Ognuno di noi porta la sua croce. Ma cosa significa esattamente. Qual è il mistero della croce, un tema che tocca profondamente l’esistenza umana e come possiamo leggerlo con una chiave di lettura diversa?
La croce: un simbolo carico di significato
La croce è un simbolo carico di significato, che spesso associamo alla sofferenza e al dolore. Tuttavia, la croce è molto più di questo: è il momento in cui ci troviamo di fronte a una realtà ineludibile, siamo inchiodati in una situazione dalla quale non possiamo più scappare.
L’esperienza della croce ci obbliga a confrontarci con i nostri limiti e con la nostra finitezza. Significa accettare di non essere onnipotenti, di avere dei limiti e di dover fare i conti con la nostra stessa vulnerabilità e mortalità. Questa consapevolezza può essere difficile da accettare, poiché desideriamo spesso vivere al di sopra dei nostri limiti, sfidando la nostra stessa natura.
Invece la croce ci inchioda nel qui ed ora, ci costringe a mettere i piedi per terra e ad affrontare la realtà così com’è.
Questa esperienza può portare a un profondo cambiamento interiore o, al contrario, alla distruzione definitiva. Non possiamo più fingere di nulla, né fuggire dalla realtà.
Che fare?
In questo contesto, è fondamentale riscoprire e interiorizzare gli insegnamenti del Vangelo e o del Buddha. Gesù, ad esempio, ha trascorso la sua vita pubblica invitandoci a comprendere che il Regno di Dio non è un’entità distante nel tempo o nello spazio, ma è qui, ora, tra noi.
Stessa cosa dice Buddha, riferendosi all’impermanenza.
Dunque, per vivere in armonia con noi stessi, dovremmo pensare all’oggi e non al domani o a un futuro indefinito. Dovremmo vivere pienamente il presente, prendendo sul serio ogni istante della nostra esistenza.
Facile a dirsi…
Ovviamente l’esperienza della croce non è sempre facile da digerire. Spesso ci troviamo di fronte a situazioni che possono sembrare delle “disgrazie”.
In questi momenti, tendiamo a essere impauriti, a rifiutare la crudezza della vita e a cercare rifugio nei nostri sogni e fantasie. Preferiamo immaginare un mondo perfetto piuttosto che confrontarci con la dura verità della nostra esistenza.
Ma la croce ci insegna che è proprio attraverso l’accettazione della nostra condizione di creature finite che possiamo trovare il senso pieno della vita.
Cosa che non significa necessariamente essere eroici: accettarla non è un atto di forza, ma di amore. Non significa solo vivere passivamente le proprie sofferenze. Significa anche trovare il coraggio di prendere responsabilità della propria vita e affrontare le sfide con determinazione. Soprattutto occorre cambiare la narrazione dei fatti.
Se prendiamo ad esempio la vita del Cristo, attraverso appunto la sua vita e la sua morte sulla croce, ha mostrato al mondo che anche la più grande disgrazia può essere trasformata in un’opportunità di redenzione e rinascita.
Di conseguenza, anche se è più facile a dire che a fare, la croce non è il punto finale della storia, ma l’inizio di una nuova era di speranza e salvezza. Come cambiare allora la narrazione?
La conversione di Francesco d’Assisi è un esempio emblematico di questo processo. Francesco, attraverso le sue esperienze di crisi, carcerazione e dissidi familiari, giunge a una nuova consapevolezza della realtà. Ciò che cambia non è solo il contesto esterno, ma la sua percezione e interpretazione del mondo.
Foto di Pete Linforth da Pixabay
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