Stando al racconto del Vangelo odierno (Lc 24, 13-35), gli eventi che in esso ci vengono narrati accadono nel giorno della Resurrezione, come a ricordarci che l’evento della Pasqua non finisce mai; la Pasqua cristiana, infatti, è il trionfo del “giorno senza tramonto”, così la liturgia ci fa pregare in questo tempo di grazia. Umanamente parlando, le vicende della passione e morte di Gesù lasciarono tutti senza parole, finchè la sorprendente notizia della sua Risurrezione riportò, a cominciare da chi l’aveva seguito, gioia, stupore, speranza, forza di riprendere il cammino iniziato pochi anni prima sul lago di Tiberiade. L’annuncio della Risurrezione riguarda anche noi, uomini del terzo millennio: Gesù il Risorto non muore più ed anche a noi toccherà questo stesso destino di gloria; un giorno, infatti, come Lui anche noi risorgeremo e non moriremo più. Il messaggio evangelico di questa terza domenica di Pasqua ci consegna il noto racconto dei discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35). In esso compaiono due seguaci di Gesù che la sera di Pasqua, tristi ed angosciati, abbandonarono Gerusalemme diretti verso Emmaus, un villaggio poco distante dalla città Santa. Mentre erano in cammino si affiancò a loro Gesù Risorto ma i loro cuori induriti non lo riconobbero. L’ignoto viandante, sentendoli così sconfortati ed abbattuti, spiegò in riferimento alle Sacre Scritture che il Messia doveva soffrire e dare la vita per giungere alla sua gloria. Quindi, entrato con loro in una casa si mise a tavola e come nella sera del Giovedì Santo pronunciò la benedizione sul pane e lo spezzò; in quel momento i discepoli lo riconobbero ma lui scomparve dalla loro vista, lasciandoli pieni di stupore e di meraviglia. Presi da immensa gioia, i due ritornarono subito a Gerusalemme e raccontarono la sorprendente vicenda agli altri discepoli. Dagli studiosi sappiamo che la borgata di Emmaus non è stata identificata con certezza; sul tavolo degli studi, infatti, vengono vagliate diverse ipotesi, ma questo non deve meravigliarci! Possiamo liberamente pensare che Emmaus rappresenti ogni luogo, ogni spazio. La strada che conduce ad Emmaus è il sentiero di ciascun cristiano, anzi, di ogni uomo di buona volontà. È sulle nostre strade che Gesù risorto si fa compagno di viaggio per riaccendere nel nostro cuore la gioia della fede, la certezza della speranza e il desiderio dell’amore. Nel colloquio con il “divino viandante” l’evangelista Luca sottolinea una particolare espressione posta sulle labbra di uno dei discepoli: “Noi speravamo…” (Lc 24, 21). Questo verbo coniugato al passato ci dice molto: ormai tutto è finito; anche Gesù di Nazaret ha fallito la sua missione e dentro il cuore degli Apostoli regna solo la delusione. Il dramma dei discepoli di Emmaus si riflette come in uno specchio in tanti fratelli cristiani che pensano ad un fallimento della fede. Le tante esperienze negative che ci fanno avvertire sempre più la lontananza del Signore non debbono scoraggiarci. La strada per Emmaus, quella percorsa dai due discepoli e sulla quale anche noi camminiamo, può essere la via giusta per la purificazione e la maturazione del nostro credo. Come è accaduto ai due discepoli, anche noi quando partecipiamo alla celebrazione eucaristica possiamo instaurare con Gesù un colloquio d’amore ed ascoltare la sua parola. Anche noi, insieme con Gesù, prendendo parte all’Eucarestia, spezziamo quel pane che dà sostegno ai nostri passi nel cammino di ogni giorno. E così l’incontro con il Risorto ci dona la possibilità di avere una fede più adulta e autentica, purificata grazie all’avvenimento della Pasqua; l’incontro con Gesù ci procura una fede robusta perché essa si nutre non di pensieri o di idee ma della Parola stessa di Dio e della sua presenza viva e reale nell’Eucaristia. Inoltre, la vicenda dei discepoli di Emmaus rimanda alla celebrazione della Santa Messa: infatti, nella prima parte, attraverso la proclamazione delle Sacre Scritture, il popolo di Dio si pone in ascolto della Parola; nella seconda parte, invece, attraverso la liturgia eucaristica e la comunione con Cristo, presente nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, il credente condivide la gioia di avere a fianco a sé non un cadavere ma una Persona, Gesù vivo e vero. Nutrendosi alla mensa dell’Eucarestia, la Chiesa, quindi, può rinnovarsi nella fede, nella speranza e nell’amore. “Perché siete tristi?”– con questa domanda il Signore interroga la fede di ogni cristiano, così come è accaduto con i due viandanti; la loro fede, infatti, non era abbastanza solida. Nella vita dello spirito possiamo ammettere solo una tristezza, quella del peccato. Perciò la vita cristiana deve avere sempre la lampada accesa e questa luce, che serve ad illuminare il cammino, è rappresentata dalla gioia. Vorrei chiedervi se avete mai incontrato un santo? E se l’avete incontrato, cosa vi stupito di lui? Sicuramente la gioia! Ebbene, questo è l’augurio per tutti noi che a volte, a causa della nostra poca fede, esterniamo la tristezza dei due discepoli di Emmaus. Quando avvertiamo la mancanza del Maestro, anche se Lui è sempre con noi, corriamo a ritrovarLo in Chiesa; Egli è là, presente nel Tabernacolo e nelle specie eucaristiche del pane e del vino. Il Signore vuole rimanere con noi! Per intercessione di Maria preghiamo affinché ogni cristiano ed ogni comunità, rivivendo l’esperienza dei discepoli di Emmaus, possa riscoprire la grazia e la gioia dell’incontro purificante con il Risorto.
Frà Frisina
Foto: mentelocale.it
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