Juke box: l’artista della settimana – B come (Franco) Battiato

battiatoDai più conosciuto come il professore della musica italiana, agli esordi, Franco Battiato, tenta di inserirsi nell’ambiente musicale milanese, lavorando a stretto contatto con Ombretta Colli e Giorgio Gaber.

Si tratta di un tentativo poco apprezzato che lo porta a lasciar perdere e a concentrarsi sul 1° LP.

Disco che esce nel ’71 (“Fetus”) e che è subito caratterizzato da scelte musicali sperimentali ed ambiziose unite a titoli improbabili come “Meccanica”, “Fenomenologia”, “Anafase”.

Avanguardia, esperimenti e velleità anche in “Pollution” (album uscito nel ’72), dove si mescolano melodie pop, arie classiche a volte rivedute e corrette (ma non è una regola), virtuosismi elettronici.

Insomma Battiato fa di tutto per farsi notare, anche se, per il momento, non sembra riuscirci.

Anche perché i pochi onori che verranno tributati a questo disco, arriveranno soltanto molti anni dopo la sua uscita.

Sulle corde di Aries” (1973) ci propone invece una musica meno difficile della precedente. Meno virtuosismi, sebbene le sperimentazioni non manchino.

Tra i brani da ricordare “Sequenze e frequenze” e “Aria di rivoluzione”, tracce spesso presenti nel repertorio live del Professore.

Battiato ci crede: sa che la sua “diversità” musicale è immensa. A lui poco importa di essere apprezzato da masse di utenti legati a gusti altamente commerciali e poco conoscitori di “Musica”.

Battiato guarda oltre; sempre più lontano. E oltre ai suoi dischi, si susseguono (in essi) mille sensazioni.

Clic” (1974), “M.elle le Gladiator” (1975), “Battiato” (1976), “Juke Box” (1977), “L’Egitto prima delle sabbie” (1978) sono album talmente diversi e talmente ricchi di particolarità, che proprio perché estremamente difficili, risulta quasi impossibile non apprezzarli.

Non so se riesco a spiegarmi, ma è un po’ come la regola matematica del meno per meno che da più.

Negli album citati che vanno dal ’74 al ’78, troviamo: “Propriedad prohibida”, brano scelto dalla Rai come sigla per il TG2 Dossier; la caleidoscopica “Ethica from ethica”; premonizioni orientali e improvvisazioni organistiche registrate nella Basilica di Monreale (PA); collaborazioni con violinisti della Scala; fino ad arrivare a lavori con un solo brano (degli indimenticabili vinili) per facciata (in “Battiato” del ’76 “Za” e “Caffè table musik” e in  “L’Egitto prima delle sabbie” del ’78 il brano omonimo e “Sud afternoon”).

Il Battiato più conosciuto arriva nel ’79 con “L’era del cinghiale bianco”.

C’è il tanto atteso ritorno al canto, c’è l’interessante contrasto tra gli strumenti classici, batteria elettronica e tastiere e, soprattutto, una melodia del tutto inaspettata in brani come “L’era del cinghiale bianco” e “Stranezza d’amuri”.

I dischi di Battiato cominciano a piacere, ad essere trasmessi dalle radio, ad essere cantati e venduti.

Patriots” del 1981 ne è la conferma. Nonostante l’invettiva iniziale “la musica contemporanea mi butta giù”, le fusioni di elettropop e stili classicheggianti presenti in “Prospettiva Nevskij” e “Venezia – Istanbul”, piacciono non poco.

Ulteriore conferma dei sempre crescenti apprezzamenti è data dal fatto che, nello stesso anno, un suo brano, cantato da Alice (“Per Elisa”), vince Sanremo.

Ma non è finita lì, anzi … Il 1981 per il Professore, diventa un anno magico, unico, ineguagliabile.

E’ l’anno de “La voce del padrone”.

battiato la voce del padroneUn disco irripetibile, di impatto devastante. Un disco che vende oltre un milione di copie, al cui interno ci sono 7 brani brevissimi (tutto l’album dura appena 31 minuti!) passati alla storia della musica italiana.

Da “Centro di gravità permanente” a “Summer on a solitary beach”; da “Cuccuruccuccù” a “Bandiera bianca”. Fino alla meravigliosa “Gli uccelli”.

