L’affanno dei tanti problemi ma anche l’euforia della gioia a volte prende il sopravvento e ci acceca

problemi-Non sia turbato il vostro cuore, abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” (Gv 14,1). Ancora una volta, carissimi fratelli e sorelle, Gesù ci esorta ad avere fede e facendosi vicino a ciascuno di noi, attraverso la sua Parola ci rivela alcune verità che riguardano la sua identità. L’apostolo Filippo, infatti, esclama: “Signore, mostraci il Padre!” (Gv 14,8)

Mossi da curiosità, vogliamo chiederci anche noi il perché di questa richiesta dell’Apostolo. Desiderio di felicità? Forse non basta! Desiderio di vedere Dio faccia a faccia? In altre parole, dunque, quella di Filippo è la “nostalgia di Dio” che ogni uomo porta segretamente nel suo cuore.

Troppe volte però costatiamo che il sonno della fede è la causa principale della pesantezza del nostro spirito; la conseguenza più immediata di questa sorta di “quiescenza spirituale” è rappresentata dal fatto che gli occhi della mente non riescono a scorgere più le grandi opere che ogni giorno il Signore compie in noi e attraverso di noi; in secondo luogo, soffochiamo la voce di Gesù che ci parla insistentemente e ci ripete: “Credete a me! Se non altro, credetelo per le opere stesse” (Gv 14,11).

L’affanno dei tanti problemi ma anche l’euforia della gioia a volte prende il sopravvento e ci acceca. E così si smarrisce la strada, il cammino, la “via”; eppure, quante volte diciamo di seguire fedelmente il Signore? Spesso lo diciamo in buona fede e non ci accorgiamo che forse stiamo dietro a Gesù solo superficialmente o perché, ancor peggio, dalle nostre parti “si usa fare così”.

La tiepidezza di questa pseudo-fede è causata dal fatto che non lasciamo germogliare abbastanza la sua Parola e che forse in noi essa non trova terreno fertile; è il caso di chiederci, carissimi fratelli e sorelle, se anche noi che ci diciamo ferventi cristiani ci opponiamo agli effetti della grazia.

La Chiesa-Popolo di Dio è tale se decide di aprirsi all’azione vivificante della grazia; solo così la Chiesa, rigenerata dalla vita sacramentale, pur con la sua povera umanità ferita dal peccato, può divenire icona eloquente di Gesù che, con il suo Spirito, è presente in mezzo al suo popolo, vivo ed operante.

Il Cristo Risorto, vincendo la morte, ha spalancato definitivamente le porte del Paradiso e per noi si è fatto “via” che conduce al Padre, ma anche “verità” e “vita”. Ci svela chiaramente la sua misteriosa divinità: “Chi ha visto me, ha visto il Padre” (Gv 14,9). Perciò, la nostra preghiera quest’oggi diventi una profonda richiesta: chiediamo al Padre lo Spirito di verità perché possiamo testimoniare con la vita e con le opere che solo attraverso Gesù è possibile scrutare il disegno che Dio ha già predisposto per ciascuno di noi.

Poniamo ogni speranza solo in Lui; la nostra fiducia sia radicata soltanto in Lui; sperimenteremo che il nostro agire quotidiano si conformerà sempre di più a quello di Cristo. Diventeremo “amore che ama”; sì, perché “Amare è il principale motivo per rendere questa vita degna di essere vissuta” (Madre Teresa di Calcutta).

Per chi ci osserva, quindi, sarà più semplice capire che il Signore è dalla nostra parte e che tutti noi siamo “poveri” strumenti ma “efficaci” perché Egli sia testimoniato al mondo intero. Una missione difficile questa, che nasce dalla predilezione che Dio nutre per ciascuno di noi. I primi discepoli – come ci dice la seconda lettura di questa Domenica (1Pt 2, 4-9) – lo avevano compreso bene: “Voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa” (1Pt 2,9). Riappropriamoci di questa coscienza perché sperimentando la vita nuova donataci dal Cristo Risorto possiamo cantare con il salmista: “dell’amore del Signore è piena la terra” (Sal 32,1).

Oggi la Parola di Gesù si fa anche proposta per conoscere la “via”. Il Vangelo di questa quinta domenica di Pasqua ci riporta nel Cenacolo, durante l’Ultima Cena. Le parole di Gesù – frasi piene di amore e di sincero affetto – lasceranno i suoi discepoli senza fiato, considerata la prossimità della sua Passione. Gli Apostoli erano certi di aver trovato in Gesù “la via” ma erano ben lontani dal prevedere una vera e propria crocifissione. E il banchetto del Cenacolo si ripropone anche a noi quando ci raduniamo per fare Eucarestia.

Tutti noi oggi siamo immagine dei discepoli raccolti attorno a Gesù per l’Ultima Cena. Anche a noi, quindi, Gesù vuole porre la medesima domanda: “Io sono la via, la verità e la vita: credi tu questo?” Pensiamo ai tanti giovani che hanno scelto di percorrere questa “via”; tanti altri, invece, l’hanno smarrita e vivono nella notte di questi tempi turbolenti, silenziosamente, in preda a tutto ciò che chiaramente non è vita.

A costoro, Papa Benedetto XVI dice: “Non abbiate paura, di prendere le vie alternative indicate dall’amore vero. Non abbiate paura di apparire diversi e di venire criticati per ciò che può sembrare perdente o fuori moda” (Loreto, 2 settembre 2007).

Di fronte agli sforzi immani della scienza che a questa vita sa dare soltanto qualche giorno in più, occorre ricordarlo sempre: solo Gesù è l’unico capace di dare la gioia vera; Cristo è la vita che non avrà mai fine. E la vita, che è Lui stesso, intende comunicarla nella sua incommensurabile bontà a chi decide di accoglierla sinceramente, seguendo le sue orme. “Vado a prepararvi un posto, perché dove sono io siate anche voi” (Gv 14, 2-3).

La certezza che staremo sempre con Lui non ci farà più paura! Ogni istante della nostra vita sarà già un lembo di Paradiso da abitare senza timore e da amare con immensa passione.

di Fra’ Frisina

foto: tuttogratis.it

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