Orientamento: nell’ippocampo la sede del “GPS” mentale

disorientationCi sono persone in grado di perdersi dietro l’angolo, nonostante l’uso di mappe e satellitari come strumenti di supporto. 

Nel maggior parte dei casi, il disturbo è causato dal morbo di Alzheimer, tumori cerebrali o ictus, ma talora dipende dal DTD ovvero “developmental topographical disorientation” una vera e propria sindrome scoperta nel 2009 dal neuroscienziato italiano Giuseppe Ilaria, dell’Università di Calgary (Canada). Chi ne è affetto non presenta anomalie o lesioni cerebrali. L’unico dato riscontrabile in sede di risonanza magnetica funzionale, è che l’ippocampo dei pazienti esaminati sembra completamente quiescente quando impegnato in compiti che richiedono senso dell’orientamento e memoria spaziale. Nell’ippocampo (una struttura collegata anche alla memoria e all’apprendimento) elaboriamo infatti la mappa cognitiva dell’ambiente in cui viviamo, dunque chi soffre di disorientamento topografico non riesce a costruire  alcuno schema mentale.

UOMINI E DONNE

Secondo i ricercatori, gli uomini sarebbero più bravi a costruire mappe mentali e capire dove si trovano anche senza punti di riferimento, mentre le donne usano solitamente riferimenti visivi per orientarsi.

UNO STUDIO DA PREMIO NOBEL

Lo scorso anno John O’Keefe dell’University College di Londra e i due coniugi norvegesi May-Britt e Edvard Moser dell’Università di Trondheim, hanno vinto il Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia, proprio grazie alle loro scoperte sulle basi biologiche del senso di orientamento. A loro si deve l’individuazione di un sistema di posizionamento nel cervello che permette di orientarci, dimostrando che c’è una base cellulare per una funzione cognitiva superiore come quella dell’orientamento.

Gli studi di O’Keefe e dei coniugi Moser potrebbero rivelare i meccanismi che causano la degenerazione del tessuto nervoso e probabilmente potrebbero aiutare a trovare una cura adeguata al disturbo. Nel 1971, l’americano John O’Keefe, laureato in Psicologia fisiologica presso McGill University (Canada) e trasferitosi presso lo University College London, scoprì il primo componente di questo sistema di posizionamento.

Da un primo esperimento, aveva notato che alcune cellule nervose dell’ippocampo si attivavano quando le cavie si trovavano in un certo luogo della stanza, consentendo di rispondere alla domanda “dove mi trovo?”. Quando gli animali si spostavano in altri luoghi, si attivavano altre cellule. O’Keefe dedusse che queste “cellule posto” formavano una specie di mappa della stanza.

L’attività dei cosiddetti “neuroni di posizione” (place cell) è direttamente collegata alla posizione che il corpo occupa nello spazio. Successivamente, O’Keefe individuò le stesse cellule nell’uomo e in uno studio del 2010 spiegò che sono presenti e attive fin dalla nascita. Esse si trovano nell’ippocampo, ma sono soltanto una delle componenti del nostro sistema di orientamento.

Nel 2005, May- Britt e Edvard Moser scoprirono un altro componente essenziale del sistema di posizionamento del cervello, che consente di rispondere alla domanda “dove sto andando?”. Identificarono infatti delle cellule nervose “griglia” che generano un sistema di coordinate, consentono un preciso posizionamento ed aiutano a ritrovare la strada.

Il funzionamento delle grid cell (neuroni localizzati nella corteccia entorinale), la cui scoperta è valsa l’altra metà del Nobel 2014 ai coniugi Moser, è però un po’ più complesso. Questo sistema, infatti, è in grado di suddividere lo spazio fisico in cui ci muoviamo in celle esagonali, come quelle di un alveare. Ciascun neurone controlla una cella e si accende quando, muovendoci, passiamo sull’esagono corrispondente. Secondo i coniugi Moser, la suddivisione dello spazio in esagoni è un sistema che permette al cervello di controllare con precisione ciò che accade e si sviluppa nei neonati subito dopo quello delle place cell.

STRATAGEMMI PER ORIENTARSI

Anche chi soffre di DTD può orientarsi. Come? Ci sono dei videogiochi mirati ad addestrare i pazienti che ne sono affetti. Si possono inoltre utilizzare meccanismi mentali, quali immagini, parole, suoni che aiutano a resettare il nostro Gps naturale.

di Simona Mazza

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