Viaggio tra i ‘malati d’Europa’: il Portogallo

elezioni-portogalloSono cinque gli Stati che, a partire dall’inizio della crisi economica globale (2008) hanno chiesto l’intervento del Fondo Salva Stati dell’Unione Europea: Spagna, Irlanda, Grecia, Cipro e Portogallo. Diamo un’occhiata a questi cinque stati, a livello economico-politico, iniziando dal Portogallo. La nazione lusitana ha chiesto l’aiuto dell’Unione nel corso del 2010, perché i titoli di stato portoghesi non erano più collocabili sul mercato se non a prezzo di stratosferici tassi di interesse richiesti dagli investitori. Il programma di risanamento richiesto dalla troika (FMI, Commissione europea, BCE) affinché il Paese potesse uscire dalla difficile situazione nel giro di uno o due anni era durissimo e comprendeva:

  • Il taglio del 5% allo stipendio dei dipendenti pubblici con retribuzione superiore a 1.500 Euro e la soppressione della tredicesima e della quattordicesima per quelli con stipendio superiore ai 1.000 Euro e per i pensionati del settore pubblico.
  • Il taglio dei finanziamenti nei settori della salute, dell’educazione, della previdenza sociale e delle amministrazioni locali, oltre alla riduzione del 50% dell’assegno di cassa integrazione e la soppressione di alcune festività nazionali.
  • L’aumento, a parità di busta paga e a discrezione del datore di lavoro, dell’orario di lavoro nel settore privato per due anni, con contemporaneo taglio del 25-50% delle ore di lavoro straordinario.
  • L’aumento dell’IVA al 23% per numerosi prodotti, fra cui molti alimentari, anteriormente fissata al 6 o al 13%.
  • Aumenti del 10% del prezzo dei trasporti pubblici e di gas, luce e acqua.

Quattro anni di austerity

I prestiti del Fondo Salva Stati europeo in favore del Portogallo sono ammontati complessivamente a 78 miliardi di euro. Al fine di alleggerire le casse dello Stato, inoltre, il governo ha effettuato privatizzazioni per 10 miliardi di euro complessivi ma, contemporaneamente, ha decretato la riduzione delle tasse alle imprese dal 25% al 21%.

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I portoghesi hanno reagito adattato la loro struttura economica alle esigenze della competizione globale. Prima della crisi le esportazioni valevano il 28% del Pil, nel 2015 sono salite al 41% con tendenza ad ulteriore incremento. Il tasso di crescita, tuttavia, non ha mai superato lo 0,5% annuo, nel corso del quadriennio 2011-2015 e ciò è la immancabile conseguenza di tutte le politiche di austerity. Il periodo di risanamento, infatti, non è durato due anni, ma quattro e, alla fine, il deficit annuale del bilancio statale è sceso al 3% a fine 2015, mentre il deficit consolidato si è stabilizzato intorno al 130% (il valore pre-crisi era al 70%).

Alternanza politica

Alle elezioni politiche del 4 ottobre 2015, dopo 4 anni di risanamento, il governo di centrodestra del premier socialdemocratico Pedro Passos Coelho, tuttavia, non ha ottenuto la maggioranza parlamentare ed è stato sostituito da un governo socialista, guidato dall’ex sindaco di Lisbona António Costa, appoggiato da forze politiche anti-austerity  come i comunisti, BE (Blocco di sinistra) e verdi, critiche anche rispetto alla permanenza del Portogallo nelle istituzioni europee e nella NATO.

Alla crisi economica, superata – come si è visto – solo in termini finanziari ma non in termini reali, si è aggiunta, quindi, una crisi politica, tuttora in corso, avente per oggetto la linea stessa del Portogallo sul piano internazionale. Per tale motivo, il Presidente pro-tempore della Repubblica, Aníbal Cavaco Silva, dello stesso partito di Passos Coelho, prima di affidare l’incarico a Costa, ha preteso la firma di un documento che impegnava la costituenda coalizione a rispettare gli impegni con l’Unione Europea, fermo restando il loro programma di governo: la riduzione delle tasse, lo sblocco degli stipendi del settore pubblico, il congelamento dell’importo delle pensioni e l’innalzamento del minimo salariale.

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Il 24 gennaio scorso, tuttavia, alle nuove elezioni presidenziali, si è verificata la netta affermazione del candidato conservatore Marcelo Rebelo de Sousa, meno incline a compromessi del suo predecessore Silva, ai danni del candidato socialista Antonio Sampaio, favorevole al programma del governo delle sinistre. Le “cassandre”, quindi, hanno subito previsto un delicato periodo di coabitazione tra presidenza e governo con il possibile esito di un ritorno alle urne già nel prossimo autunno.

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