Il coraggio delle prese di posizione

Far capire a chi delinque che non rispettando le regole comuni si viene puniti non è razzismo ma buon senso

In un inizio di millennio dove siamo abituati a sentire di tutto, dagli omicidi di bambini agli uxoricidi, dalle violenze sulle donne ai litigi in ospedale, dagli incendi sulle persone emarginate a quelli sui cani, ahinoi, non ci stupisce più nulla, figurarsi se può sorprenderci il presidente di un paese europeo come la Francia che minaccia di “cacciare” dal proprio territorio persone di etnia Rom o il premier di un altro paese, l’Italia, che condivide la sua scelta.

Ormai siamo talmente abituati al sangue, alla morte in tv, alla violenza gratuita che le espressioni di “violenza verbale” non ci sfiorano nemmeno. Per non dimenticare, il nostro è un paese dove l’11 gennaio del 1996 dopo 779 giorni di prigionia un bambino, Giuseppe Di Matteo, venne sciolto nell’acido. Dopo 8 anni Enzo Brusca, l’autore di questo efferato omicidio, uscì dal carcere perché secondo i giudici fu fatto ciò che la legge sui collaboratori di giustizia allora prevedeva. In Italia i delitti a volte vengono puniti ma molto spesso rimangono senza un colpevole ( vedi Simonetta Cesaroni, Chiara Poggi, la contessa Alberica Filo della Torre), donne morte e assassini in libertà. La cattura dei colpevoli se non a riportare alla vita la vittima quantomeno serve a darle giustizia portando, forse, serenità ai familiari, quelli ancora vivi.

Tuttavia ritornando all’attualità e non condividendo pienamente l’allontanamento dei Rom da un paese perché non si può generalizzare, ci sono Rom onesti e Rom disonesti, sono assolutamente convinto che se ogni situazione, anche la più apparentemente stupida, viene vista come un sopruso alla persona e mancanza di rispetto della dignità della stessa non si va da nessuna parte.

I difensori  dei criminali a prescindere, quelli che “poverino ma è malato”  “poverino era drogato” dovrebbero capire che se troviamo attenuanti ogni volta che si prende posizione su una giusta causa le conseguenze sono quelle che evidentemente oggi sfuggono anche a Sarkozy e Berlusconi, non riuscire più a distinguere il buono dal cattivo.

Quindi con le dovute proporzioni, assolutamente senza nesso tra le due situazioni, perché nel caso dei Rom non si parla sempre di delinquenti ma a volte di gente che lavora, e ovviamente fatto salvo il rispetto dei diritti umani di ognuno, è legittimo stringere la morsa sulla criminalità e, in particolar modo nel caso dei Rom, sull’istruzione e sul lavoro, che sono la base per una vita in regola.

Perché se è giusto non generalizzare è altrettanto inaccettabile che alcuni di questi, che spesso si dichiarano onesti, girino con auto di lusso, vivano dentro roulotte da decine di migliaia di euro, non mandino i figli a scuola e non lavorino. Come si mantengono? Chi da loro denaro? E perché non mandano i figli a scuola se è obbligatoria? Come si può immaginare un miglioramento della società e della stessa comunità nomade, che poi nomade a volte non è perché spesso si tratta di gruppi stanziali, se non si rispettano le regole comuni?

Troppo facile dire che vanno tutelati, integrati e sostenuti se con il loro comportamento essi dimostrano di volere il contrario. E soprattutto vorrei sentire cosa direbbe chi oggi si fa paladino di queste persone, strumentalizzando il loro disagio allo stato puro, se sotto casa sua avesse un campo Rom. E poi, ad un fratello o ad un figlio che non lavorasse, non studiasse e che vagabondasse quotidianamente, cosa direbbero questi buoni samaritani?

Far capire a chi delinque che a non rispettare le leggi imposte dallo stato in cui si vive si commette reato, tutti e non solo loro, e la conseguenza è venire allontanati, puniti o arrestati, non è razzismo ma buon senso che aiuterebbe loro e le generazioni future, le quali si troverebbero integrate nella società con figli a scuola, donne rispettate e uomini a lavoro. Aiutiamo i Rom ad integrarsi, quelli onesti che dimostrano di volerlo, e cacciamo i delinquenti, tutti; Rom e non.

Enzo Di Stasio

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