Tra etica ed estetica: la demi-couture di Caterina Moro

Uno zigzagare di alberi spogli, illuminato dall’iconico blu pervinca, centra la passerella del Guido Reni District. Non si fa in tempo a chiedere dove possano esser finite le foglie, che all’improvviso appaiono sugli abiti, filtrate dal sole e da forbite lavorazioni.

Si chiama Wood, la collezione Autunno/Inverno 2020-21 di Caterina Moro, la designer romana che, dopo una laurea in Musicologia, un diploma presso il conservatorio Santa Cecilia di Roma e un Master in Haute Couture, a due anni dal lancio del brand eponimo, durante l’ultima edizione di Roma Fashion Week, rimette in gioco le sue suggestioni e il prezioso rapporto con la natura. 

Da Paper a Wood: il legame con la natura di Caterina Moro

Un filone bucolico, già dettato dai ricordi d’infanzia, twist evocativo di Paper – la collezione debutto presentata lo scorso luglio, con Rome is My Runway la collettiva promossa da Altaroma -, e che questa volta passando il testimone al legno, dalle piacevoli reminiscenze della Moro ruba soltanto le fredde sfumature del pervinca. “Ho deciso di farne il mio colore iconico – spiega leggiadra nel backstage – perché quando ero piccola, mia madre mi spiegò che i miei occhi non erano azzurri, ma blu pervinca. Da allora, m’innamorai del suono di questa parola”. 

Una sfumatura fredda, mezza blu e mezza viola, che oltre a prendere la sua identità dai ricordi, per Caterina Moro ha doppia referenzialità, e confondendosi anche con il celeste color del cielo, arriva a edulcorare Wood, la linea A/I 2020-21 e le sue lunghe passeggiate nei boschi. Un lento divagare con sottofondo elettronico, alleggerito da cinguettii, scrosci d’acqua e note al pianoforte. Mix suggestivo che dona il giusto ritmo alla presentazione, sollevandola in un attonito equilibrio, non troppo incantato di couture, non troppo incalzante nel ready to wear.

Plissettature, ricami e foliage autunnale 

Punto fermo del percorso sperimentale ed estetico del brand, sono le plissettature: “In collezione le uso spesso, perché le vedo come un qualcosa che nobilita il tessuto, lo lascia vivere, lo lascia respirare” racconta la Moro. Si tratta, infatti, di lavorazioni in ecopelle, che Omniapiega – azienda italiana attenta alla salvaguardia dell’ambiente -, realizza partendo da un tessuto spalmato e dall’effetto pelle. E il morbido trench che apre Wood, leggero da sembrare un impalpabile chemisier, ne mostra le sfaccettature, sia su una base polished, sia su completo con pantalone, dietro una versione tanto stropicciata da apparire corteccia.

L’amore per la natura e il desiderio di abbracciare la sostenibilità (“ma solo in modo serio”), fanno compiere alla Moro quel guizzo creativo, che a briglie sciolte si lascia contaminare da un elaborato gioco di ricami: “Non li ho mai amati perché li ho sempre visti come una cosa che impoverisce il tessuto”. Convinzioni, che la creazione di Wood, mette per un attimo in pausa. Le foglie, rubate agli alberi, sono ricamate sull’organza, sulla viscosa o su una semplice camicia, e sono in legno leserato, frammenti scartati dall’industria automobilistica, rimessi in circolo da BlueItaly, azienda italiana, fortuita scoperta della Moro.

Complici di reggere quel filo sospeso durante lo show, le foglie sono anche stampate. Un pattern all over che però ha bisogno di una prospettiva precisa.“Si deve guardare tutto dal basso, come fosse la luce che filtra attraverso gli alberi”, spiega la designer, che dal suo lento divagare in una scombinata proiezione di quell’effetto, imprime subito nella mente il movimento capzioso.

Una ricerca estetica votata all’eleganza, associata a una spensierata passeggiata tra i boschi, dove rubare i ghirigori del legno e scampoli irregolari al romantico foliage autunnale, permette alla Moro di foggiare una demi- couture fresca e seducente, regalando anche un piccolo assaggio del suo mondo privato. A calcare sul richiamo della natura, gli accessori: da lunghi chandelier a forma di foglia, alle clutch in legno di Virginia Severini, capsule in pervinca e marrone, dalla texture in corteccia, pronta a ricordare i misurati orpelli della collezione.

New entry? La maglieria goffrata in mohair. Fibra pregiata e naturale che con forbite lavorazioni, ammorbidisce le silhouette; e poi ancora i velluti floccati, in una versione lime derivante dal cotone, per abiti comfy e gilet over, comprimari di quell’idea etica e sostenibile, pronti a sembrare pelliccia ecologica allo stato puro. 

Fibre naturali e sostenibili per la linea Autunno/Inverno 2020-21

Perché nella contemporanea guerra al poliestere, Caterina Moro season by season affronta la sua sfida: “La sostenibilità è una cosa in cui credo davvero. Però se si vuole fare bene, non si può diventare sostenibili dall’oggi al domani. Per questo cerco di aumentare in ogni collezione, la percentuale sostenibile”. 

La designer romana, infatti, più che un obiettivo in termini produzione, ha un sogno nel cassetto: riuscire a comprare il poliestere riciclato di Omniapiega. Tessuto green già testato per la plissettatura, che permetterebbe alla Moro d’imprimere nella materia, quell’idea nobile e consapevole di libertà. Una proiezione fashion servita dai ricordi d’infanzia, e dalle dolci suggestioni della natura, capace di impreziosire il quotidiano, in una perfetta simbiosi di etica ed estetica. 

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