Vaccini contro Covid-19: una dose, mezzo gaudio?

All’indomani delle notizie sul rallentamento della fornitura del vaccino Pfizer-Biontech, sui media iniziano ad apparire proposte più o meno autorevoli di ritardare la seconda dose. 

Meglio vaccinare tutti subito con la prima dose e rinviare la seconda a quando le forniture saranno sufficienti, o seguire il protocollo, somministrando la seconda dose a chi ha già ricevuto la prima e aspettando l’arrivo di nuove forniture per vaccinare gli altri?

Il Washington Post ha pubblicato l’opinione di due accademici americani, Robert M. Wachter and Ashish K. Jha, che suggeriscono la prima soluzione.

Allora perché Pfizer e Moderna indicano di somministrare due dosi ad una distanza di circa 20 giorni? Che valore hanno gli studi clinici effettuati con questa modalità, se poi si può cambiare il protocollo con un’opinione?

Gli studi effettuati sul vaccino Pfizer-Biontech indicano un’efficacia dopo la prima dose del 52%, e del 95% dopo la seconda. Per Moderna i dati di efficacia dopo la prima dose non sono stati pubblicati. Il vaccino Astra-Zeneca, in uso attualmente solo in UK, ha un’efficacia del 50% con la prima dose e del 70% con due dosi, che possono essere somministrate da 4 a 12 settimane di distanza. Per tutti i vaccini, la durata degli anticorpi prodotti con la prima dose non è nota, semplicemente perché nello studio è stata sempre somministrata anche la seconda, nei tempi previsti.

Leggendo attentamente l’articolo del Washington Post, ben si comprende che la proposta è basata su una situazione più che di emergenza, e in particolare riferita agli USA. Gli Usa stanno affrontando una situazione gravissima, con il totale dei contagi (oggi 19 gennaio 2020) a quota 24.074.657 (circa un quarto dei casi nel mondo) inclusi 398.981 decessi, su poco meno di 330 milioni di abitanti (quindi si è contagiato il 7% della popolazione), su un territorio enorme, con tutte le conseguenti difficoltà di distribuzione e comunicazione.

Non siamo contrari alla seconda dose, dicono Watcher e Iha, ma come ha detto Mike Tyson, “Tutti hanno un piano finché non hanno preso un pugno in bocca.”  Tra 50.000 e 100.000 americani moriranno di Covid-19 solo questo mese. Dare a 100 milioni di persone – in particolare quelle ad alto rischio – una sola dose, efficace all’80-90% (forse dico io…) salverà molte più vite che dare a 50 milioni di persone due iniezioni che sono efficaci al 95%.

La preoccupazione, visti i numeri USA, è comprensibile e giustifica la proposta del “mal comune mezzo gaudio”.

Tuttavia, ci sono diverse domande ancora aperte e considerazioni da fare:

  • Qual è l’efficacia di una dose? Forse 50% per Pfizer e Astra-Zeneca, 80% forse per Moderna? Ma la verità è che non lo sappiamo con certezza.
  • Quanto dura la protezione di una singola dose? Non ne abbiamo idea.
  • Se la seconda dose venisse somministrata quando la prima non è più efficace, è come se fosse la prima e quindi ne servirà una terza. Questo aumenterà di un 50% il costo totale delle vaccinazioni. 
  • I ritardi di Pfizer sono dovuti ad un aumento della capacità produttiva dell’impianto, quindi a questo rallentamento dovrebbe seguire una accelerazione. Inoltre altri vaccini potrebbero essere autorizzati a breve.

Qual è la situazione in Italia? Il totale dei contagi ad oggi è di 2,39 milioni, con 82.554 decessi, su 60,36 milioni di abitanti: di questi 4,3 milioni è il numero degli ultraottantenni e 1,4 milioni quello del personale sanitario, per un totale di circa 4,7 milioni di persone (e non 50 o 100 milioni) considerate prioritarie per la vaccinazione, o perché ad alto rischio per la elevata diffusione o per gli esiti di un eventuale contagio. Una volta vaccinate queste persone, la situazione dovrebbe migliorare sensibilmente. Se consideriamo che 1 milione di questi hanno già ricevuto la prima dose e 3000 anche la seconda in meno di un mese, vale la pena di seguire l’opinione dei due accademici americani, rischiando di buttare via tutto quanto fatto finora in termini di salute, lavoro e denaro?

“Mal comune mezzo gaudio” o “chi ben comincia è già a metà dell’opera”? 

* Biochimico, Direttrice del Laboratorio Rischio Agenti Chimici dell’INAIL

Foto di torstensimon da Pixabay

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