Sblocca Italia: dietro la sburocratizzazione lo spettro delle ecomafie

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In questi tempi si parla parecchio del famigerato decreto “Sblocca Italia” del 12 settembre 2014, n. 133 (in Gazzetta Ufficiale – serie generale – n. 212 del 12 settembre 2014), coordinato con la legge di conversione 11 novembre 2014, n. 164.

Come sappiamo, esso dovrebbe recare “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive”.

Di tutela ambientale, essenziale a garantire gli assai precari equilibri geologici e geofisici, non v’è traccia.

Anzi, con lo “sblocca Italia”, il Trio Napolitano/Renzi/ Berlusconi affiderà proprio ai nemici della natura il compito di controllare i reati ambientali.

Questo sarà possibile grazie ad una piccola ma significativa postilla, inserita appunto nel decreto, la quale prevede che siano i proprietari dei terreni inquinati ad auto certificare il loro stato reale.

I controlli, ammesso che si facciano, saranno relativi alle sostanze tossiche, e nei punti indicati esclusivamente da chi inquina. Poi se entro 45 giorni non avranno segnali da parte delle Istituzioni, potranno ritenersi a posto con la legge.

Come sappiamo, a niente sono serviti gli interventi di decine di enti e associazioni, prodotti in commissione della Camera e adesso si è deciso di affidare l’agnello al lupo.

La Commissione Ambiente, alla Camera dei deputati, ha poi fatto un altro “regaluccio” agli assassini dell’ambiente, negando agli enti pubblici la facoltà di ampliare l’elenco delle sostanze tossiche. Nel comma 4, inoltre viene stabilito che nelle decisioni da prendere, in caso di dissenso da parte di un’amministrazione pubblica, l’ultima parola spetta al Commissario straordinario.

Letta così, saremmo portarti a pensare che la questione rifiuti possa alimentare certe connessioni fra malavita e amministrazione pubblica.

A dire il vero, anche in passato il boss Carmine Schiavone aveva parlato della presenza di rifiuti tossici e radioattivi in Campania, tesi confermata in un articolo sull’Espresso nel 2008 , dal Gaetano Vassallo, ex “ministro” dei rifiuti del boss Francesco Bidognetti “ Per venti anni ho contaminato il suolo, il cibo, le acque e l’aria della Campania, complici, sindaci, politici , boss e contadini, ciascuno interessato ad arricchirsi sulla pelle dei cittadini”.

Gaetano Vassallo, ex imprenditore dei rifiuti legato ai Casalesi ed oggi collaboratore di giustizia, era anche il referente di diversi comuni abruzzesi per lo smaltimento dei rifiuti.

Dal reportage appariva chiara la collusione di politici, funzionari del Commissariato di Governo e dell’agenzia regionale dell’ambiente , al soldo della Camorra, i quali coprivano in maniera eccellente il traffico di rifiuti tossici provenienti dal nord.

Ma ecco cosa si legge sul profilo fb di Ferdinando Imposimato “I trafficanti di rifiuti utilizzarono il decreto Ronchi, che prevedeva procedure semplificate per ricevere e smaltire illegalmente rifiuti tossici e nocivi provenienti dalla Lombardia. La parola semplificazione delle procedure la ritroviamo nel decreto sblocca Italia del 12 settembre 2014 del governo Renzi-Lupi, di cui fa parte Lorenzin, con lo stesso significato: cambiare una disciplina europea e costituzionale che vieta il trattamento dei rifiuti tossici come terra normale con una legge che dice che non si tratta di rifiuti, e questo in danno della salute dei cittadini . Nel decreto Lupi all’art 8 si legge “Disciplina semplificata del deposito preliminare alla raccolta e della cessazione della qualifica di rifiuto delle terre e rocce da scavo che non soddisfano i requisiti per la qualifica di sottoprodotto”. Un decreto contro le sentenze della Corte di Giustizia europea che ha condannato l’Italia più volte per la scorretta gestione dei rifiuti tossici e nocivi a causa della combustione illecita di rifiuti tossici e nocivi in Campania, con produzione e ricaduta di diossina, si ebbe un tale inquinamento dell’agricoltura e delle falde acquifere, che tra il 2003 ed il 2004 furono sequestrate dal magistrato , trenta aziende di produzione lattiero casearie e furono abbattuti cinquemila capi di bestiame, bufale che avevano prodotto latte inquinato. Altrettanto grave era la situazione in provincie limitrofe. Ricordiamo alla Ministra Lorenzin che lei dovrebbe conoscere uno studio del Ministero della salute in Lancet che indica che la popolazione della Campania ha più del doppio dei casi di leucemia e di altri tumori riscontrati in Italia. Gruppi ambientalisti che lavoravano per la commissione parlamentare sull’ecomafia stimano che il crimine organizzato ha lucrato 132 miliardi di euro sui rifiuti tossici nell’ultimo decennio, una somma che secondo l’ex Procuratore Nazionale Antimafia Pierluigi Vigna corrispondeva al 13% di tutte le sue entrate. Da una relazione dello stesso Vigna risulta che le aziende camorristiche che trattano i rifiuti, riescono a fare offerte del 90 per cento inferiori a quelle fatte dalle aziende oneste, e ciò al fine di ottenere vantaggiosi contratti in tutta Italia, a scapito della salute e del diritto alla vita di migliaia di cittadini ignari ed impotenti. Una legislazione permissiva sulla corruzione di questo Governo e dei precedenti consente il perpetuarsi del traffico di rifiuti , la corruzione e gli accordi scellerati tra camorra, mafia e Stato a scapito della salute dei cittadini.”

Il Governo è dunque a conoscenza del fatto che in Italia le ecomafie si sono sviluppate intorno allo smaltimento illegale dei rifiuti tossici delle aziende del nord che, con la complicità di imprenditori senza scrupoli ed organizzazioni criminali, smaltivano i rifiuti nelle regioni meridionali?

Il Governo è altresì a conoscenza del fatto che la cosiddetta “rotta adriatica” convoglia in Abruzzo i veleni industriali?

E dire che i residui tossici si trovano ancora lì: da Tollo, a Montesilvano, da Lanciano a Paglieta.

Altro punto saliente riguarda gli inceneritori. Nell’articolo 35 del decreto al governo viene consentito di individuare “gli impianti di smaltimento dei rifiuti urbani o speciali, esistenti o da realizzare per attuare un sistema integrato e moderno di gestione di tali rifiuti“.

Le regioni con più inceneritori nel proprio territorio (Piemonte, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto) hanno chiesto lo stralcio dell’articolo.

Nel testo si legge che “negli impianti deve essere data priorità al trattamento dei rifiuti urbani prodotti nel territorio nazionale” e ”autorizzati a saturazione del carico termico.

Per quanto pochi siano gli aspetti esaminati in questo articolo. Appare significativo che forse il decreto andrebbe bloccato.

di Simona Mazza

foto: fuoridalcomune.it

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