Vecchi mestieri: moda e agricoltura per un artigianato di fibre tessili naturali

fibre tessili naturali e agricoltura

Negli ultimi tempi la coscienza sociale sta diventando sempre più sensibile alle problematiche ambientali. Il settore della moda non è rimasto estraneo a questa tendenza e, unendosi all’agricoltura, ha iniziato a sperimentare delle soluzioni molto green, come le fibre tessili naturali. Nasce così l’idea degli Agritessuti – brand registrato a Roma dall’Associazione Donne in campo-CIA – che vedono l’utilizzo di materiali naturali e soprattutto agricoli.

I tessuti più usati in questo campo derivano da fibre naturali come la canapa, il lino e la seta e dagli scarti della produzione agricola. Anche le tinture impiegate sono esclusivamente di origine naturale.

L’industria tessile è tra le più inquinanti al mondo, seconda solo a quella petrolifera. Causa il 10% delle emissioni di CO2 e il 20% dello spreco globale di acqua. Per questo, anche a seguito delle consultazioni dell’ultimo G7, molti produttori sono passati alla realizzazione di indumenti totalmente ecofriendly.

Artigianato di fibre tessili naturali: i numeri e l’ONU

In Italia, circa 2.000 aziende a oggi sono occupate nella produzione di fibre naturali come quelle del lino, della seta e della canapa. Il fatturato stimato è di 30 milioni. Secondo i calcoli della CIA questi numeri arriveranno a triplicarsi nel giro di pochissimo tempo. Questo sarà possibile, ad esempio, coinvolgendo nella produzione le tremila aziende produttrici di piante officinali e alcune tintorie.

L’innovazione starebbe nell’abbinare a tutto questo l’uso di tinture provenienti dal settore agricolo. Estrarre il colore per i tessuti dalle bucce di melograno dei ricci e di cipolla, dalle foglie di carciofi, dalle polveri rimanenti dalla potatura degli alberi di ciliegio e di olivo sarà la nuova frontiera della moda green.

Il brand Agritessuti, primo di tanti altri in questo nuovo campo, ha gli strumenti e i mezzi per rispondere alle richieste fatte dall’ONU. L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, infatti, chiede di integrare sitemi produttivi a minore impatto ambientale.

La dichiarazione di Pina Terenzi, presidente nazionale di Donne in Campo-Cia

“È una filiera tutta da costruire, ma di cui abbiamo il know-how, considerata la vicinanza tra le donne e la tradizione tessile, nella storia e ancora oggi. Per questo ribadiamo la necessità di dare vita a tavoli di filiera dedicati, al ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, a sostegno della produzione di fibre naturali. A questi andrà affiancata la creazione di impianti di trasformazione, diffusi sul territorio e in particolare nelle aree interne. Questo per mettere a disposizione dell’industria e dell’artigianato un prodotto di qualità, certificato, tracciato e sostenibile”. 

“La sostenibilità, come chiede l’ONU, deve permeare tutto il business del tessile chiamato come gli altri settori a riformare se stesso: metodi di produzione salva-ambiente, con l’uso di tinture che sprecano meno acqua o l’utilizzo di rifiuti come materia prima. L’agricoltura dimostra di essere in prima linea in questo processo di cambiamento, con le donne promotrici di un nuovo modo di vivere la moda nel rispetto del Pianeta”.

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