NBA: storie di razzismo di un campionato malato

sterling“Perché ti fai le foto con le minoranze? Mi mette a disagio che tu compaia vicino a persone di colore”.

Parole pesanti. Soprattutto se pronunciate da Donald Sterling, presidente dei Los Angeles Clippers, squadra che partecipa al campionato statunitense di pallacanestro della NBA. Parole che – per fortuna – gli sono costate care, molto care.

L’esternazione fuori luogo nasce da una telefonata di Sterling con la sua fidanzata, rea di avere pubblicato su Instagram una foto con alcune persone nere, tra cui il celeberrimo cestista degli anni 80 Magic Johnson. La cosa non piace per niente al presidente: “Ci puoi andare a letto, ci puoi fare quello che vuoi ma non pubblicamente e non portarli alle mie partite. Non mettere Magic Johnson su Instagram perché il mondo lo veda e poi tutti mi chiamano. E non portarlo alle partite”. Però quella telefonata non rimane una discussione di coppia, diventa una registrazione che il sito di gossip Tmz provvede a diffondere.

Scoppia lo scandalo. Il mondo intero punta il dito contro Sterling facendogli notare che di neri lui ne ha a libro paga più di qualcuno. La reazione della lega arriva subito, il marchio rischia di perdere prestigio e ci sono troppi soldi in ballo. Il commisioner della NBA annuncia perentorio che Sterling è stato praticamente sospeso a vita dalla pallacanestro: non potrà più assistere a nessuna partita né agli allenamenti né partecipare ad alcuna attività commerciale inerente la squadra e sarà multato per 2,5 milioni di dollari. Inoltre, poiché il massimo campionato di pallacanestro statunitense è una lega privata, i proprietari delle altre squadre hanno il potere di rimuovere un loro collega a patto che tale rimozione venga votata dal 75% degli aventi diritto. Insomma, pene che non vanno per il sottile, ma che non pare turberanno eccessivamente l’ormai (quasi) ex-proprietario dei Clippers, nonché miliardario ottantenne.

Nessuno discute sulla dubbia intelligenza dello Sterling, che peraltro non ha né tentato di rinnegare le sue dichiarazione, né accennato ad alcuna scusa nei confronti di Magic Johnson e della popolazione di colore tutta. Le perplessità sorgono invece da una seconda dichiarazione del delegato NBA Silver in merito agli accordi di sponsorizzazione. Infatti, subito dopo la pubblicazione delle fatidiche dichiarazioni, alcuni marchi come Virgin Atlantic, Kia e Redbull – che erano legati ai Clippers – avevano rescisso contratti da milioni di dollari, temendo giustamente per la loro immagine. Silver si è impegnato a recuperare questi accordi quasi fosse l’aspetto fondamentale di tutta la vicenda. Un’immagine da mantenere intatta ed integra per il titolo in borsa, per il valore dell’azione, per il timore di perdere milioni di dollari in pochi giorni. Questa è la percezione della NBA.

Non si discute sul talento e la professionalità dei singoli giocatori, ma sul giro di soldi immenso che genera la pallacanestro negli Stati Uniti. Una partita è uno spettacolo più che un evento sportivo, gli sponsor sono ovunque e gli intervalli a fini promozionali prevalgono sul tempo effettivo di gioco. Guardare una partita in diretta – tralasciando gli orari infelici a causa del fuso orario – è terribilmente noioso e lungo, non finisce più, è un continuo spot. E la dichiarazione di Silver non fa che confermare questa idea: bisogna recuperare gli sponsor, se no casca il palco.

La pallacanestro diventa sempre più un business, a scapito dell’aspetto tecnico, perché il marketing ormai prevale sul gioco vero e proprio: bisogna giocare un numero infinito di partite per fare più incassi possibile. Ma un giocatore – che è un essere umano – alla terza partita in una settimana non sarà freschissimo. Al che vengono fuori degli incontri inguardabili, dove nessuno corre neanche per sbaglio e il tutto finisce in un tiro a bersaglio.

La NBA deve fare attenzione: il primato statunitense nella palla al cesto rischia di essere messo in dubbio dall’Eurolega, forse un po’ più spartana – se confrontata alla NBA – ma dove tante volte si gioca un basket degno di questo nome e non centinaia di partite indecenti.

di Francesco Galli 

foto: paixaonba.com

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