Liceo di quattro anni: è questa la riforma Carrozza?

scuola_carrozza_europaR439_thumb400x275Le chiamavano riforme dell’istruzione. A posteriori, però, sarebbe più opportuno definirle “Riforme economiche riguardanti la scuola”: Moratti, Gelmini e ora -forse- Carrozza sono le tre donne che hanno fatto la storia dell’educazione italiana degli ultimi dieci anni. Una storia di tagli a infrastrutture, personale, monte ore.

Insomma, tutto quello che si poteva tagliare, è stato tagliato.

Il più esemplificativo caso di come le riforme della scuola siano state dettate dai ministri dell’Economia, è il celebre intervento di Maria Stella Gelmini alla trasmissione Ballarò il 19 aprile 2011: un allora anonimo Enrico Letta mostrò il documento -approvato dallo stesso MIUR e dal Ministero dell’Economia- che prevedeva futuri tagli per 13 miliardi in tre anni alla scuola. Cadendo dalle nuvole, Gelmini rispose: “Se fossero stati previsti dei tagli, il Ministro Tremonti me lo avrebbe detto”.

Oggi, forse con più consapevolezza della collega, Maria Chiara Carrozza dà il placet all’esperimento che prevede l’accorciamento del liceo da cinque a quattro anni. Tutto era cominciato alla fine di ottobre, con il via libera ad una sperimentazione di questo tipo in una scuola paritaria; dopo un mese, si passa anche alla scuola pubblica. Le due penne più veloci a commentare con autorevolezza quello che si camuffa da rinnovamento didattico sono state Gianna Fregonara e Orsola Riva sul Corriere della Sera.

Lanciatesi nell’entusiastico  titolo A scuola c’è un anno di troppo, elencano le ragioni per cui il quinto anno andrebbe abolito: si inizia con la “felicità dei ragazzi”, si passa attraverso la “boccata d’ossigeno per le casse dello Stato”, e si conclude con “in altri paesi europei è già così”. Una boccata d’ossigeno per le casse statali -se il liceo accorciato diventasse la regola- di circa un miliardo e mezzo di euro, ovverosia 40 mila cattedre in meno, alla faccia della disoccupazione.

Il dubbio che simili provvedimenti siano sati ispirati dal Ministro Saccomanni si fa più forte se si nota che nella sperimentazione non c’è stato alcun cambiamento struttale in direzione di un adeguamento didattico, ma il semplice troncamento di un anno. In pratica, nel caso del neonato Liceo Internazionale delle scienze applicate Carlo Anti di Verona, il passaggio da 4752 ore di lezione (in cinque anni) a 4125 con 200 di stage (in quattro anni); al Liceo Classico internazionale Flacco di Bari, invece, si manterranno le precedenti 4752 ore, che significano però sei al giorno per sei giorni alla settimana, più 233 ore tra laboratori e stage.

Al limite dello schiavismo: ritmi che soltanto un ministro dell’Economia particolarmente dissennato potrebbe ritenere adatti ad adolescenti.

Un’irragionevolezza che dimostrano anche le stesse Fregonara e Riva nel loro articolo, citando fonti che parlano di “mancanza di motivazione” di quei ragazzi che “vorrebbero andare all’estero e invece sono lì bloccati”: come se il taglio di un anno potesse indurre negli studenti maggiore motivazione, o non esistessero progetti per fare uno o più anni all’estero.

In conclusione: è indubbio che la scuola italiana (e in special modo l’ultimo anno) sia da rivoluzionare per potersi adattare alle esigenze dei ragazzi di oggi e permettere una continuità scuola-lavoro, ma gli iniqui provvedimenti che fino ad ora riguardano l’istruzione pubblica la stanno trasformando in un osso da spolpare per fare cassa.

Finché rimane qualcosa, almeno.

di Giovanni Succhielli

foto: ilsussidiario.net

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