primo a porre l’asino e il bue nella scena della natività, non fu San Francesco “bensì Origene (II-III secolo) che a partire dalla parola “mangiatoia” di Luca 2,7 collega il brano della nascita di Gesù con quanto profetizzato da Isaia 1,3: “il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende”. Gli animali riconoscono il loro proprietario, mentre gli uomini (Israele) non lo conoscono. Questa interpretazione allegorica si impose e già a partire dal IV-V secolo su alcuni sarcofagi vengono raffigurati l’asino e il bue accanto al bambino. La raffigurazione della natività con il bue e l’asinello divenne comunissima tanto che se ne trovano alcune in cui ci sono solo i due animali, senza Maria e Giuseppe. Erano talmente diffuse che certamente San Francesco ne avrà viste nel corso delle sue peregrinazioni”.
Probabilmente tra i motivi della nascita del presepe c’è il viaggio che nel 1219 Francesco d’Assisi fece in Palestina. Dieci anni dopo fu Federico II di Svevia a mettere piede in Terra Santa. Francesco d’Assisi e Federico II furono tra i più grandi personaggi storici dell’Italia e dell’Europa del XIII secolo. Entrambi rivoluzionari, ognuno a modo proprio, e ambientalisti ante Litteram. Furono coevi ma non si conobbero. Entrambi parteciparono a una crociata – Francesco alla quinta, Federico alla sesta – ed incontrarono, rispettivamente nel 1219 e nel 1229, il sultano Malik al-Kamil discendente del grande Saladino. Nel mese di giugno del 1219 Francesco si imbarcò da Ancona insieme a una ristretta schiera di seguaci. Giunto a Damietta in Egitto, chiese al legato pontificio Pelagio di poter superare la “terra di nessuno” che divideva l’accampamento cristiano da quello musulmano. Il suo tentativo di far convertire al cristianesimo il sultano e scongiurare lo scontro tra le parti non ebbe successo. Tra i motivi dell’insuccesso l’intransigenza di Pelagio. Le cose andarono meglio dieci anni dopo. Federico II riuscì infatti a stipulare col sultano un trattato di pace decennale grazie al quale Gerusalemme, Betlemme e Nazareth tornarono sotto il possesso dei crociati. La VI crociata fu l’unica senza spargimento di sangue e l’imperatore poté cingere la corona di Re di Gerusalemme. Tuttavia Federico era stato scomunicato da Papa Gregorio IX. Incurante della scomunica, aveva deciso di partire lo stesso e la sua decisione fu una vera e propria insubordinazione, chiaro atto politico per affermare la sua autonomia dal potere papale.
Federico II nacque il 26 dicembre del 1194 a Jesi, nelle Marche, durante il viaggio di trasferimento della madre dalla Germania alla Sicilia. Secondo lo storico tedesco Wolfgang Stürner è infondata la leggenda che afferma che l’erede ai troni dei due regni nacque in una tenda nella principale piazza cittadina, circostanza incompatibile con il rango ed anche con il carattere molto riservato della madre. Al momento del parto Costanza d’Altavilla aveva 40 anni e dieci anni prima aveva sposato Enrico VI di Hohenstaufen, figlio di quel Federico Barbarossa la cui politica matrimoniale mirava a unire il Regno di Germania con il Regno di Sicilia, cosa che aveva infastidito non poco i papi contemporanei. Il fatto di essere nato il giorno successivo a quello di Natale (e per di più in un posto di nome Jesi) e la leggenda della tenda (assimilabile ad un presepe vivente ante Litteram, precursore della rappresentazione ideata poi da Francesco d’Assisi nel 1223) hanno contribuito a rafforzare, nei secoli successivi, analogie tra Federico II e Gesù Cristo (l’immagine è tratta dalla Cronica figurata di Giovanni Villani, 1280 – 1348). A Jesi Federico rimase solo alcuni giorni e non ci sarebbe più tornato. 45 anni dopo, nell’agosto 1239, da imperatore scrisse una lettera accorata ai suoi abitanti in cui chiama Jesi “la nostra Betlemme”. La lettera fu scritta probabilmente da Pier delle Vigne e contiene un nitido riferimento al Vangelo e la volontà dell’imperatore di paragonarsi a Cristo. La sua corretta interpretazione nel contesto storico aiuta tuttavia a capire le vere intenzioni di Federico. Gregorio IX aveva posto Jesi sotto la giurisdizione del “Patrimonium Sancti Petri” e Federico rivendicava che tornasse ad essere sotto il suo dominio. 

Scomunicato per la seconda volta, l’imperatore non tollerava più l’intrusione del papa in quella che era la “concezione medievale della sovranità come istituzione risalente direttamente a Dio e che nel sovrano individuava il rappresentante di Dio o di Cristo” (Stürner). Andava maturando in lui l’idea di annettere, almeno in parte, i territori del “Patrimonium” sottoposti al papa. Dopo 8 secoli dagli eventi raccontati in questo articolo il Patrimonium Sancti Petri si è ridotto ad un minuscolo Stato di mezzo chilometro quadrato, il più piccolo del pianeta, governato da Mario Jorge Bergoglio, primo papa della storia a portare il nome di Francesco, che sta cercando di riportare la Chiesa ha dettato originale di Cristo. 

Nella foto, di Eds, il presepe del Santuario di Greccio

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