La pittura ottocentesca di Luigi Tagliaferri nel Santuario Mariano di Gallivaggio

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Il Santuario dell’Apparizione di Maria Vergine è prima di tutto un luogo di culto ma, al pari di molte altre chiese, ha anche valore materiale che gli deriva dalle opere d’arte sacra che conserva.

Esse testimoniano la volontà di rendere questo tempio sempre più bello in onore a Dio e alla Madonna e, le generazioni succedutesi nel tempo, lo hanno arricchito a partire dalla sua definitiva costruzione della fine del XVI secolo per mano di prestigiosi artisti e artigiani.

Leggendo queste opere si possono sfogliare capitoli della storia dell’arte perché rivelano i vari “periodi”.

Il “Seicento” è qui testimoniato da Domenico Caresana, il pittore di Cureglia che firma nel 1605 gli affreschi del presbiterio impreziositi da stucchi che li incorniciano. Il pittore si è rifatto alla lezione dei maestri lombardi del XVI secolo e le sue rappresentazioni inducono sentimenti intimistici creati dalla luminosità del Bambino che diffonde sugli stupiti pastori, i primi protagonisti dopo la Nascita,   e dall’Adorazione dei Magi, pervenuti dopo un peregrinare finalizzato e finalmente esaudito.

Siamo lontani dalla macchina teatrale barocca che stava avanzando, l’opera del Caresana è invece in sintonia con la semplicità della Vergine apparsa a due umili pastore, alla crudezza del luogo, poi nobilitato dal Santuario, che parsimoniosamente offriva sostentamento agli abitanti.

Del 1606 è la tela del Duchino che ci mostra l’Incoronazione della Vergine, e 1673 è datato l’organo pagato con le rimesse degli emigrati della valle a Palermo.

Il “Settecento” ha esponenti di spicco nella famiglia dei Ligari di Sondrio: è di Cesare la tela del 1731, raffigurante il Crocefisso tra cinque santi francescani.

Nell’”Ottocento” si affrescano la navata centrale e quelle laterali e viene chiamato Luigi Tagliaferri di Pagnona, coadiuvato da maestranze locali che allestiscono il cantiere e preparano i tonachini, e dai fratelli, che si occupano degli ornati, cioè di quelle decorazioni che vengono dipinte a tempera sull’intonaco asciutto e raccordano i tondi affrescati. Questo pittore è forse l’ultimo esponente di una tradizione secolare contraddistinta dal lavoro “di bottega”, ereditata dal padre Giovanni Maria, incisore e poi pittore, che trasmise ai figli l’ingegno, la passione ma anche ”il mestiere”.

Luigi nasce nel 1841 e a lungo collabora col padre, morto nel 1879; la sua pittura, dapprima è legnosa, risentendo proprio dell’insegnamento paterno, poi, a partire dagli anni ’70 diviene più morbida e pastosa, dai colori intensi e brillanti che  sembrano smalti (come dimostrano, ad esempio, le Virtù Cardinali della chiesa di Nostra Signora di Fatima a Gera Lario o l’Assunta nella Chiesa a Lei dedicata a Pusiano) e arricchita dall’oro che usa per profilare manti o per riempire di stelle i cieli di colore blu intenso. Negli ultimi decenni del XIX secolo le sue figure diventano più sinuose, le tinte più trasparenti, le lumeggiature più chiare fino a suggerire lo stile floreale, mai però abbracciato completamente. Fu un grande interprete della figura umana declinata dalla lezione tardo-manierista e barocca delle grandi scene narranti le glorie dei santi o racconti evangelici, ma le movenze sono composte, i protagonisti ricordano le statue della classicità. 

La sua biografia indica come sua prima opera un’edicola a Primaluna del 1865, ma più recentemente si è catalogata una raffigurazione della Vergine col Bambino, firmata e datata 1862, che è una riproduzione in affresco dell’immagine venerata nel santuario di Livo, sul muro esterno di una casa a Vercana.

