Piras (SEL): il mio obiettivo è restituire alla Sardegna un futuro


MicheleIncontriamo oggi il deputato Michele Piras (Sel),
una voce di “sinistra” che in Parlamento, fa “stecca nel coro” degli allineati. Piras, noto per le numerose interrogazioni parlamentari, risponde alle mie domande sorseggiando un buon bicchiere di vino rosso.

Mi colpisce da subito lo sguardo fermo, fiero ed al tempo stesso umile, che fa emergere quella schiettezza “onesta” tipica dei sardi, ma saranno le risposte altrettanto secche e precise a dare conferma della sua straordinaria “sardegnitudine”.

Onorevole, la Sardegna ha storicamente regalato al nostro Paese i politici più geniali e determinati, orientati a sinistra: da Gramsci a Berlinguer fino a Diliberto. La stessa tenacia si riscontra nel suo concreto impegno politico: lei infatti mostra di essere forte con i forti, mostrando di contro grande sensibilità verso i deboli. Le sue lotte politiche hanno fatto sì che lei, giovanissimo per altro, divenisse uno dei volti noti della Sardegna, così dopo essere stato uno dei protagonisti della campagna elettorale “Ora tocca a noi” che nel 2011 ha portato Massimo Zedda alla guida del Comune di Cagliari, fino all’elezione a deputato nel febbraio 2013, il salto è stato quasi naturale (brillante poi il suo primo discorso sulla Tav).
Ci potrebbe raccontare un aneddoto, sconosciuto a più?

Durante questa legislatura si è verificata la prima occasione importante della mia vita, ed è stata in occasione delle elezioni del Presidente della Repubblica. Premetto che faccio politica da quando avevo 17 anni, anche se è la mia attività principale da molto meno tempo.
Ebbene, per la prima volta ho vissuto un momento politico con profonda inquietudine, tanto che chiamai la mia compagna e le dissi “Spero che questa legislatura duri il tempo necessario per risparmiare i soldi necessari a portare nostro figlio all’estero, perché questo Paese non merita di essere vissuto”.
Derivai tale impressione da quella manifestazione assurda che ci fu davanti al Parlamento, nella quale si inneggiava a Rodotà, che pure io avevo votato, ma che non riconoscevo in quella piazza variopinta di “sofferenza sociale|”, assenza di identità e quant’altro. Mi sono sentito inquieto fino quasi ad avere paura e dire che di manifestazioni dove bisogna aver paura ne ho viste tante. Quella però era una paura diversa.

Lei è famoso per le innumerevoli interrogazioni parlamentari, quali fra tutte l’ ha coinvolta di più e quale le ha dato più soddisfazione?

Se parliamo delle mie interrogazioni, credo di non aver mai avuto soddisfazione, perché le risposte che ho ricevuto sono sempre state abbastanza negative. Se parliamo invece di un intervento che mi ha coinvolto, fino a farmi sparire la voce, è stato quello in cui si parlava della situazione incendi in Sardegna, non solo per la sofferenza di vedere bruciare la mia terra, ma anche per il fatto che mio padre, che è un testardo ottantenne, nel momento in cui intervenivo in aula era andato a spegnerli.

Molte le sue battaglie per i diritti dei lavoratori. Quanto ha influito l’essere figlio di operai emigranti?

Tantissimo. Io credo che principalmente sul mio processo di formazione politica abbia appunto influito l’essere figlio di operai emigranti. Quella che io ritengo essere la descrizione del sardo medio “emigrato ed emigrante”, mi ha lasciato un segno forte sia per quello sono a livello politico, sia sul mio modo di leggere la realtà. Sono comunque figlio di operai.

In Sardegna, sono troppe sono le aziende, tra l’altro nevralgiche, travolte da crisi molto pesanti. Il Clas ( comitato dei lavoratori sardi in mobilità) si è rivolto ai parlamentari sardi e lei fra tutti ha prontamente preso la palla al balzo. A breve sarà infatti presentata un’interrogazione al ministro del Lavoro e dell’Economia. Crede che possa cambiare qualcosa e se sì in che modo, ma soprattutto in che direzione?

Io penso che la mia terra sia una terra di grandi opportunità inespresse e penso che la prima cosa che dovremmo tentare di rompere, almeno noi che facciamo politica senza lucrarci, è la psicologia del declino. Perché se i sardi, e per prima la classe politica imprenditoriale, si rendessero conto che ciò che loro pensano essere punti di criticità, in realtà sono grandi ricchezze, probabilmente si aprirebbe uno snodo per un nuovo modello di sviluppo.
Penso ad esempio, e l’ho proposto di recente, di ragionare attorno al ciclo della canapa sativa, che è un poco come il maiale per l’allevatore. Della canapa non si butta niente. Offre un’infinità di applicazioni e possibilità di trasformazione: dalla bioedilizia, ai biocarburanti, al settore tessile, fino al compostaggio per l’agricoltura. Tutti modi che potrebbero rilanciare l’economia.

