Palermo, Furitano lancia un appello: “Società Civile, siamo tutti Di Matteo, ma anche gli altri”

dimatteo2Luigi Furitano, presidente del Centro Studi Paolo Giaccone di Palermo, ha ribadito l’importante necessità per i Giudici di godere “tutti” del sostegno dell’opinione pubblica e della società civile. Il dottor Luigi Furitano, impegnato come consulente tecnico per alcune Procure della Repubblica dopo le recenti minacce di morte subite, che lo vedono in pericolo di vita insieme ai Pm di Caltanissetta, ha ribadito l’importante necessità per i Giudici di godere “tutti” del sostegno dell’opinione pubblica e della società civile. Ciò per evitare che si possano creare delle ingiuste differenze che rendano ancor più ostili situazioni già sgradevoli e consolidate nel nostro Stato. Purtroppo infatti e per svariate ragioni, ci sono vittime di mafia di serie A ed altre di serie B, così come ci sono pentiti o carcerati di serie A e serie B, considerati tali più per l’impatto mediatico del loro nome o delle vicende che li riguardano, che per la loro reale rilevanza.

Ecco cosa riporta la nota di Furitano diffusa sul web. “Società Civile, siamo tutti Di Matteo, ma anche gli altri.”

Sarebbe triste se qualcuno la pensasse diversamente, ma ritengo doveroso, per chi avrà la pazienza di leggermi, estendere il mio sentimento ai tanti Magistrati (E SONO DAVVERO TANTI) che con dignitosa pazienza e nella indiscutibile professionalità subiscono, tanto quanto accade purtroppo attorno a Nino Di Matteo. Per averne avuto l’enorme privilegio, ho conosciuto il Dott. Di Matteo, ritengo che la preoccupazione per questa ossessiva e persecutoria minaccia nei suoi riguardi lo stesso PM avrebbe voluto gestirla diversamente, senza troppa propaganda, nella discrezione che ne contraddistingue la sua persona e la sua professionalità. 

E’ pacifico che di fronte una mobilitazione nazional popolare e di queste dimensioni nessuno di noi possa voler lasciare solo Nino e certamente io non intendo farlo. Ma ritengo che le legittime e inderogabili attenzioni da parte di tutti noi, “società civile”, debbano essere estese anche ai suoi colleghi, tutti i suoi colleghi, nessuno escluso. I colleghi dello stesso palazzo, i colleghi dello stesso piano, i colleghi degli uffici della Procura, molti dei quali sono fisicamente stipati agli ammezzati. 

Non ho modo di frequentare la Procura di Palermo per motivi professionali, lì vado forse per ritrovare idealmente chi mi è stato caro, tanto quanto lo sono oggi loro per me. Quando vado al Palazzo, il mio è un percorso rituale. La prima stanza è quella di Leonardo Agueci, subito dopo ma non per preferenze di altro genere, è quella di Vittorio Teresi. La stanza di Vittorio è stata la stanza di Paolo Borsellino ed in quella stanza trovo ancora il suo sorriso, i suoi occhiali per la presbiopia poggiati sulla scrivania, le tante sigarette accese contemporaneamente. 

Esco velocemente dalla stanza di Vittorio, devo lasciarlo lavorare, e mi dirigo verso la stanza della Dottoressa Teresa Principato, giusto il tempo di ricevere un suo sorriso e lasciare in pace pure lei. Anche Teresa Principato nell’intimità dei pensieri familiari mi ricorda tantissimo Paolo, mi ricorda tantissimo Agnese. (Piraino Leto, la moglie di Paolo Borsellino ndr).

Verso la fine del “ tour ” ma per motivi di casuale consequenzialità busso alla porta di Nino Di Matteo. Quando sono fortunato e riesco ad entrare a volte, trovo pure Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia. vado da loro, cerco di dare loro il mio probabile inutile sostegno ma lo faccio perché lo sento. è presente. 

Ma siamo davvero così convinti che Sergio Lari, Nico Gozzo, Lia Sava, Stefano Luciani e i tanti altri di Caltanissetta e a Trapani i Giudici Marcello Viola, Ambrogio Cartosio, Andrea Tarondo e gli altri della stessa Procura, vivano situazioni di serenità tanto differenti rispetto ad altri colleghi ?  altra. Ma allora questa solidarietà è limitata a cosa, a chi e secondo quale parametro di applicazione?

Concludo semplicemente dicendovi ciò che penso davvero. Il ricordo di Paolo Borsellino ha generato in me questa considerazione. Paolo da vivo è stato certamente alla Procura di Palermo, così come è stato certamente vicino alla Procura di Trapani. Paolo Borsellino anche da morto è spessissimo, vicino e presente alla Procura di Caltanissetta. Ma io verso i Giudici tutti dei nostri uffici giudiziari non vedo manifestare la stessa solidarietà, questo non è giusto. Ritengo di potermi permettere di dire che a Paolo questo non sarebbe piaciuto.

di Simona Mazza

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