Un anno di M5S: il movimento che vira a destra

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Molti hanno notato, nel corso dell’ultimo anno, un avvicinamento del Movimento 5 Stelle a quell’ala della destra estremista che molti associano al fascismo: dall’uso della Shoah alle espulsioni, dal sessismo alla struttura gerarchica. 

Le premesse per la formazione  di un partito dai toni forti che alludevano ad espressioni fasciste ci sono state fin da subito: la frase “apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno”, pronunciata da Grillo poco prima delle elezioni politiche, non richiama forse quella di Benito Mussolini nel 1922 “potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli”? Entrambe, di certo, esprimono spregio verso il Parlamento italiano.

Altra assonanza con il fascismo è l’urlo del deputato grillino Tofalo che ribadisce “Boia chi molla”; una locuzione forse usata già nel XIX secolo in più occasioni, ma che ad ogni italiano ricorda il Ventennio.

Prerogativa del Movimento 5 Stelle sono stati anche i metodi violenti, fisici e verbali, utilizzati nell’ “assalto” ai banchi del governo dopo la ghigliottina ai lavori della Camera, imposta da Laura Boldrini per evitare che il decreto Imu-Bankitalia decadesse.

In seguito, alla Presidente della Camera sono stati indirizzati pesanti insulti inneggianti alla violenza sessuale sul blog di Grillo, volutamente provocati da un post; insulti sessisti sono stati rivolti, però, anche in altre occasioni definendo una deputata del Pd “velina” o affermando che le esponenti del Partito Democratico sono in Parlamento perché “brave a fare pompini”.

Da sempre, Grillo si è schierato contro l’informazione e i media, definiti di parte, fino ad arrivare alle liste di proscrizione di giornalisti antipatici che non compivano correttamente il proprio mestiere, a detta degli attivisti, con l’invito a segnalarne altri come per una forma di censura.

Il leader del Movimento ha sempre dato importanza, al contrario, al web: uno strumento utilizzato in direzione della democrazia diretta e non rappresentativa, con due difetti: innanzitutto, gli iscritti votanti sul blog dello stesso Grillo sono circa 30 mila, escludendo più di otto milioni di elettori. In secondo luogo, il leader è sempre pronto a fare di testa propria e sconfessare la Rete, come nel caso delle consultazioni con il nuovo governo Renzi.

Il Movimento 5 Stelle si rivela, così, non solo portavoce di una democrazia diretta che, in realtà, è fortemente mutilata da questi due fattori ora citati, ma anche struttura fortemente gerarchizzata e coagulata attorno alle due figure di riferimento Grillo–Casaleggio.

Una tale gerarchizzazione ha potuto imporre dall’alto delle regole molto severe, come la non partecipazione ai talk show per i parlamentari  nella prima parte di legislatura, salvo poi cambiare idea nei mesi successivi: il problema è che alcuni membri furono espulsi per avervi partecipato, cioè per una condotta poi legalizzata all’interno dello stesso partito.

I richiami più forti al fascismo, al di là della mancanza di democrazia interna, sono l’utilizzo di Se questo è un Uomo di Primo Levi, parafrasata e ridimensionata per fini elettorali, nonché la definizione del Pd come “peste rossa”, citazione (“die rote Pest”) dell’inno di battaglia delle Waffen SS naziste.

Il movimento di Grillo si è così rivelato, negli ultimi mesi, terreno fertile per una fazione che usa quantomeno i toni della destra estrema, spingendo l’intero partito e i suoi milioni di elettori non più verso la dimensione apolitica inizialmente rivendicata, ma in direzione di un metodo fortemente improntato su una qualche forma di fascismo.

Latente, non del tutto palese, sminuito; ma pur sempre fascismo.

di Giovanni Succhielli

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