Venezia: arrestato il sindaco Orsoni. Richiesta di arresto anche per l’ex governatore Galan

mose03_941-705_resizeIl sindaco di Venezia Giorgio Orsoni (Pd) è finito agli arresti domiciliari insieme ad altre 35 persone, nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti per il Mose, nel corso della quale sono stati sequestrati beni per circa 40 milioni di euro.

In manette pure Patrizio Cuccioletta e Maria Giovanna Piva, Giovanni Artico (ex commissario straordinario per il recupero territoriale e ambientale di Porto Marghera), Stefano Boscolo “Bacheto” (Cooperativa San Martino di Chioggia), Gianfranco Boscolo “Contadin”, Maria Brotto (ex del consorzio Venezia Nuova), Enzo Casarin, Gino Chiarini, Luigi Dal Borgo, Giuseppe Fasiol, Francesco Giordano, Manuele Marazzi, Alessandro Mazzi, Luciano Neri, Federico Sutto (dipendente del Consorzio Venezia Nuova), Stefano Tomarelli, Paolo Venuti. Per loro le accuse sono pesanti: corruzione, concussione e riciclaggio.

assessore regionale alle Infrastrutture Chisso, il consigliere regionale del Pd Marchese, gli imprenditori Morbiolo e Meneguzzo (vicepresidente e amministratore ex generale della Guardia di Finanza Spaziante, mentre è stratta avanzata una richiesta di carcerazione nei confronti di Lia Sartori, europarlamentare uscente di Forza Italia ed almeno altre 100 persone sono state indagate.

Ai domiciliari è altresì finito Alessandro Cicero, direttore editoriale de “Il Punto”, così come Nicola Falconi, Corrado Crialese, il magistrato della Corte dei Conti Vittorio Giuseppone, indagato nell’inchiesta sul Mose per aver “compiuto atti contrari ai suoi doveri”. Infine arrestati Dario Lugato, Andrea Rismondo, Danilo Tur, mentre si trova in brutte acque anche Vincenzo Manganaro, cui Cicero aveva ceduto il 50% delle quote del giornale.

Secondo il gip della Procura di Venezia, Alberto Scaramuzza, gli arrestati avrebbero lucrato sulla realizzazione del sistema di dighe mobili per proteggere la città, realizzato dal Consorzio Venezia Nuova (opera che vale oltre 5 miliardi di euro), al fine di ottenere benefici del tutto personali. Le tangenti accumulate attraverso l’ormai tristemente noto sistema di fondi neri, sarebbero poi finite nelle tasche dei politici.

ex governatore veneto Galan, attualmente parlamentare (per il quale è necessario il via libera dalla commissione), si sarebbe assicurato uno stipendio di un milione di euro annui, oltre ad una del valore di due milioni per le autorizzazioni; Orsoni avrebbe incamerato 560 mila euro da investire sulla sua campagna elettorale per le comunali del 2010 e mezzo milione di euro sarebbero finite nelle tasche del consigliere politico di Tremonti, Marco Milanese, che doveva occuparsi di far arrivare i finanziamenti a destinazione.

Il sindaco avrebbe ricevuto 50mila euro di persona da Giovanni Mazzacurati e Federico Sutto, rispettivamente dirigente e dipendente del Consorzio Venezia Nuova, entrambi coinvolti nell’inchiesta.

Il caso sarebbe scoppiato casualmente, a seguito di un’indagine su certe mazzette relative alla costruzione della rete autostradale A4, effettuati dalla società di Lino Brentan (attualmente ai domiciliari). Da quel filone, la Gdf è poi risalita ai presunti fondi neri creati da Baita, uno dei dirigenti della Mantovani, società leader nella realizzazione dei lavori del Mose all’interno del Consorzio Venezia nuova. Giorgio Baita, con il beneplacito del suo fedele Nicolò Buson, avrebbe poi distratto dei fondi relativi al Mose, in una serie di fondi neri da investire all’estero, a san Marino per l’esattezza, dove i soldi venivano riciclati da William Colombelli grazie alla sua azienda finanziaria Bmc.

Precisiamo che Buson e Baita erano stati arrestati nel febbraio 2013, insieme ex segretarie di Galan. Successivamente, le Fiamme Gialle avevano scoperto che oltre 20 shore per poi essere intascati da arresto del presidente del Consorzio stamattina sono finiti in galera gli altri soggetti.

Oltre tuttavia alla rete creatasi fra imprenditori e politici, a rendere difficoltosa l’operazione è stata l’ingerenza di un vicequestore della polizia di Stato, dell’ex generale della Gdf ed ex appartenenti ai servizi segreti, che hanno inquinato e depistato le indagini.

di Simona Mazza

foto: corriere.it

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