La parabola di Tolstoj: Martin, il Natale e la felicità

tolstoj natale

Il Natale è la festività che più delle altre tocca la fantasia. Quella dei bambini che con gli occhi dell’immaginazione cercano di penetrare la carta lucida dei pacchi sotto l’albero. Quella degli adulti che hanno ancora voglia di sognare e che sotto lo stesso albero sperano di trovare le chiavi per un futuro migliore. Quella dei tanti autori che intorno al messaggio del Natale hanno creato storie meravigliose, piene di speranza e di magia. È così che nascono capolavori senza tempo come Un canto di Natale di Dickens, Soldatino di Piombo e La piccola fiammiferaia di Andersen, Sogno di Natale di Pirandello, Il dono di Natale di Grazia Deledda… Ed è così che nasce anche Il Natale di Martin di Lev Tolstoj: una bellissima parabola sulla ricerca e sul valore autentico della felicità. 

La disperazione di Martin e il Vangelo della speranza

L’andamento è quello della commedia: si parte da una situazione di miseria e infelicità per concludere all’insegna della gioia e del conforto. Il protagonista del racconto di Tolstoj è il ciabattino Martin Avdeic. Egli è «disperato al punto da rimproverare Dio» perché ha perso moglie e figli ed è rimasto solo. All’inizio del racconto lo troviamo a riparare calzature nel suo seminterrato, con la finestra che dà sulla strada, da cui può vedere solo piedi e nessun volto. È una sorta di uomo del sottosuolo — per dirlo alla Dostoevskij — che non riesce a riemergere dalle gallerie buie della propria infelicità. È per questo che quando il vegliardo del suo villaggio d’origine va a trovarlo, Martin gli confessa: «Non ho più desiderio di vivere. […] Non ho più speranza».

Il vegliardo gli risponde: «La tua disperazione è dovuta al fatto che vuoi vivere solo per la tua felicità. Leggi il Vangelo e saprai come il Signore vorrebbe che tu vivessi». Il ciabattino allora compra una Bibbia: «una volta cominciata la lettura, se ne sentì talmente rincuorato che la lesse ogni giorno». Martin è un animo buono, già predisposto a accogliere in sé le istruzioni per uscire dal sottosuolo e tornare alla luce. Più che di cambiare — come accade per esempio all’Ebenezer Scrooge di Dickens — ha bisogno di ritrovarsi, di riscoprire la vita fuori dalle quattro mura del suo seminterrato ormai deserto. E soprattutto, ha voglia di farlo perché forse in fondo non ha mai smesso di essere affamato di vita.

Martin e la mano tesa della Provvidenza

Una sera Martin legge il brano del Vangelo di Luca che narra di quando «un ricco fariseo invitò il Signore in casa sua. Una donna, che pure era una peccatrice, venne a ungere i piedi del Signore e a lavarli con le sue lacrime. Il Signore disse al fariseo: Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e non mi hai dato acqua per i piedi. Questa invece con le lacrime ha lavato i miei piedi e con i suoi capelli li ha asciugati». A questo punto Martin si domanda come si comporterebbe lui se il Signore venisse a trovarlo. A un tratto una voce gli dice: «Martin! Guarda fuori in strada domani, perché io verrò». Da questo momento Il Natale di Martin diventa molto simile alla famosa storia della Provvidenza e le tre barche, ma con una differenza sostanziale. 

In entrambe le storie Dio si presenta per ben tre volte sotto mentite spoglie, non in modo manifesto come i rispettivi protagonisti si aspetterebbero. E, sempre in entrambi i casi, non viene riconosciuto. Ma mentre il ministro del culto della storia popolare ignora le tre barche inviategli da Dio e finisce per annegare, Martin Avdeic offre comunque il suo aiuto ai bisognosi che compaiono davanti alla sua finestra. Accogliendo e aiutando le tre manifestazioni della Provvidenza salva anche se stesso, perché nel bene compiuto ritrova il senso della vita, la sua rinascita e la sua felicità. 

Foto di Thomas Wolter da Pixabay

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.