Battiato diventa una star. In questo album riesce ad immettere ironicamente nostalgici tormentoni anni 60, coniugandoli con fraseggi classici e riff elettronici facili, ma trascinanti.

Milioni di italiani in spiaggia cantano “… Gesuiti euclidei vestiti come dei bonzi per entrare a corte dell’imperatore della dinastia dei Ming …”.

Chapeau!

E come spesso accade (forse era quasi inevitabile), l’anno seguente, con milioni di riflettori addosso, “L’arca di Noè” delude un bel po’.

Anche questo è un LP breve, in più è meno melodico, meno intrigante da un punto di vista musicale e, ancor di più criptico nei testi .

Nella memoria questa volta rimane solo “Voglio vederti danzare”.

Battiato capisce che c’è bisogno di un disco di assestamento e pubblica “Orizzonti perduti” (’83).

In quest’ottica è un obiettivo centrato, in cui troviamo uno dei suoi brani più celebri: “La stagione dell’amore”.

Il professore è ormai consapevole di dover gestire una notorietà ed un nome differenti rispetto a prima, a cui si aggiungono i tanti artisti che ora si affidano a lui ed al quale chiedono collaborazioni: dalla già citata Alice, a Milva, fino alla popolare Giuni Russo.

Un altro disco fondamentale, a parer mio, è “Mondi lontanissimi” del 1985.

Il professore qui trova un equilibrio compositivo che definirei necessario: un approccio alla musica che gli tornerà utile anche per i lavori seguenti.

Spiccano brani importanti ricchi di melodie e testi affascinanti come “No time no space”, “L’animale”, “Chan-son egocentrique”, “I treni di Tozeur”.

Il successo ed i riconoscimenti ottenuti hanno dato consapevolezza all’autore che il suo percorso a tutto tondo può continuare.

E’ vero che i successi maggiori sono arrivati con il Battiato cantante, ma questi anni da autentico dominatore delle radio non hanno, evidentemente, sopito le velleità del Battiato compositore, che con “Genesi” (1987) presenta un’opera vera e propria.

Un’opera che pur non godendo di passaggi radiofonici, vola nelle hit parade.

Come a dire … basta il cognome!

Il panorama di Battiato è talmente versatile che l’artista continuerà anche negli anni successivi a mescolare stili, ricercatezze, collaborazioni, sperimentazioni.

Si alterneranno un disco molto bello (“Fisiognomica”) con canzoni riuscitissime (“Nomadi” e “E ti vengo a cercare”); un doppio LP dal vivo (“Giubbe rosse”) del 1989; una colonna sonora (“Benvenuto Cellini”); un album diviso tra canzoni e temi ottocenteschi (“Come un cammello in una grondaia”) del 1991, dove spicca “Povera patria”; un’altra opera (meno apprezzata dal pubblico) “Gilgamesh”; un disco dove si passa da sonorità indiane a canti gregoriani (“Caffè de la paix”) del ’93; una composizione per coro e orchestra presentata ad Assisi nel ’94 (“Messa arcaica”); collaborazioni filosofiche nell’album “L’ombrello e la macchina da cucire” del ’95; dischi di pseudo rock come “L’imboscata” del ’96 (dove salverei la meravigliosa “La cura”); e “Gommalacca” del ’97, nel quale si tenta una collaborazione con Morgan dei Bluvertigo che però, non sembra aver dato alcun tipo di frutto.

In questo ultimo lavoro mi preme solo ricordare la particolare “Shock in my town”.

Una canzone talmente fori dalla portata e dallo stile del professore, che non la inserirei di certo tra quelle da ricordare.

E potrei continuare ancora; raccontando di altre cover, di altre sperimentazioni elettroniche, di nuove composizioni musicali (questa volta per balletti), di altre collaborazioni con artisti dai calibri più disparati (ad esempio Jim Kerr dei Simple Minds) e ancora di pop, jazz, world music, fino ad arrivare alla direzione di film (“Perduto amor”) e ancora concerti per intenditori.

Insomma, di chi abbiamo parlato? Di un cantante? Di un compositore? Di un filosofo? Di un regista? Di un direttore d’orchestra? …

Direi che è praticamente impossibile catalogarlo.

Di certo di un artista a 360 gradi; di una pietra miliare dell’arte musicale: del Professor Franco Battiato!

di Riccardo Fiori 

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.