Munich Security Conference 2016

monaco sicurezza 1La 52esima Conferenza sulla Sicurezza di Monaco si è aperta ieri in un clima di grande incertezza dovuta alle numerose crisi internazionali. La conferenza è il più importante appuntamento, a livello mondiale, in cui si discute di sicurezza globale. 
Molti i capi di stato convenuti, moltissimi i ministri, soprattutto degli esteri e della difesa, svariate le delegazioni istituzionali, i rappresentati ONU, militari e della Nato. Intorno a loro, e intorno all’albergo sede della conferenza, un miniesercito di poliziotti assicura la sicurezza della manifestazione. Quest’anno ne sono stati allertati 3700.
Ogni anno nei tre giorni in cui si tiene la conferenza si ha la sensazione che la città sia in assetto di guerra. Contestualmente hanno luogo manifestazioni contro la guerra e cortei di protesta. Paradossalmente le dimostrazioni per la pace mettono a dura prova la pace cittadina e con essa la reputazione della città notoriamente assai sicura.
Quest’anno la lista delle personalità partecipanti è lunghissima. Nominarle e non riferire sui contenuti dei loro interventi ha poco senso quindi preferiamo tralasciare. All’ordine del giorno ci sono argomenti come le guerre in corso, la lotta al terrorismo, l’emergenza migratoria, il controllo degli armamenti, la non proliferazione nucleare, i rapporti di stabilità tra le grandi potenze. Più o meno gli stessi temi dell’anno scorso. E degli anni prima.

Ieri si è parlato molto di Siria. Soltanto due giorni fa c’è stato l’annuncio di John Kerry al vertice dell’International Syria Support Group tenutosi anch’esso a Monaco alla vigilia della conferenza sulla sicurezza: la fine delle ostilità in Siria avverrà entro una settimana e gli aiuti umanitari potranno cominciare ad affluire. Questo annuncio è stato subito smentito dai ribelli siriani che hanno fatto sapere di non credere che la Russia cesserà le incursioni e che non intendono accettare la tregua.

Riguardo alla Siria, l’intervento che forse più di altri merita menzione è stato quello del ministro deglimonaco sicurezza 2 esteri dell’Arabia Saudita Adel Al-Jubeir. Egli ha affermato che non ci sarà pace fintanto che il presidente Bashar al-Assad resterà al suo posto: “un uomo che ha causato la morte di 300.000 persone, la fuga di 12 milioni di siriani, che ha distrutto il proprio paese non può avere un futuro in Siria. Quanto alla lotta ai militanti dell’ISIS il ministro saudita li ha definiti “psicopatici, guidati da uno psicopatico, individui che nulla a che fare hanno con la religione islamica”. E sulla possibilità di inviare truppe di terra in Siria, ha detto che se la coalizione militare internazionale guidata dagli Stati Uniti decide di usare le forze speciali, l’Arabia Saudita è disposta a partecipare.

Ma la dichiarazione più forte del ministro saudita è stata l’ammonimento lanciato al presidente russo Vladimir Putin relativamente alle conseguenze del suo sostegno al regime di Bashar al-Assad: “abbiamo detto ai russi che, intervenendo a fianco di Assad e dell’Iran, essi rischiano di diventare i combattenti di una guerra di religione. Questo è molto pericoloso”. In Russia vivrebbero ben 20 milioni di musulmani sunniti e il paese, secondo il ministro, non può combattere a fianco degli sciiti contro i sunniti.

Alla fine Al-Jubeir ha parlato della fermezza dei siriani. Nonostante le massicce incursioni aeree dei russi, nonostante i bombardamenti a tappeto, nonostante l’espulsione di cittadini sunniti dai territori alawiti, nonostante il terrorismo, “la determinazione dei siriani a liberarsi di Assad è rimasta intatta”.

Oggi e domani i lavori della conferenza andranno avanti. Si parlerà di cambiamenti climatici, sicurezza energetica, Africa e futuro della Nato.

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