Luigi è soprattutto un pittore del “sacro”. Nella chiesa di S. Maria a Livigno, dipinta nel 1913, scrive su un affresco: ”Questa è la 169ima chiesa affrescata, all’età di 71 anni”, ma certamente non è l’ultima. Incalcolabili, poi, sono le edicole sparse lungo i sentieri delle nostre Prealpi, le cappelle cimiteriali, i piccoli affreschi disseminati sulle case rivierasche e sulle baite dei maggenghi; a tutto questo si aggiunge qualche lavoro a cavalletto sempre di carattere sacro e qualche ritratto.

L’ambito catalogato è particolarmente ricco in provincia di Como e Lecco, ma si contano manufatti anche nelle province di Milano, Sondrio, Varese, Bergamo e Brescia. Il suo capolavoro è forse il ciclo in S. Lorenzo a Mandello del 1916; il suo ultimo lavoro documentato è la Via Crucis del 1919 a Loarca, purtroppo perduto, che sta restaurando nel 1927, quando sopraggiunge la morte.

Nel chiavennasco, oltre al Santuario, sono catalogate le sue opere nelle chiese di S. Gregorio a Bette, di S Bartolomeo a Chiavenna, della Santa Trinità a Olmo, di S. Martino a Isola, di S.Eusebio a Prata Camportaccio e si conosce una cappella cimiteriale a Codera. Quasi sicuramente tra i boschi è probabile “scoprire” qualche santella da lui affrescata.

Nel Santuario Luigi riprende il tema dell’Incoronazione della Verginein un medaglione al centro della navata dove ritroviamo un’iconografia trascritta, come si evince mettendo a confronto questo affresco con la tela del Duchino. Anche qui Maria è inginocchiata mentre il Figlio e il Padre la incoronano Regina del Cielo; il trono di nuvole è sorretto da angeli e angioletti che fluttuano nell’aria. Il giglio tenuto in mano dall’angioletto centrale sottolinea la purezza di Maria, in linea verticale con la Colomba-Spirito Santo attorniato nella luce da testine di angioletti in primo piano e da cherubini che si intravedono nel cielo, in lontananza. E’ intuibile il rimando agli antichi maestri dell’epoca paleocristiana, che mettevano in linea discendente  Dio Onnipotente con simboli o santi, fino alla “cattedra” dove sedeva il vescovo. Casualità o conoscenza dell’antico? Non lo sappiamo.

Le navate laterali mostrano in sequenza tre tondi al centro delle campate con alcuni santi patroni e protettori. A destra leggiamo procedendo verso l’altare: San Luigi Gonzaga, l’Educazione della Vergine e Sant’Abbondio, a sinistra: Sant’Antonio Abate, San Giuseppe col Bambino e San Francesco. Sono tutte figure ben disegnate, gradevoli, identificabili grazie alle loro peculiarità grafiche.

Nel raccordo concavo della navata sopra la trabeazione, Luigi dipinge, singolarmente in  medaglioni, i Quattro Evangelistiin posizione assisa, con la Sacra Scrittura in mano e il loro simbolo accanto,  Angioletti dalle robuste membra recanti cartigli e Testine alate. Nelle vele triangolari intervallate sono leggibili, sia in scrittura che in immagine, alcune Litanie dedicate alla Vergine.

Sulla parete sinistra, appena dentro la chiesa, è sua anche la pittura murale del Battesimo di Gesù, rifacimento di un affresco preesistente, che, insieme all’intero ciclo pittorico, mantiene quel tono composto consono all’austerità del luogo, come già sottolineato per la pittura del Caresana.

Al momento non sappiamo se il pittore abbia o no firmato la sua fatica, forse i prossimi restauri potranno svelare se Luigi ha lasciato il suo monogramma o il nome o una data in qualche angolino che è impossibile scrutare dal basso. Ma in archivio del Santuario risultano pagamenti che ne certificano la paternità: “al Pittore Tagliaferri Luigi nell’anno 1884 per l’indoratura ristauri al coro ed alle cappelle della Chiesa di V. Maria in Gallivaggio, deve la Commissione per i lavori eseguiti L. 2440”. Sono inoltre riportati i pagamenti nominali alle maestranze.

R.F.T.

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