Le unioni civili: occorre chiarezza sul loro reale significato giuridico e sociale

unioni_civili_0Quando si parla di unione civile, si scatenano furiose polemiche associando questa forma giuridica al matrimonio tra soggetti dello stesso sesso. Nulla di tutto questo. 

Il matrimonio riconosciuto dal nostro ordinamento i cui requisiti, sono: la diversità di sesso dei coniugi e la volontà di entrambi di sposarsi, quindi l’unione civile non è assolutamente paragonabile al matrimonio.

Quindi in questo contesto le “unioni civili” sono tutta un’altra cosa.

Per “unioni civili” si intendono quelle forme di convivenza, riconosciute dall’ordinamento giuridico, fra due persone, legate da vincoli affettivi ed economici non vincolate dal matrimonio od impossibilitate a contrarlo.

Quelle che vengono definite coppie di fatto. E’ in questo contesto di convivenza che possono rientrare anche le coppie omosessuali.

Si parla di coppie di fatto perché esse non sono riconosciute in senso stretto dall’ordinamento e non hanno una normativa omogenea ed unitaria ma nonostante la frammentarietà della loro disciplina godono, tuttavia, di diritti e doveri (es. mantenimento dei figli, possibilità di coabitazione ecc).

Per esempio, una differenza fondamentale tra matrimonio e coppia di fatto attiene al diritto di successione: se uno dei coniugi muore, l’altro è erede legittimo, mentre tra i conviventi non esiste alcun diritto all’eredità (a meno che il defunto non abbia disposto dei suoi beni con testamento).

Al fine di dare riconoscimento giuridico alle coppie di fatto, sono state presentate nel corso degli anni numerose proposte di legge.

La prima risale al 1986 quando si iniziò a discutere in Parlamento le problematiche relativa alle unioni civili e vennero proposti i primi disegni di legge.

Nel 2000, stante la pressione continua del Parlamento europeo per la non discriminazione delle coppie gay, si inizia a parlare in Italia di PACS (sul modello francese del Patto civile di solidarietà): un disegno di legge del 2007 avrebbe formalizzato il riconoscimento delle unioni civili sotto il nome di DICO ma, con la caduta del governo dell’epoca, questo lungo percorso è stato interrotto.

In Francia il Patto Civile di Solidarietà, abbreviato in “PACS” che consiste in un contratto tra due persone maggiorenni dello stesso sesso o di sesso diverso, al fine di organizzare la loro vita in comune.

Il PACS offre ampia tutela alla convivenza (diritti di rilevanza pubblicistica, regola il rapporto di locazione, contempla misure fiscali e altro). In particolare, il PACS è un contratto, concluso con una dichiarazione congiunta scritta alla cancelleria del Tribunale nella giurisdizione di residenza che verrà trascritto un registro tenuto presso la cancelleria.

Il PACS comporta una serie di obblighi per i partner, quali: impegno a condurre una vita in comune, aiuto reciproco materiale, responsabilità comune per i debiti contratti dalla firma del PACS.

Recentemente ai provvedimenti di Sindaci che prescrivono agli ufficiali di stato civile di provvedere alla trascrizione di matrimoni celebrati all’estero tra persone dello stesso sesso, Il Ministero dell’Interno con una circolare (n. 0010863 del 7 ottobre 2014) rivolge ai Sindaci invito formale al ritiro ed alla cancellazione della trascrizione nei registri dello stato civile di tali matrimoni, “ in quanto la disciplina dell’eventuale equiparazione di matrimoni omosessuali a quelli celebrati tra persone di sesso diverso e la conseguente trascrizione di tali unioni nei registri dello stato civile rientrano nella competenza esclusiva del Legislatore.

Sostanzialmente il Ministero dell’Interno conferma che in assenza di una legislazione specifica che confermi la possibilità di contrarre matrimonio tra persone dello stesso sesso, al momento queste non possono essere trascritte e considerate come vere e propri atti matrimoniali.

Si accetta quindi il semplice concetto di “unione civile” che poi alla fine supera il problema dell’identità sessuale della eventuale coppia, e quindi del contratto matrimoniale, per stabilire un contratto tra maggiorenni titolari di diritti.

Infatti nell’ambito della libertà contrattuale dei singolo soggetti, e nei limiti posti dalla legge, le coppie di fatto possono regolare gli apporti dei singoli conviventi alle esigenze della vita comune ed eventualmente quelli successivi alla cessazione della convivenza tramite appositi accordi, detti comunemente patti o contratti di convivenza, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata.

Per fare alcuni esempi, i conviventi possono stabilire le regole che riguardano l’abitazione comune, le spese (tra l’altro, nulla vieta ad una coppia di fatto di aprire un conto corrente cointestato), la disciplina dei beni acquistati durante la convivenza.

I conviventi possono anche regolare la cessazione della convivenza e prevedere che uno di essi debba versare all’altro una certa somma, o prevedere a favore di un solo convivente il diritto di abitazione sull’immobile precedentemente utilizzato dalla coppia (la coppia di fatto può anche acquistare un immobile in comproprietà, ricorrendo anche ad un mutuo cointestato).

Va ancora ricordato che è possibile nominare il convivente come “amministratore di sostegno”  mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, in previsione di una propria eventuale futura incapacità di intendere e di volere.

Il Consiglio Nazionale del Notariato che ha predisposto appositi “contratti di convivenza” (che possono essere sottoscritti a partire dal 2 dicembre 2013 presso tutti gli studi notarili) con i quali sono regolati gli aspetti patrimoniali relativi alla convivenza nelle famiglie di fatto, anche in caso di cessazione del rapporto (ad es. l’abitazione, il mantenimento in caso di bisogno, la proprietà dei beni, il testamento con clausole a favore del convivente ecc.).

L’efficacia di simili accordi è, in ogni caso, limitata ai soli aspetti economici, essendo quelli relativi alla posizione personale dei conviventi, ed eventualmente dei loro figli, indisponibili (nel senso che non possono essere oggetto di accordi).

A livello legislativo europeo pur nelle differenze tra i vari ordinamenti si punta ad avere una legislazione comune che consideri le unioni civili, o coppie di fatto, come unione registrata, chiamata anche partnership o coabitazione registrata, che garantisce specifici diritti e doveri anche alle coppie dello stesso sesso oltre che alle convivenze formate da uomo e donna.

L’Unione Europea ha più volte espresso la sua apertura verso il riconoscimento della parità di diritti a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro origine, condizione sociale, dal loro credo religioso e orientamento sessuale sollecitando gli stati membri ad aderire a tale orientamento a favore delle coppie di fatto, eterosessuali od omosessuali.

Insomma un problema complesso quello delle unioni civili, soprattutto perchè si tende ad inquadrarlo nella accettazione o meno del matrimonio tra persone dello stesso sesso, scatenando polemiche inutili e dannose.

Le unioni civili rimangono degli accordi tra persone che decidono di vivere la loro vita insieme e chiedono garanzie per gli effetti civili di questa loro scelta.

Nulla a vedere con le polemiche sull’identità di genere. Punto e basta.

di Gianfranco Marullo  

foto: siracusanews.it

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