Napolitano e i “saggi” della discordia

napolitano-saggi_650x447Giorgio Napolitano in un’intervista al Corriere della Sera, ha espresso tutta la sua amarezza per l’epilogo del fine mandato: “Dopo sette anni sto finendo il mio mandato in un modo surreale, trovandomi oggetto di assurde reazioni di sospetto e dietrologie incomprensibili, tra il geniale e il demente”.

A dire il vero, le sue parole hanno il sapore dell’autodifesa giocata per spiegare in maniera logica lo stallo che sta paralizzando il nuovo governo. Il Colle infatti, in attesa del verdetto finale dei mercati, anche dopo la quasi-reinvestitura di Monti ha spiegato a mezzo comunicato stampa la “strategia” del presidente.

A parlare è il direttore dell’ufficio stampa Pasquale Cascella che ieri ha corretto la notizia secondo cui  Mario Draghi, presidente Bce, avrebbe chiamato Napolitano per consigliarsi di restare in carica. “ Per la verità è stato Napolitano a chiamare Draghi e altri per approfondire la situazione determinatasi”.

Napolitano ha poi spiegato di non aver rassegnato le dimissioni per  “garantire un elemento di continuità, così come un elemento di certezza è per lui rappresentato dall’operatività del governo” e aggiunto che le dimissioni “che sarebbero state ampiamente motivate dalla paralisi nella quale si è venuto a trovare” -avrebbero fatto a pugni con -“l’impegno di offrire un impulso di ‘tranquillità’”.

Le polemiche sono tante e le giustificazioni sono rivolte ai dubbi espressi dai costituzionalisti riguardo l’iniziativa del Capo dello Stato, per la nascita della commissione di “saggi”, definizione mai usata da Napolitano e che lo amareggia parecchio.  Si sono poi aggiunte le critiche per l’assenza delle quote “rosa”. Napolitano spiega “Mi dispiace e me ne scuso, pur trattandosi di organismi non formalizzati e di breve durata cui ho dato vita con obbligata estrema rapidità. Per nomine più sostanziali e di lungo periodo, come quelle che mi è spettato fare per la Corte Costituzionale e per il Cnel, ho dato il giusto peso alla componente femminile. E ai gruppi di lavoro ora istituiti saranno certamente ben presenti gli apporti venuti su molteplici temi da personalità femminili”.

Altri punti di discordia sono la distanza dei partiti , l’accusa di “presidenzialismo di fatto” e per finire quella di “golpe bianco” a danno del Parlamento paventato anche dal Movimento 5 Stelle.

Fra queste, una delle accuse maggiori viene proprio dal M5s, a cui Napolitano non ha affidato il compito di formare il governo. Il Presidente si giustifica dicendo che non si potrebbe formare un governo sulla base di un 25%. Stessa cosa vale per il Pd di Bersani, fermo di fronte ad uno scenario in cui nulla si muove tra le fila dei maggiori partiti: Pd e segretario, privi di una maggioranza in Senato; lista Monti, favorevole alla nascita di un nuovo governo a patto di avere l’assenso di Pd e Pdl; Pdl disposto a sostenere solo un governo dalle larghe intese.

Napolitano spiega “Sabato ho proceduto in condizioni di particolare urgenza e difficoltà” alla scelta di persone che “potessero dare il contributo richiesto. L’indubbio valore dei nomi da me subito resi noti, non mi ha messo al riparo da equivoci e dubbi circa i criteri della scelta o la non presenza di altri nomi certamente validi. E’ del tutto ovvio che qui non si crea nulla che possa interferire né nell’attività del Parlamento, anche in questa fase in cui lavora nei limiti noti, né nelle decisioni che spettano alle forze politiche. Io mi sono trovato in una condizione di impossibilità a proseguire nella ricerca di una soluzione alla crisi di governo, data la rigidità delle posizioni delle principali forze politiche. E ho detto chiaramente che attraverso questi gruppi si può concorrere almeno a creare condizioni più favorevoli allo scopo di sbloccare una situazione politica irrigidita in posizioni inconciliabili”.

