I dilemmi della socialdemocrazia tedesca e le ricadute sull’Europa

Horst Seehofer (CSU), Angela Merkel (CDU) e Martin Schulz (SPD)

Horst Seehofer (CSU), Angela Merkel (CDU) e Martin Schulz (SPD)

A circa quattro mesi dalle elezioni la politica tedesca non è ancora uscita dal limbo. L’incertezza sul futuro governo si sta rivelando problematica non solo per la Germania, ma per l’intera Europa. La visita del 19 gennaio di Angela Merkel al presidente francese Emmanuel Macron è stata un’occasione per sottolineare la necessità di far ripartire l’idea europea. Dall’Eliseo Macron e Merkel l’hanno detto chiaramente: l’Europa dovrà rinascere a partire dall’asse franco-tedesco rafforzato. Perché ciò avvenga è necessaria stabilità politica. Ma sulla stabilità politica europea incombono molti interrogativi. Uno di questi riguarda proprio la Germania.

Dopo il fallito tentativo di formare il cosiddetto governo “Giamaica” composto da Unione CDU-CSU, Verdi e Liberali, il nuovo ciclo di negoziazioni tra i due partiti dell’Unione e i socialdemocratici della SPD si è finalmente concluso con successo. Ma questo non significa che le difficoltà sono terminate. C’è ancora un ostacolo da superare, l’avallo da parte della base del partito socialdemocratico. Domani i delegati del partito provenienti da tutta la Germania si incontreranno a Bonn in un congresso straordinario indetto per votare pro o contro la cosiddetta GroKo. GroKo è il diminutivo che sta per Große Koalition, Grande Coalizione, ovvero, per dirla all’italiana, governo delle larghe intese. La Große Koalition tra Unione e SPD ha governato il paese nella scorsa legislatura dal 2013 al 2017. Il risultato del congresso di domani è tutt’altro che scontato.

La responsabilità di decidere se una riedizione della GroKo potrà governare non sarà affidata agli oltre 400.000 iscritti al partito, ma ai loro delegati territoriali. Questi sono circa seicento. Sono loro che diranno l’ultima parola sulla GroKo. Seicento persone dunque decideranno la sorte del futuro governo? Con quale mandato? Legittimo chiederselo. Legittimo chiedersi se il loro voto sia conforme alla legge costituzionale o se, al contrario, non ne rappresenti una violazione. Questo voto è un paradosso della democrazia che avrà ricadute ben oltre i confini tedeschi. Alcune sono prevedibili, altre meno. Vediamo.

Se vincerà il sì alla GroKo avremo più stabilità in Europa. Avremo un nuovo governo delle larghe intese fortemente europeista. Avremo un Europa a guida franco-tedesca con l’Italia fanalino di coda (l’incertezza del risultato elettorale autorizza questa affermazione). Se vincerà il no alla GroKo per il segretario del partito Martin Schulz sarà certamente la fine della sua carriera politica. Dopo essere stato presidente del parlamento europeo il suo rientro nella politica attiva era avvenuto in vista delle elezioni 2017. Elezioni nelle quali la SPD ha ottenuto il peggiore risultato, in termini di consenso elettorale, dalla nascita del partito dopo la seconda guerra mondiale.

Se vincerà il no alla Groko l’unica alternativa per scongiurare nuove elezioni (che probabilmente porterebbero nuovi consensi al partito di estrema destra Alternative für Deutschland) sarà quella di un governo di minoranza guidato dall’Unione CDU-CSU da sola o, forse, con la partecipazione dei Verdi. L’attività legislativa e decisionale di questo governo sarà sottoposta di volta in volta al vaglio del parlamento e si dovrà fare ricorso alla fiducia ogni qual volta mancherà la maggioranza. Se, da una parte, tale situazione renderà ancor più vulnerabile il governo di minoranza, dall’altra non sono pochi coloro che ritengono auspicabile e salutare una tale forma di governo. Ciò in quanto credono che essa comporterà maggior rigore e trasparenza politica e che alla fin fine darà nuovo slancio alla democrazia in Germania.

Kevin Kühnert (SPD)

Kevin Kühnert (SPD)

Anche i destini della SPD potrebbero beneficiarne. Non sono pochi tra i socialdemocratici tedeschi coloro che credono che bisogna affrancarsi dal ruolo dominante dell’Unione e della cancelliera Angela Merkel in particolare. Non sono pochi quelli che temono che la nuova alleanza con la Merkel comporterà un ulteriore declino del partito e gli ultimi sondaggi confermano questa tendenza. Inoltre, non sono pochi quelli che credono che la socialdemocrazia tedesca dovrebbe avere poù coraggio, in primis il coraggio di ritrovare la propria identità. Sono soprattutto i giovani socialdemocratici che hanno un atteggiamento critico rispetto alla leadership del partito e rispetto alla GroKo in particolare. Kevin Kühnert, 28 anni di Berlino, è il loro rappresentante. Negli ultimi giorni ha espresso in modo avvincente e appassionato il suo no alla GroKo infiammando gli animi dei compagni di partito e di molti tedeschi. Kühnert predica un ritorno della socialdemocrazia come grande partito popolare di sinistra impegnato sui temi della giustizia sociale. Vedremo domani se le sue parole accattivanti riusciranno a condizionare gli esiti della consultazione.

Alla Germania dovrebbero guardare con attenzione anche molti socialisti o ex-socialisti europei e trarne spunti di riflessione. Tra loro quelli italiani, a cominciare dagli iscritti e dai simpatizzanti del PD. In un partito lacerato dai personalismi, dalle divisioni e dai contrasti generazionali sono molti quelli che sperano in un recupero di consensi del segretario Matteo Renzi. Soprattutto sono molti quelli che temono che le divisioni interne potranno consegnare porzioni di elettorato al Centrodestra e perfino al Movimento 5 Stelle.

Il dibattito politico in corso in Germania dovrebbe essere al centro dell’attenzione anche nella campagna elettorale italiana. Ma così non è. Domani a Bonn non si decide solo sul futuro della politica tedesca, ma anche su quello della socialdemocrazia in Europa.

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