Un altra risorsa è l’immenso patrimonio archeologico e naturalistico della regione, che andrebbe messo a regime e utilizzato in maniera sapiente e sostenibile.

Altra nota dolente è la situazione Sulcis, così come dell’Alcoa. Il Governo Monti aveva fatto delle promesse e oggi si parla dello sblocco dei 127 milioni di euro del Piano Sulcis, che entreranno a far parte delle risorse da mettere a disposizione dal Cipe nella prossima riunione, almeno questo è quanto hanno annunciato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Delrio, e il Presidente della regione Sardegna, Francesco Pigliaru. Siamo alla svolta o è solo un bluff?

Non so se siamo alla svolta. Il Sulcis di promesse non mantenute ne ha collezionate tantissime negli ultimi tempi. Io spero che si tratti di una svolta, credo che il Presidente della Regione Pigliaru sia una persona seria e rigorosa. Voglio fidarmi di lui e mi fido. Ciò che penso del Piano Sulcis è che si tratta di una serie di misure disomogenee all’interno del quale c’è un nucleo forte, ovvero il programma “99 Ideas”(concorso “Un’idea per lo sviluppo sostenibile del Sulcis” promosso con l’obiettivo di produrre crescita, sviluppo e nuove prospettive socio-economiche per l’area a sud della Sardegna. Nda), dell’allora ministro Barca. E’ l’idea di uno sviluppo che raccoglie la creatività dal basso e la traduce in iniziativa imprenditoriale per l’ impiego. Questo è uno dei concetti. Riprendere ed estendere a tutta la Sardegna l’idea dello sviluppo locale, delle politiche attive per il lavoro, pensate come politiche dello sviluppo locale, può essere uno degli snodi.

Che notizie ci sono invece sul fronte biofuel, sul rilancio delle bonifiche ambientali?

Nessuna notizia. Tutto tace. Non si riesce su questo a trovare lo sblocco del meccanismo. Ho fatto tantissime interrogazioni parlamentari, ma sembra quasi che si taccia per non so quale motivo, anche perché nel frattempo le persone nella mia isola continuano ad ammalarsi, come succede nel resto del Paese.

Meridiana : ha mai pensato di coinvolgere nella vertenza il governo nazionale? E poi, quanto pensa che il governo, sempre più proteso a privatizzare il privatizzabile, possa davvero intervenire?

Il Governo potrebbe e dovrebbe intervenire. Le risposte che ho ricevuto sono disarmanti perché mostrano una subalternità totale alle ragioni dell’impresa. Il ministro Lupi è assente e mi rendo conto che neanche conosce bene i termini della vertenza. Il punto è che in altre nazioni, una su tutte la Germania “locomotiva dell’Europa”, un’azienda che per una ragione o per un’altra usufruisce di sovvenzioni pubbliche, è chiamata a una responsabilità sociale per la quale addirittura se licenzia, si deve fare carico in proprio di 5 anni di stipendio pieno, non cassa integrazione o ammortizzatori sociali. Mi chiedo allora qual’è la modalità attraverso la quale agisce questo paese.

Se infatti a Meridiana ha dato: concessioni pubbliche per quanto riguarda le rotte; libertà di azione su un servizio pubblico e milioni di euro di finanziamento per la gestione della continuità territoriale, com’è che il pubblico non può chiedere indietro una parte di quelle risorse?

Ancora su Meridiana. E’ stato chiesto alla Commissione europea di intervenire per garantire il diritto alla continuità territoriale della Sardegna e ridare un lavoro ai 1634 lavoratori della Meridiana in esubero. Questa la richiesta rivolta all’esecutivo europeo in un documento sottoscritto da una delegazione di lavoratori Meridiana Fly e da un gruppo bipartisan di europarlamentari italiani. Vede degli spiragli di apertura?

Mi pare che allo stato attuale non ce ne siano ed è precisamente questo un tema cruciale, delle politiche, delle norme europee e dell’effetto che hanno in termini di costo sociale. E’ una delle vertenze assolutamente prioritarie. Certi problemi, più che risolverli il Governo nazionale li dovremmo affrontare noi, guardando l’Europa. E’ un tema politico che riguarda la sinistra.

