Con la seconda domenica di Quaresima segniamo una nuova tappa di quest’itinerario penitenziale. Domenica scorsa ci siamo recati nel deserto delle tentazioni; oggi, invece, in compagnia di Gesù e dei suoi discepoli, saliamo su un alto monte, quello della Trasfigurazione. Questi due paesaggi naturalistici (il deserto e il monte) sono una chiara anticipazione del Mistero Pasquale di Gesù: le tentazioni del deserto, infatti, richiamano quelle della Passione ma soprattutto sono echi dell’ultima tentazione, quella che Gesù dovette far fronte sul patibolo della croce: “Se Tu sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce e noi ti crederemo” (Mt 27,40). Da questo momento in poi Satana abbandonerà la scena; la luce della trasfigurazione, invece, richiama la gloria della risurrezione e lo splendore del corpo glorioso di Gesù. Nei due luoghi menzionati, inoltre, Gesù si mostra a noi pienamente uomo (nel deserto) e veramente Figlio di Dio (sul Tabor): infatti, se dinanzi alla tentazione Gesù condivide con noi la debolezza della natura umana, sul monte Egli divinizza quest’umanità che, in tutto, è davvero uguale alla nostra. Le prime due domeniche di Quaresima rappresentano la strada del nostro cammino penitenziale, da intraprendere non solo in quaresima ma ogni giorno, soprattutto quando alcune vicende o situazioni della nostra vita cristiana si presentano ambigue. In queste circostanze il cristiano è chiamato ad attuare la “dinamica pasquale” e cioè, il passaggio dalla morte alla vita, da ciò che è male a ciò che è bene. L’intera esistenza umana, infatti, è costellata da numerosi bivi dinanzi ai quali, prima o poi, bisogna necessariamente scegliere; se scegliamo il bene, quindi, abbandonando il male, anche noi, come Gesù facciamo esperienza di resurrezione, celebriamo cioè, la nostra pasqua, il passaggio dalla morte alla vita e Gesù sul Tabor ci parla di resurrezione, lo fa con Mosè ed Elia. Nella tradizione biblica il monte è il luogo privilegiato per sperimentare la vicinanza con Dio; le cime dei monti, infatti, toccano il cielo che da sempre rappresenta la dimora di Dio. Il monte, quindi, diviene soprattutto spazio per “stare con Dio”. Nella vicenda della Trasfigurazione, icona alta del nostra pregare, il Figlio si immerge nella gloria del Padre e si unisce intimamente a Lui, entrambi si amano di amore eterno svelando ai discepoli la verità del loro essere, e cioè, la luce: Gesù-Dio è Luce da Luce. Considerando i sensi, la luce del sole è la più intensa in natura, ma, secondo lo spirito, i discepoli riuscirono a vedere uno splendore ancora più intenso, quello della gloria divina di Gesù che illumina tutta la storia della salvezza. La Trasfigurazione annuncia al credente che per risorgere bisogna morire e questa verità Gesù pedagogicamente la inculca ai discepoli perché costoro, una volta salito in croce, possano sopportare la delusione di un Messia impotente. Per giungere nel Regno di Dio, infatti, è necessario affrontare prima la tribolazione, ma ciò non basta. La voce di Dio che risuona dall’alto definisce Gesù “Figlio prediletto”, proprio come era già accaduto nella vicenda del Battesimo al Giordano; ma la voce aggiunge: “Ascoltatelo” (Mt 17, 5). Per entrare nella vita eterna, quindi, bisogna “ascoltare” la parola del Maestro, seguirLo sulla strada della croce portando nel cuore, come ha fatto Lui, la gioia e la certezza del giorno della risurrezione. Con il Battesimo di Gesù venne prefigurato il nostro battesimo, con la Trasfigurazione il credente contempla “il già e il non ancora” della sua resurrezione; Cristo, infatti, quando verrà nella gloria, “trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,21). La gloria della trasfigurazione si unisce alle altre teofanie trinitarie (manifestazioni di Dio) che costellano tutta la Sacra Scrittura, da Adamo fino a Gesù; infatti, il Padre si manifesta nella voce, il Figlio nella persona umana di Gesù e lo Spirito nella nube luminosa. Sarebbe davvero un’esperienza indimenticabile se durante la preghiera anche noi potessimo esclamare come Pietro: “Signore, è bello per noi stare qui!” (Mt 17,4), come a dire: “Come è bello stare davanti a Te, o Signore, e come è salutare conoscerti!” Questo “stare con Dio” si realizza soprattutto nel silenzio della preghiera, dimensione importante della nostra vita di fede, da privilegiare, soprattutto, in questo tempo di Quaresima. Il credente, attraverso la preghiera sa di essere condotto come gli apostoli “in disparte, su un alto monte” (Mt 17,1), per accogliere nuovamente, come a Natale, Gesù, il “Figlio amato”. Il silenzio della preghiera si fa invito a fuggire il rumore della quotidianità ed offre, quindi, l’opportunità di immergersi in Dio che, ogni giorno, con la sua Parola, offre la possibilità di discernere ciò che è bene da ciò che è male. Egli, con amore di Padre, desidera rafforzare la nostra volontà supina e fiacca a seguirLo sempre sulla strada della santità, proprio come ha fatto Abramo (Gn 12, 1-4) che, chiamato da Dio ad uscire dalla propria terra, si è recato fiduciosamente in una regione totalmente sconosciuta. Abramo, senza esitare, parte per mettersi alla ricerca della verità, quella che solo Dio può donare all’uomo; parte perchè sa bene che “Dio gli è a fianco”. Sin dalla creazione, questa verità di Dio e su Dio, autentica e percepibile naturalmente, ha la sua dimora nell’intimo dell’uomo. Dio, carissimi, è con noi, come lo è stato in Maria. Rivolgiamoci a Lei, trasfigurata interiormente dalla grazia di Cristo, per poter percorrere fedelmente e con la sua luce quest’itinerario quaresimale.
Fra Frisina
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