L’alfabetizzazione finanziaria del nostro paese

newsPhoto_42829Taluni programmi scolastici, sulla base di un protocollo d’intesa siglato nel 2007 da Ministero della Pubblica Istruzione e Banca D’Italia, firmatari l’allora Ministro Fioroni e il Governatore dell’epoca, Mario Draghi, attuale Presidente della BCE, dall’anno scolastico 2008-2009, “nell’interesse del Paese”, propongono di offrire “alle giovani generazioni i principi fondamentali di una corretta cultura economica, finanziaria e monetaria”. Lo stesso OCSE, nel 2005, ha raccomandato agli stati membri di promuovere l’educazione e la consapevolezza finanziaria.  

Scopo dell’ iniziativa è, quindi, creare le condizioni culturali e tecniche per porre le basi affinché le “generazioni future” abbiano finalmente un’adeguata cultura finanziaria, in particolare acquisiscano la consapevolezza del bisogno di accrescere la comprensione dei rischi finanziari e i modi per proteggersi da essi; fondamentalmente attraverso una cultura del risparmio e della gestione di detti rischi.

Certamente questo è un altro segno dei tempi.

L’obiettivo dichiarato della scolarizzazione  nel secolo che ci ha preceduto era quello di condurre sul tortuoso sentiero dell’alfabetizzazione masse d’Italiani analfabeti o scarsamente alfabetizzati sino a renderli autonomi nel “leggere e far di conto”. La missione sembra essere a tal punto riuscita che la nuova frontiera appare ora quella di fare in modo che il nostro paese raggiunga l’avanguardia cultural finanziaria.

Quasi a far da contraltare a questa marcia verso la conoscenza, c’è la solita magistratura guastafeste che con proprie sentenze ci dice che la strada verso la completa maturità in tema di conoscenze finanziarie è ancora lontana da raggiungere.

Di recente, infatti, una serie di pronunce giurisprudenziali, sia di merito sia della Suprema Corte a sezioni riunite, ha ribadito che, in materia di conoscenza finanziaria, lo sbilanciamento a favore di banche, assicurazioni  e istituzioni finanziarie, i professionisti della finanza, è ancora assoluto.

Ricorderemmo la sentenza della Cassazione a Sezioni Riunite, n.13905/2013, che ha riconosciuto all’investitore ampio diritto di recedere da contratti sottoscritti al di fuori della sede della banca e a mezzo di un promotore finanziario. La Suprema Corte ha perciò sancito il principio secondo cui se il contrato sottoscritto prevedeva una clausola di “ripensamento” esso potrà essere esercitato nel tempo previsto (7gg.), se non la prevedeva se ne potrà chiedere la nullità (nei 10 anni successivi alla stipula).

Ricordiamo inoltre la pronuncia di merito, in primo grado, del Tribunale di Salerno che con la sentenza n. 1126/2013 ha accolto le richieste dell’opponente, rigettando la richiesta della banca attrice, sostenendo che  l’alea, il rischio, del contratto (un contratto derivato), fosse  unilaterale a carico del cliente della banca.

L’offerta di finanza e dei suoi infiniti prodotti, è divenuta, nei fatti, accessibile a tutti; si tratta sovente di strumenti finanziari sempre più complessi la cui piena comprensione può, in molti casi, essere raggiunta solo da veri professionisti dotati per di più di sofisticati strumenti informatici e sistemi di analisi e di rilevazioni di dati a disposizione di pochissimi soggetti.

Tra le norme in vigore, la direttiva MiFID, in primis, dovrebbe, tra le altre,  garantire la tutela differenziata degli investitori a seconda del diverso grado di esperienza finanziaria. Le banche, le imprese di investimento e tutti quei soggetti che offrono  servizi di investimento, in ossequio alla predetta disciplina comunitaria, dovrebbero attraverso una corretta profilatura “delle diverse clientele” assicurare quel “bisogno di protezione” che, invece, è ancora troppo spesso, come si è visto, “delegato” alle magistrature.

L’educazione e la conoscenza finanziaria individuale possono davvero poco laddove la consapevole e responsabile azione delle istituzioni finanziarie non offra la propria collaborazione, decidendo, in ultima analisi, di  autolimitare le proprie attese di profitto. Così fosse, assisteremmo volentieri alla drastica riduzione di casi di signore più che ottuagenarie che hanno investito i propri risparmi in titoli strutturati ad alto profilo di rischio.

Benché certamente, nel lungo periodo,  possa aiutare, non è con la sola educazione finanziaria che si combatte la  mala-educazione del profitto ad ogni costo.

di Kuro Obi

foto: Piattaforma Finanziaria

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