Ambiente: lei si è occupato a lungo dell’inquinamento delle acque e dei tumori legati alla contaminazione, eppure oggi il Governo con lo Sblocca Italia, favorisce le “ecomafie” autorizzando le stesse aziende ad effettuare i controlli. Una sua opinione.

Io non riesco a capire quale sia la logica che regola le discussioni di questo Governo (o forse la comprendo benissimo). Se si pensa che per “sbloccare” questo Paese bisogna lasciare libera l’impresa di fare qualsiasi cosa, quindi controllare meno quello che succede nel mondo dell’impresa stessa, incluso l’inquinamento “mafioso”, non ci possiamo lamentare se succede quello che è successo a Roma. E’ la scoperta dell’acqua calda.

Servitù militari. Lei fa parte della IV Commissione Difesa e dell’Assemblea parlamentare della Nato, si batte contro lo spesa per gli F35, le armi chimiche provenienti dalla Siria e di contro vorrebbe che venissero acquistati più Canadier. Che risposte ha ottenuto ad oggi?

Ad oggi sugli F35 c’è un violentissimo scontro all’interno del Pd. Io sto facendo il tifo per chi, come il mio corregionale, neanche proveniente dalle file della sinistra tra l’altro, Giampiero Scano, continua a perorare la causa del dimezzamento del programma F35. Credo che in una fase economica di crisi come questa, il tema degli F35 sia un tema simbolico.
Ricordiamo che le spese militari non si limitano solo agli F35, ma su questo bisognerebbe allungarsi un po’, perché è un problema molto concreto. In realtà, risparmiare dal programma significa risparmiare su cifre imprecisate. Si è partiti da un costo di 12 miliardi e 600 milioni, poi la somma è lievitata fra costi di manutenzione, collaudi ecc. e potrebbe salire a 40 miliardi. E dire che basterebbe rinunciare a un cacciabombardiere per acquistare 2 Canadair per la lotta agli incendi…

La Sardegna dal 1961 è stata definita una cavia militare degli Usa. Qui vengono sperimentati in gran segreto i missili a testata nucleare Alpha, grazie alla collaborazione tra Difesa, Fiat e Ansaldo, in violazione del Trattato di non Proliferazione del 1968; si addestrano i piloti di tornado, allenati a sganciare bombe nucleari B61, 900 ( molto più potenti delle nucleari) e nel 2008 la sesta Flotta nordamericana ha abbandonato l’Isola di Santo Stefano, dopo aver istallato illegalmente (fu una decisione univoca di Andreotti) una base per sommergibili ad armamento propulsione nucleare.

Lei si è a lungo espresso contro il poligono interforze del Salto di Quirra, ubicato in un’area di 13.400 ettari, su cui sperimentare nuovi sistema d’arme. Tuttavia il potenziamento dei poligoni è quanto mai attivo e in particolare parliamo del PISQ, area dedicata non solo alle Forze armate italiane ma anche a quelle straniere. Per tali motivi è stato definito un luogo “in affitto” , una sorta di “supermercato delle armi”. Si parla inoltre del nesso causa effetto tra veleni di guerra e patologie riscontrate da chi è stato colpito dalla “ sindrome Golfo-Balcani-Quirra”, anche se si continua ad ignorare il rapporto dell’Iarc all’Oms ( ottobre 2013) che ha ufficializzato tale nesso tra cancro e polveri prodotte dall’inquinamento bellico nei tessuti, sia di militari inviati in guerra, sia di militari in servizio nei poligoni sardi, sia di popolazioni di greggi che vivono nei poligoni di Capo Teulada, Capo Frasca, Salto di Quirra. Perché proprio la Sardegna? Perché la gente non è stata avvertita anche dei danni derivanti per l’ambiente e la salute? Cosa chiederebbe a Renzi’?

La Sardegna allo stato attuale ha dal 1956 i tre più grossi poligoni d’Europa: quello di Quirra (13.400 ettari); Capo Teulada (7.400 ettari) e Capo Frasca (3.500 ettari). Perché la Sardegna? Perché è una terra scarsamente popolata che ha grandi superfici sotto utilizzate e perché nel 1956 la Sardegna non era quella che è oggi. Non era una terra con grande consapevolezza di quello che accadeva nel mondo e quindi era anche fragile e ricattabile.
I Sardi non sono stati informati, ma io non credo che sia questo il punto. La Sardegna venne scelta perché principalmente era la postazione di retroguardia nelle logiche della Guerra Fredda. L’isola oggi ha un ruolo cruciale non solo per le grandi estensioni di terreni dedicati alle esercitazioni e sperimentazioni belliche, ma perché è una piattaforma che guarda i nuovi teatri di guerra, tra cui il medioriente. A Renzi chiederei di liberarla perché abbiamo già dato e perché dalla liberazione della servitù militare dipende una grande parte dello sviluppo della mia terra.

