Giustizia e verità

giustizia

Nel tempo dell’inganno universale dire la verità per alcuni politici è un atto rivoluzionario come per un cittadino arrivare ad averla quando, vittima di ingiustizie, questa appare come una chimera. L’Italia è il paese degli intrighi; difficilmente si arriva alla conclusione di una vicenda con chiarezza e, purtroppo, anche sperare nella verità assoluta è praticamente utopistico. Pagine oscure di storia italiana degli ultimi decenni ce lo insegnano. Tanto per citarne alcune, note e senza ancora un minimo di chiarezza, ricordiamo i casi irrisolti di Manuela Orlandi, la giovane cittadina vaticana sparita nel nulla più di 25 anni fa, di Simonetta Cesaroni, uccisa nell’ufficio dove lavorava il 7 agosto del 1990 e poi la strage di Ustica, ritornata d’attualità in questi giorni per il 31 anniversario, dove morirono 81 persone che erano a bordo di un aereo Itavia, che si squarciò in volo e precipitò al largo dell’isola a nord di Palermo. Storie di tragedie che nelle aule giudiziarie e nei telegiornali sembrano apparire come se si trattasse di ricostruzioni dei gialli di Agata Christie: oscuri e intricati. Adatti però più alle trasmissioni di Bruno Vespa che ad una realtà di cronaca giudiziaria. Un conduttore, quest’ultimo, sempre pronto ad approfittare delle ultime notizie di cronaca per aumentare, con le sue ricostruzioni, le percentuali di ascolto e rendere ancor più complesse e articolate le storie. Trascurando però che queste sono basate su fatti purtroppo veri, privi di finzioni e plastici ma ricchi di mala giustizia ormai radicata nel nostro paese. Il punto è che quello che legittimamente si vede nelle aule giudiziarie spesso si rispecchia nelle aule parlamentari dove, con questa metodologia tutta italiana, accade che una legge votata, approvata e divulgata, a prescindere dalla maggioranza parlamentare che la proclama, si trova sempre davanti allo sbarramento di una parte avversa che, a prescindere dai contenuti, non la condivide e sostiene la tesi opposta, anche se a volte si tratta di leggi giuste e che tutelano oggettivamente gli interessi del cittadino e potrebbero aiutare a far luce su molti misteri italiani. Ma se questo metodo ipocrita può essere comprensibile, anche se non logico, per una causa giudiziaria dove l’imputato, accusato di omicidio, cerca di provare, attraverso il proprio avvocato, a difendersi in tutti modi possibili, non può esserlo quando si parla di leggi votate da un parlamento eletto democraticamente da quei cittadini che vorrebbero solo venissero soddisfatti i loro interessi, e non quelli dei propri presunti rappresentanti. Tra l’altro, parlamentari eletti da qualche tempo senza titolo, nominati dalle segreterie dei partiti e non dal voto dei cittadini comuni. Cosa dire? Siamo stanchi di non avere chiarezza, vogliamo la verità e la condivisione di leggi che tutelano tutti i cittadini. Basta con le opposte fazioni assuefatte alle ritorsioni. Se una legge è favorevole al popolo, che la proclami un governo di destra o uno di sinistra non deve fare differenza, il fine comune deve prevalere. Perché se in passato siamo arrivati al punto che anche davanti ad un omicidio ci si schiera da una parte o dall’altra, vedi il caso Marrazzo, non si riuscirà mai ad avere giustizia e verità. Le vittime di ingiustizie, dopo anni di indagini e sviluppi con questi criteri, arrivano alla conclusione dei processi sfinite e senza certezze. E in alcuni casi, per chi non arriva a vedere il termine dei tre gradi di giudizio, rimane solo la speranza nella giustizia Divina. Questo però non può chiamarsi un paese civile.

Enzo Di Stasio

Foto: consulentigiustizia.it

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