Guccini all’estremo limite

Ci sono molte cose che i nostri genitori ci regalano, non a Natale, o per il compleanno, ma le cose che ci portiamo dietro: per alcuni è una ricetta particolare, per altri l’odore del sigaro, per altri ancora il rumore di un giornale sfogliato dopo il pranzo della domenica. Per molti della mia generazione il dono è stato Francesco Guccini.

Se siete mai stati ad un suo concerto avrete potuto ammirare il miracolo: padri e figli insieme ad urlare le sue canzoni, tutti rigorosamente seduti fino al termine come Guccini chiede, fino alla “Locomotiva” che accende le luci e da decenni chiude i suoi concerti. Guccini è stato l’unico cantautore ad unire in modo così viscerale due generazioni, quasi tre, così distanti tra di loro.

C’è stato un tempo in cui i padri restavano fuori dalle scuole, in Europa tirava vento di protesta, e loro cantavano sulle loro chitarre che Dio è morto, raccontavano La Locomotiva, gridavano L’Avvelenata. Poi i tempi sono cambiati, quei padri hanno trovato un lavoro, avuto dei figli, ed a loro hanno insegnato non più ad essere “avvelenati”, ma a dire Addio: “al mondo inventato del villaggio globale, alle diete per mantenersi in forma smagliante a chi parla sempre di un futuro trionfale e ad ogni impresa di questo secolo trionfante, alle magie di moda delle religioni orientali che da noi nascondono soltanto vuoti di pensiero, ai personaggi cicaleggianti dei talk-show che squittiscono ad ogni ora un nuovo “vero” alle futilità pettegole sui calciatori miliardari, alle loro modelle senza umanità alle sempiterne belle in gara sui calendari, a chi dimentica o ignora l’umiltà…”.

Con gli anni non è passata la rabbia e l’indignazione, non è venuta meno la protesta, ma ha assunto nuove forme: più riflessive, più intime e proprio per questo più universali. È in questo modo che tanti figli si sono trovati a dialogare con i propri cari, seguendo il filo di una produzione musicale che pur non rifuggendo dai temi di attualità (si pensi di recente a Una canzone dedicata a Carlo Giuliani) non ha mai voluto essere politica “Però non ho mai detto che a canzoni si fan rivoluzioni, si possa far poesia”.

Guccini parla della vita, di noi, racconta storie, scruta dentro, parla anche di amore eppure è diverso da tutto il resto. C’è nei suoi testi quello sguardo disincantato, quasi metafisico, da cui può nascere solo una Canzone quasi d’amore: “Fingo d’aver capito che vivere e’ incontrarsi, aver sonno, appetito, far dei figli, mangiare,bere, leggere, amare… grattarsi”. C’è tutta la poesia del linguaggio, dialettale e non, con cui sa dipingere il mondo: “appassiscono piano le rose, spuntano a grappi i frutti del melo, le nuvole in alto van silenziose negli strappi cobalto del cielo”. Ci sono rimandi colti, riferimenti che l’ascoltatore si diverte a scoprire “tu, ipocrita uditore, mio simile…mio amico…”. C’è tutto questo e molto altro in più di quarant’anni di produzione. Per questo è stato paragonato a Bob Dylan, avvicinato alla poetica di Leopardi, introdotto nelle antologie scolastiche.

Eppure adesso è stanco. Ha detto addio al palcoscenico, anche se forse non al fiaschetto di vino che da sempre lo accompagna lassù, ed ha comunicato di essere a lavoro su quello che probabilmente sarà il suo ultimo disco. La quarta generazione dovrà vivere dei nostri ricordi.

Deve essere d’altronde davvero molto stanco se l’ultimo uomo a non possedere un telefono portatile si è convinto a lasciarci seguire la sua ultima fatica via YouTube. Dal canale Guccini in questi giorni è infatti possibile seguire il diario della lavorazione dell’ultimo album direttamente dal mulino appartenuto ai suoi nonni trasformato per l’occasione in studio di registrazione.

Il titolo non smentisce le intenzioni del cantautore, l’ultima Thule è per Virgilio l’ultima terra conoscibile, l’estremo limite, poiché le reali coordinate dell’isola di Thule non furono mai trovate. In tutte le ultime interviste Guccini ci ha scherzato spesso su definendolo come l’album più triste che abbia mai scritto: “Non ho mai scritto canzoni allegre, ma questa volta ce l’ho messa tutta”, in una intervista al festival della filosofia di Carpi proponeva anche: “Il disco sarà venduto con un gadget, un cornetto rosso, perché porta una sfiga bestiale”.

L’album, in uscita il 27 novembre, sarà composto da otto brani inediti, sulla copertina un veliero tra i ghiacci polari fotografato da Luca Bracali. Dal 9 novembre su iTunes è disponibile il nuovo singolo L’ultima volta, ascoltabile anche su YouTube. Se in Culodritto la figlia era una bambina che si affacciava sul mondo con due occhi spalancati “come carte assorbenti” e in E un giorno diventava adulta “sentirai che tuo padre ti è uguale”, adesso il tema è quello delle ultime volte prima dell’addio “sarà quando quell’ultima volta, che la vedi e la senti parlare, quando il giorno dell’ultima volta che vedrai il sole nell’albeggiare, e la pioggia ed il vento soffiare, ed il ritmo del tuo respirare che pian piano si ferma e scompare”.

Quando un libro è ben scritto, ha il potere di parlarti con parole nuove ogni volta che lo leggi. Accade lo stesso con le canzoni. Se questo è l’ultimo disco perciò di sicuro non è “l’ultima volta”. Nei commenti al singolo un fan scrive: “La canzone è stupenda, nulla da aggiungere, ma dai la fine è ancora lontana mannaggia a te”.

di Claudia Durantini

foto: soundsblog.it

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.