Se il Movimento si fa Stato

Saremo tranchant e pure un poco provocatori concedetecelo ma, i disastrosi risultati delle elezioni sarde riguardanti il Movimento Cinque Stelle e in precedenza anche quelli della regione Abruzzo ci autorizzano, senza paura di essere contraddetti,  a giocare un po’ sulla questione del “nuovismo” in politica e sulla gloria e la disfatta dei movimenti espressioni del modernismo giovanilistico che si sono affacciati negli anni sulla scena  italiana.

L’Uomo Qualunque

Se volessimo scomodare la storia potremmo  andare indietro fino alla metà degli anni ’40, quelli del dopoguerra con l’esplosione del Movimento poi diventato partito dell’Uomo Qualunque, guidato dal giornalista Guglielmo Giannini. Che  per qualche tempo fu considerato come la nuova espressione popolare (e populista) e genuina della politica; anticasta e antipolitico, di destra e di sinistra, anticomunista e anticapitalista, divenne uno dei maggiori partiti italiani soprattutto al centro e al sud del paese, con l’elezione di decine di deputati, senatori e consiglieri.

Venne sciolto nel 1953 dopo i numerosi tentativi alla ricerca di una identità, di una linea e di un progetto. Pur non augurandoglielo, siamo convinti che è quello che potrebbe succedere al Movimento di Grillo se non correrà presto ai ripari con soluzioni intelligenti.  

Scomparirà, resterà come  testimonianza e   ricordo di un tempo (breve) che fu? 

Nessuno lo sa, ce lo dirà il tempo e la storia, certo è che le analogie con il Movimento di Giannini ci sono tutte e portano anche a pensare che la teoria dei “corsi e ricorsi storici” di Giovanbattista Vico,  filosofo compaesano del vicepremier Di Maio, abbia un suo concreto fondamento e possa essere applicata alla situazione attuale che si pensava dovesse o potesse  essere rivoluzionaria . E  che il “grillismo” guidato dai Di Battista e dalle   Taverna,  l’avanguardia di un paese nuovo e rinnovato. 

Ma  l’Italia è un’altra cosa, ben più complessa da quella narrata dal semplicismo da bar dello sport  dei “blog delle stelle”. C’è una frase che gira da quasi cento anni per il paese, attribuibile a molti ma a nessuno di preciso che dice così: « Governare gli italiani non è difficile….è inutile». Perfetta sintesi del rapporto nostrano con la politica e con i suoi governanti: amata/i  e odiata/i; ammaliati dal pifferaio di turno finché conviene, ma pronti a gettarlo nel dirupo al primo soffio di vento contrario.

Ipocrisia? Trasformismo?

Anche, ma anche concretezza, piedi per terra, istinto di sopravvivenza di un popolo che ne ha subite e viste tante. Se volessimo essere buoni diremmo: il (buon) senso del padre di famiglia. Che difficilmente, come diceva il grande Ennio Flaiano, farà la Rivoluzione, poiché conosce tutti come in una famiglia e se mai dovesse accadere, i mobili per le barricate in strada ci metterebbe quelli degli altri.

Cambiare rotta

Di Maio  dopo la sconfitta sarda ha detto: “Cambiamo perché stiamo crescendo”. Giusto, ma a parte la crescita che ci sembra eufemistica, cambiare per migliorare è un conto, altro è per mantenere il potere con annessi e connessi, privilegi compresi. Cambiare rotta se essa è perigliosa può fare bene, cambiare l’orizzonte e il luogo di approdo è tutt’altra storia; si rischia lo smarrimento, l’odissea come per  l’Ulisse di Omero, o meglio per il  Giannini nostrano che a furia di volte e giravolte si ritrovò solo, senza flotta e senza equipaggio. 

Gianroberto Casaleggio

In politica ci sono tre o quattro cose che contano: la narrazione,  gli ideali, i valori e gli interessi. La prima, nel Movimento cinque stelle è scomparsa con la dipartita del fondatore Gianroberto Casaleggio e lo spostamento di lato del mentore/guru/garante  Beppe Grillo; i secondi, anche se noi non siamo d’accordo, ci dicono che ormai  non sono più importanti e appartengono a un mondo antico e alle ideologie dell’ottocento mentre  i valori , quelli che differenziano una forza dall’altra, nell’ambiente pentastellato sono intercambiabili, trascurati se non sconosciuti e nelle migliori delle ipotesi confusi.

Funzionano  solo  gli interessi, ma essi sono un fatto privato, di  partito o personale, che attengono all’ottenimento  dei piccoli e grandi privilegi per pochi che sono in grado di inquinare e imbastardire anche il più puro degli uomini e dei  Movimenti, trasformandolo al dunque in un “altro” identico agli “altri”. Essi sono il collante momentaneo,  il certificato di esistenza in vita per chi da incendiario si è fatto pompiere, casta o se volete edulcorare il concetto:  élite.

I giovani grillini

I  giovani politici grillini ci  hanno provato a tenere insieme tutto: la lotta e il governo, i ministeri e i balconi, i vaffa e gli inchini, l’autobus e l’auto blu, la rivoluzione e la conservazione, lo Stato e i gilet gialli, ma è durato poco, la ricreazione è terminata e  quando il  gioco si è fatto serio sono iniziati i guai. “Panta rei” dicevano i saggi; tutto passa per tornare sperabilmente al punto di partenza, magari agli  amici, al  calcetto, o in famiglia in territorio sicuro, dove appunto: ci si conosce tutti senza per forza doversi  atteggiare a Stato.

Fonte foto: panorama.it

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.