Stamattina Napolitano si è riunito con il gruppo economico e con quello istituzionale e a breve fornirà “ogni ulteriore  chiarimento” di fronte ai “legittimi dubbi e scetticismi ma anche timori e sospetti artificiosi e del tutto infondati”.

Su una cosa sono arrivate le rassicurazioni del Presidente: quelle riguardo alla formazione dei saggi di cui ribadisce “il carattere assolutamente informale e il fine puramente ricognitivo dell’iniziativa”, così come la precisazione circa “i suoi limiti temporali”.

Insomma queste parole, declassano i dieci al rango di “ricognitori, assolutamente informali”. Cascella specifica che i saggi sono “personalità scelte con criteri oggettivi in funzione del lavoro svolto”.

Intanto i dieci saggi si sono già messi al lavoro.  In una nota del Colle si legge: “Per essere utili, il tempo giusto è tra otto e dieci giorni”. Con lo scopo di facilitare la formazione di un nuovo governo, come ha chiesto loro il presidente della Repubblica, nel tentativo di guadagnare tempo in attesa dell’elezione del suo successore”. I saggi non ”indicheranno un tipo o un altro di soluzioni di governo. Indicheranno quali sono, rimettendo un po’ al centro dell’attenzione problemi seri, urgenti e di fondo del paese, le questioni da affrontare”.

Dal fronte politico intanto la bufera non si arresta: Grillo tace, Berlusconi fa sapere di non avere avuto ruolo nella scelta dei nomi e sembrerebbe intenzionato a far saltare i tavoli, Letta del Pd invece sembrerebbe orientato alla diplomazia.

Adesso ciò che interessa è la successione di Napolitano ed è sul futuro presidente che si gioca la partita di Bersani per evitare un governo di larghe intese o un nuovo esecutivo tecnico.

Infatti, se l’elezione del successore di Napolitano trovasse la confluenza di Pd, 5 Stelle e “qualche montiano”, Bersani potrebbe rilanciare il centrosinistra e mettere fine alle ipotesi di un governissimo.

Tra la rosa di nomi quello che piace a quasi tutti (eccetto Pdl) è quello di Romano Prodi. La sua elezione potrebbe tagliare fuori il Pdl, che interpreta le mosse di Napolitano come un tentativo di prendere tempo ed escludere il centrodestra dall’elezione del successore.

Per Bersani e i suoi, insomma, bisogna spingere su un governo di cambiamento tramite il Quirinale. Per il segretario l’ipotesi del governissimo “Sarebbe un governo immobile: la politica in una zattera sempre più piccola in un mare molto agitato. Con Berlusconi abbiamo già un’esperienza alle spalle, il governo Monti e abbiamo già visto l’impasse”. Spetta, secondo il segretario Pd, a chi ha la maggioranza “il ruolo di fare in modo che in Parlamento si avvii un governo per avviare la legislatura e affrontare le cose essenziali da fare sul fronte sociale”. Un incontro con Berlusconi? “Certo, non ad Arcore o a Palazzo Grazioli, ma certo che sono pronto a incontrare Berlusconi”.

Se la situazione non dovesse cambiare, si potrebbe tornare a votare a giugno.

Una nuova riunione della “commissione presidenziale” economica si terrà domani, sempre al Quirinale. Nell’agenda di provvedimenti necessari ed è “ragionevole” che tra questi vi siano anche misure di tipo fiscale, afferma il senatore Bubbico. “E’ ragionevole che si possa decidere nell’ambito della ricognizione” ha chiarito rispondendo ad una domanda relativa a misure di Tares, Iva, ammortizzatori sociali e esodati. “Il documento che consegneremo al Quirinale – ha precisato Bubbico – conterrà le priorità”.

di Redazione

foto: style.it

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