Obama lascia: bilancio di una presidenza

obamaIl 20 gennaio prossimo, Barack Obama consegnerà ufficialmente le chiavi dello studio ovale della Casa Bianca al suo nuovo inquilino, Donald Trump, dopo otto anni di presidenza. E’ stato il primo Presidente americano di colore ma anche l’unico, insieme a John Kennedy (cattolico e di origine irlandese), a non far parte della “casta” degli WASP (White-Anglo Saxon-Protestants) che ha espresso tutti i Presidenti degli Stati Uniti d’America per oltre duecento anni. Due considerazioni meramente “statistiche” che bastano per consegnare alla storia il Presidente uscente.

Difficile, quindi fare un bilancio sintetico di questi otto anni, senza farsi condizionare dai luoghi comuni e dai pregiudizi posti, spesso, a fondamento delle opinioni dei cosiddetti “addetti ai lavori”. Noi, invece, ci proviamo, esprimendo “InLibertà”, un risultato che – speriamo – sia condiviso.

Politica sociale

Il 25 marzo 2010 Barack Obama ha firmato la riforma sanitaria, da lui fortemente voluta. Con tale riforma 32 milioni di americani in più hanno ottenuto tutela dal sistema sanitario, pur nella diminuzione della spesa governativa specifica per la sanità (pari al 15% del PIL, nel 2008). Questo perché il sistema sanitario USA è comunque di impronta privatistica e il costo di tale operazione, quindi, è stato fatto ricadere sulle compagnie di assicurazione o sugli eventuali datori di lavoro.

Aspetti principali: il divieto per le compagnie di negare la stipula di assicurazioni e l’assistenza per determinate patologie o sulla base di preesistenti condizioni di salute; l’obbligo per i datori di lavoro di imprese con più di 50 dipendenti di contribuire alle spese per l’acquisto di tali polizze per i propri dipendenti; la possibilità per i giovani a carico di utilizzare l’assicurazione sanitaria dei genitori e anche incentivi fiscali per il cittadino che stipuli una polizza sanitaria e sanzioni per colui che non lo fa.

Una politica socio-sanitaria che, a parere degli europei, è stata altamente positiva ma che al ceto medio americano e agli imprenditori è apparsa soltanto un inutile aggravio di costi. Sicuramente non ha portato acqua al mulino del candidato democratico che avrebbe dovuto subentrare ad Obama, alla Casa Bianca.

Politica economica.

L’America e il mondo, negli anni della presidenza Obama, ha attraversato la crisi economica più intensa dal 1929. Nel 2008, come novant’anni fa, la crisi mondiale è partita dagli Stati Uniti, stavolta, in seguito ad una crisi del mercato immobiliare che si è estesa al sistema bancario, essendo precipitato velocemente il valore degli immobili posti a garanzia dei mutui concessi e non più onorati dalle imprese debitrici.

Obama ha risolto brillantemente la crisi venendo in soccorso dei grandi istituti di credito a rischio fallimento con un’iniezione di liquidità di 7,7 mil.di di dollari a tassi prossimi allo zero. Proprio il contrario di quello che hanno fatto i governi dell’Unione Europea, legatisi le mani con il loro cervellotico “fiscal compact”. Fatto sta che l’economia americana è riuscita a superare la crisi del 2008 mentre quella europea continua a ristagnare ed è prossima alla deflazione.

I posti di lavoro negli Stati Uniti, durante la Presidenza Obama, infatti, sono aumentati di circa 15 milioni e la disoccupazione è passata dal 10 al 5%. Tutto ciò, con un taglio delle tasse di 858 mil.di di dollari e la riduzione di circa 1000 mil.di del deficit di bilancio. Tuttavia – altra contraddizione dell’economia americana, rispetto a quella europea – le entrate complessive delle famiglie americane, a chiusura della presidenza Obama, registra una riduzione annua delle entrate di circa 4 mila dollari cadauna dall’epoca di Bill Clinton. Sembra, infatti, che l’1% degli americani si sia avvantaggiato di più della metà, aumentando la diseguaglianza economica, pur nella crescita complessiva del reddito nazionale. E’ sta questo il fattore decisivo che ha portato Trump alla Casa Bianca, sconfiggendo l’ex segretario di Stato di Obama, che pur ha ottenuto due milioni di voti in più, su base nazionale.

Politica estera

Durante la sua presidenza, Obama ha firmato con undici paesi del Pacifico un accordo sulla liberalizzazione del commercio (TPP) con l’intenzione di puntare al controllo globale dei mercati dell’area, in funzione anti-cinese. Un analoga trattativa (TTIP) è stata avviata da Obama con l’Europa, su basi estremamente vantaggiose per gli Stati Uniti e a danno del Vecchio Continente. Trump avrebbe intenzione di denunciare il primo Trattato e di insabbiare il secondo. E’ evidente che a guadagnarci sarebbe solo la Cina, nonostante che il prossimo inquilino della Casa Bianca affermi l’esatto contrario.

Ciò che ci interessa sottolineare, tuttavia, è che l’attivismo di Obama, nel settore commerciale fosse sostanzialmente rivolto a danno di Cina ed Europa. Quest’ultima, negli ultimi otto anni, è stata inoltre danneggiata dalla politica che Barack Obama ha attuato nell’area mediterranea e medio orientale. Una politica nata contraddittoria, già al suo primo apparire.

Otto anni di escalation del terrorismo islamico

Il presidente uscente, infatti, ha favorito l’ascesa delle cosiddette “primavere arabe”, con l’illusione che ciò avrebbe portato la democrazia nei paesi islamici. Le ha finanziate dappertutto, tranne che nell’Arabia Saudita e nei paesi del Golfo. Cioè i paesi più ricchi e i più radicalizzati e con i quali le multinazionali americane fanno affari d’oro. Inoltre i Mubarak, i Gheddafi e gli Assad, così come a suo tempo Saddam Husseim, pur nella durezza del governo anti democratico che essi rappresentavano, avevano portato un minimo di laicità nel mondo islamico. Soprattutto, combattevano in prima persona il sorgere del radicalismo e del terrorismo, all’interno dei loro confini.

Il risultato di tale politica di finanziamento delle “primavere arabe” è sotto gli occhi di tutti: interminabili guerre civili, nascita e proliferazione dell’ISIS, attentati terroristici in tutta Europa. Dopo milioni di morti e di rifugiati, tra le file degli “insorti” è rimasta a combattere solamente Al Qaeda. E a difendere il governo legittimo del laico Assad è calata in forze la Russia di Putin.

In sostanza, Obama lascia dopo otto anni la Casa Bianca, sconfitto in politica interna ed economica, pur nella oggettiva bontà delle stesse e dei benefici apportati all’economia statunitense; lascia, soprattutto, una politica estera fallimentare, in particolare, per l’Italia e l’Europa.

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