Il sound internazionale di Alan Sorrenti e il suo “Figli delle Stelle”

il sound

Dopo aver esordito come uno dei principali esponenti del rock progressive italiano nei primi anni ‘70 e dopo un album di transizione di impronta soul-fusion intitolato “Sienteme / It’s Time To Land”, inciso nel 1976 in California, il cantante napoletano/gallese Alan Sorrenti dava una svolta alla sua musica pubblicando nel 1977 il disco “Figli delle Stelle”.

Il lavoro, frutto della sua esperienza californiana, si avvaleva di ottimi musicisti come il chitarrista Jay Graydon (già con Al Jarreau, George Benson e Manhattan Transfer, tra gli altri), il bassista David Hungate (che da lì a poco avrebbe formato i Toto) e il pianista David Foster, che diventerà col tempo uno dei produttori più rinomati e affiancherà artisti del calibro di Madonna, Celine Dion, Bee Gees, Andrea Bocelli, tra gli altri. Ed infatti quest’album risente delle influenze funky-soul e del sound West Coast, frutto anche dell’incisione avvenuta tra California e Italia, al Castello di Carimate per la precisione.

Ci troviamo di fronte a un disco che stupisce per la maestria dei suoi arrangiamenti e per la ricerca del groove, basti pensare alla title-track, con quel piano iniziale vagamente jazzato, quel riff killer di chitarra elettrica che cattura al primo colpo (opera di Jay Graydon) e un testo che mescola sensualità e spiritualità.

Ottime anche “Donna Luna”, perfetto esempio di soul dagli accenti West Coast e la rilettura funky del classico della canzone napoletana “Passione (Libero Bovio/Ernesto Tagliaferri/Nicola Valente), che qui assume una veste insolita e convincente. C’è anche spazio per due ballate, “E Tu Mi Porti Via” e “C’è Sempre Musica Nell’Aria”, più soul la prima e più attinente alla tradizione melodica italiana la seconda, oltre che per brillanti pezzi come “Un Incontro In Ascensore”, con un testo che sembra un film in musica, e la finale “Tu Sei Un’Aquila E Vai”, dall’incedere disco-funky che impedisce di stare fermi durante l’ascolto.

All’epoca di quest’album i sostenitori dell’Alan Sorrenti prog storsero il naso, vedendo quest’opera come una sua commercializzazione, un tradimento rispetto ai primi lavori. Ma il tempo diede ragione al musicista napoletano/gallese, in quanto allora era appunto quel sound soul-funky e californiano a rendere fresco e vitale questo disco, oltre al fatto che  tuttora viene preso d’esempio da artisti della scena napoletana contemporanea, quella influenzata dal groove e che annovera artisti come i Nu Genea, Tropico, Pellegrino & Zodiaco. Segno che le sonorità di allora col tempo si sono dimostrate attuali, perchè gli anni ‘70 riescono sempre a fare breccia nelle orecchie di tutti, giovani ascoltatori compresi.

Anche a livello di vendite si rivelerà un disco fortunato, vendendo, in quel periodo, un milione di copie in Italia e facendo il suo ingresso nella classifica italiana all’ottavo posto (tra gli altri dischi italiani presenti nella classifica di allora anche “Io Tu Noi Tutti” di Lucio Battisti).

La sua ristampa celebrativa per i 40 anni di pubblicazione, avvenuta nel 2017, dimostra come ancora oggi “Figli delle Stelle” sia un lavoro che porta alla grande i suoi anni, forte anche dei suoi arrangiamenti sofisticati e allo stesso tempo a presa rapida, oltre a essere una fotografia dell’Italia di quel decennio, desiderosa di cambiamento e di uscire dagli anni di piombo.

E la musica, alla fine, è sempre il miglior modo di cambiare le carte in tavola e aiutare a sperare nella positività.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

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