La Sardegna è stata dunque venduta o ricattata?

La Sardegna è stata consegnata perché è una popolazione soggiogata. E’ un pezzo debole degli equilibri nazionali perché in qualche maniera, e ripeto un concetto di Gramsci : “la Sardegna è una colonia” e come tale è stata trattata da quando i Savoia si sono impossessati della mia terra, ma anche nel corso dei secoli. Per questi motivi si è creato una sorta di retro pensiero della Sardegna, che leggo anche negli atteggiamenti affettuosamente ironici dei miei colleghi, per cui la Sardegna sia “Cosa altra”.Tuttavia un Paese che non valorizza le diversità non è un Paese che merita di essere vissuto. Io ho un rapporto di odio amore con l’Italia. Mi tiene legata a lei la Costituzione Repubblicana, i valori antifascisti, piuttosto che quello che riserva quotidianamente alla mia terra.

Sempre a proposito di veleni: si tende a sviare l’attenzione sul torio e si omette di dire che torio e uranio sonno solo due dei mix letali somministrati in Sardegna a causa delle attività belliche. Troppi i miscugli radioattivi, tra cui stronzio e bario. In Sardegna Nasa, Governo e Max Plank Institute hanno consentito di realizzare esperimenti bellici pericolosissimi eppure nessuno parla.
Come pensa si possa risolvere il grave problema? L’Italia è vittima o complice?

Il problema si potrebbe risolvere molto semplicemente. Dopo oltre 50 anni di occupazione militare è giunto il momento di liberare l’isola dal giogo.
Tre sono i passi: liberare la Sardegna, effettuare bonifiche integrali, investendo seriamente e riconvertire, affinché non si ripeta ciò che è accaduto alla Maddalena, ovvero che ci si è resi conto, a distanza di anni dall’occupazione americana, che l’economia dipendeva dalla presenza militare più di quanto non fossimo disponibili ad ammettere. Così è ancora in alcuni territori sardi. Ripeto: liberare, bonificare e riconvertire, perché non c’è attività militare che non produca inquinamento, dipendenza e impoverimento.

Cosa l’ha spinta a scavare sul Caso Moby Prince: fattore umano, fattore ambientale o mediatico? Che opinione si è fatto sulla vicenda?

Io sono molto istintivo, per cui vado spesso per emozione e sensazione. Il Moby Prince mi ha inquietato e così ho provato a fare un’attività su questa vicenda. Successivamente ho conosciuto Luchino Chessa, uno dei due figli del comandante, rimasto orfano dei genitori. Mi è piaciuto talmente tanto che pensai “Devo urlare qualcosa”. Oggi finalmente si intravede qualche spiraglio di speranza, a breve infatti dovremmo riuscire a istituire una commissione d’inchiesta e forse questa sarà una delle più belle cose che abbia mai fatto.

Autonomie : l’emendamento all’art 29 della riforma costituzionale proposto dall’ On Di Lello vorrebbe abolire le regioni a statuto speciale. Qual’ è la sua opinione?

Io mi auguro si tratti di un’attività isolata di un un parlamentare isolato. Se l’onorevole Di Lello l’ha fatto per provocazione, fossi in lui eviterei, anche perché è avvenuta in un luogo che io considero “sacro”, chiamato Parlamento della Repubblica italiana. Se l’ha fatto con convinzione, possiamo aprire una discussione seria in ragione di quello che deve essere l’assetto del Governo nel territorio. Se poi preferiamo uno Stato ancora più centralizzato di questo, io continuo a preferire l’attuale. In caso contrario, credo che ognuno sia legittimato a scegliere se restare o andare via da questo Paese. Fosse anche che questa decisione la prendesse una intera regione come la mia.

Lei difende con enfasi i diritti del popolo sardo. Può spiegarci qual’è il suo obiettivo?

Il mio obiettivo è restituire o almeno umilmente concorrere a restituire alla mia terra un futuro. Cos’è oggi la Sardegna non si riesce a capire e non lo dico perché penso che sia la popolazione messa peggio in Italia. Lo dico perché i ragazzi non debbano emigrare come hanno fatto i miei genitori e perché mio figlio non cresca in situazione difficile come quella in cui sono cresciuto io.

di Simona Mazza

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