Fiom si mobilita per la Electrolux e Zanonato rassicura i lavoratori

NEWS_106927Le “Tute blu “della svedese Electrolux sono in stato di agitazione per la proposta  avanzata dalla multinazionale ai suoi lavoratori.  In una nota si legge, infatti, che l’azienda esige “una riduzione di 3 euro l’ora. In termini di salario netto questo equivale a circa l’8% di riduzione, ovvero a meno 130 euro mese” (a fronte del rischio chiusura dello stabilimento di Porcia, a Pordenone). 

Il comunicato prosegue in toni ancora più asciutti: “Nel corso dell’incontro lunedì a Mestre è stata avanzata anche l’ipotesi di raffreddare l’effetto inflattivo del costo del lavoro, responsabile del continuo accrescere del gap competitivo con i Paesi dell’Est Europa, attraverso il congelamento per un triennio degli incrementi del contratto collettivo nazionale del lavoro e degli scatti di anzianità. Ovviamente l’azienda ha dato piena e ovvia apertura a considerare altre forme di riduzione del costo del lavoro con minori o, se possibile, nulle conseguenze sui salari”.

Infine, “il regime di 6 ore assunto come base per tutti i piani industriali è da considerarsi con applicazione della solidarietà, come da accordi scritti e dei quali si auspica il prossimo rinnovo”. Sono bastate queste parole al Ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato, per rassicurare gli animi circa il rischio nullo di chiudere lo stabilimento di Porcia, peccato che i vertici, nel precisare che gli operai polacchi della fabbrica di Olawa in Bassa Slesia, percepiscono circa € 540 al mese, hanno intimato ai dipendenti italiani “Fatevi slavi”, parola quest’ultima la cui radice equivale a “schiavo”.

Ad analizzare più lucidamente la situazione ci ha pensato invece lo storico delegato Fiom, Augustin Breda, che, di fatto, ha scardinato l’ottimismo del Ministro”. L’azienda ritiene che si possa lavorare 6 ore (part-time) retribuite per 6, senza integrazione, con una busta paga oraria che a regime sarà decurtata di circa 3 euro l’ora. Così un lavoratore finirà per guadagnare meno di 900 euro netti a fine mese”.

Ovviamente operai e sindacati non hanno accettato il ricatto della globalizzazione e hanno già programmato una serie di scioperi. Per essi si tratta di “livelli retributivi anticostituzionali” che violano l’articolo 32 della Costituzione, il quale prevede una retribuzione sufficiente a d assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.  Gridano inoltre a tutte le altre violazioni: saltano infatti le pause di 40 minuti per la mensa e anche i 17 minuti di stacco, mentre i ritmi di produzione vengono accelerati.

Intanto dall’alba di ieri gli operai presidiano i cancelli della fabbrica e hanno dato vita a un corteo che, dalla statale Pontebbana ha raggiunto la sede del sindaco Floriano Zambon a Conegliano, dove hanno espresso la rabbia per l’increscioso ricatto. Anche Giorgio Airaudo, deputato di Sel ha promesso battaglia “la multinazionale svedese sta usando la crisi per riposizionarsi sul mercato globale e propone un piano che prevede la messa in discussione degli stabilimenti italiani, con la chiusura immediata di quello di Porcia e un drastico taglio dei salari, in tutti gli altri stabilimenti”.

Intanto Zanonato, attaccato dalla coriacea Debora Serracchiani, che ne ha pure chieste le dimissioni, ha convocato per il 29 gennaio a Roma tutte le parti in causa e, nel mettere le mani avanti, ha precisato che non spetterà al Governo prendere decisioni, ma semmai negoziare una soluzione ampiamente condivisibile.

di Simona Mazza

foto: globalist.it

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