La protesi che si muove con il pensiero

imageSono stati i ricercatori della facoltà di medicina dell’università di Pittsburg a realizzare il sogno di Jan Scheuerman.

Dopo 13 anni passati sulla sedia che le consente di muoversi da quando è stata affetta da degenerazione spinocerebellare rimanendo paralizzata dal collo in giù, Jean è stata in grado di mangiare da sola portandosi alla bocca il cibo.

L’impresa è stata possibile grazie al nuovo braccio robotico comandato da due sensori di 4 millimetri per 4 impiantati nella corteccia cerebrale della donna. Gli aghi posti sui sensori captano l’attività elettrica delle cellule cerebrali traducendo gli impulsi in comandi per il braccio elettronico capace di piegare il gomito e muovere il polso.

È il movimento più fluido che si sia mai ottenuto nel campo delle protesi, ed è la prima volta che si riesce a creare un software che non sia concentrato sul movimento stesso, ma sul suo scopo, replicando in modo fedele i movimenti delle persone sane: per il malato non occorre pensare che deve allungare il braccio di un tot, stringere le dita, ruotare il polso, ma solo che vuole prendere la tavoletta di cioccolato.

Gli scienziati cercano ora di risolvere il problema dei sensori che essendo abbastanza spessi potrebbero essere circondati con il tempo da tessuto cicatriziale che ne altererebbe la trasmissione di segnali, si punta inoltre a rendere il braccio “sensibile” in modo da restituire il senso del tatto.

di Redazione

foto: ctvnews.ca

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